I nostri cuori perduti

I nostri cuori perduti

Buongiorno, lettori! Esce oggi il romanzo I nostri cuori perduti, scritto da Celeste Ng (traduzione di Federica Aceto) edito da Mondadori.


Bird è un ragazzino di dodici anni che vive a Cambridge, Massachusetts, con suo padre, un ex linguista ora impiegato nella biblioteca universitaria di fronte a casa. Sua madre, Margaret, una poetessa di origini cinesi, li ha abbandonati in circostanze misteriose quando lui aveva solo nove anni, dopo che una sua poesia è diventata il manifesto dei dissidenti contro le leggi in vigore. Leggi autoritarie, volte a preservare “la cultura e le tradizioni americane”, a bandire i libri o le forme d’arte non allineati, e a “ricollocare” i figli dei soggetti sovversivi. In questo clima di paura, Bird sa che non deve fare domande; è cresciuto rinnegando sua madre e le sue poesie, ma quando riceve una lettera al cui interno c’è un foglio costellato di minuscoli gatti disegnati, capisce che si tratta di un suo messaggio in codice. Inizia così l’affannosa ricerca per ritrovarla. Partendo dalle storie che lei gli raccontava da piccolo, attraverso una rete clandestina di bibliotecari che aiuta le famiglie dei bambini rapiti, Bird approda a New York, dove un estremo atto rivoluzionario può cambiare il futuro per sempre.

Come Il racconto dell’Ancella, 1984 eFahrenheit 451, I nostri cuori perduti è una metafora magnifica e struggente di come le comunità all’apparenza avanzate ignorino l’ingiustizia più palese. Un perfetto capolavoro distopico, che racconta il coraggio di vivere in tempi bui con il cuore intatto. E un testamento prezioso sul potere dell’amore, della letteratura e della speranza.


Gliene raccontava tante di storie, sì. Apriva crepe da cui potesse entrare la magia, riempiendo il mondo di possibilità. Dopo che lei se n’era andata Bird aveva smesso di credere a tutte quelle fantasie. Erano solo sogni, deboli illusio- ni che si disintegravano alla prima luce del mattino. Ma ora pensa che forse, in fondo, c’era qualcosa di vero.

Angosciante, sinistramente attuale, inquietante, a tratti claustrofobico, il nuovo romanzo di Celeste Ng è tutto questo e molto di più. Narrato in una prima persona che non fa sconti e non offre scampo né riparo, è la storia di Bird/Noah, dodici anni, figlio “asio-americano” di Ethan e Margaret. Un giorno, la madre se ne va. Il padre intima al figlio, piccolo, di dimenticare la donna. Brucia i suoi libri, cancella ogni traccia fisica della sua esistenza. Il suo nome è un tabù. Come se fosse un fantasma. Ma non è così, non può esserlo per Bird che diviene all’improvviso Noah. La memoria di una madre che ha amato e che è andata via senza alcun motivo apparente è qualcosa di presente, di doloroso, un tormento e un rifugio perchè Noah cresce credendo, temendo, di averla perduta o dimenticata ma dentro di lui si agita la perdita, quella domanda inespressa: perchè sei andata via?

Il mondo nel quale vive Bird, però, dominato dal PACT: dopo la Crisi che ha devastato la società, questo PACT sembra averla salvata. Come? Proteggendo gli americani, preservando la cultura e le tradizioni americane, aborrendo qualunque cosa sia o possa essere (e’ proprio qui la questione) antipatriottica. Leggi che vengono inculcate a scuola, valori imposti dai quali è impossibile svicolare pena conseguenze gravissime, conseguenze che Bird, dapprima piccolo e ingenuo come è giusto che sia, vive come probe, doverose, razionali, giustificate. Perchè si deve avere paura quando si segue la regola? Perchè si deve mettere tutto a rischio per eluderla? Perchè, ad esempio, la madre di Sadie, la sua unica amica, ha dovuto continuare nel suo lavoro di giornalista a parlare dei “ri-collocamenti” mettendo a rischio la sua famiglia? Per Bird, è lei l’artefice della sofferenza così dolorosamente nascosta dall’amica, impavida e scaltra, non cieca dinanzi a ciò che accade attorno a lei, orgogliosa di sua madre e anche della madre di Bird che, come scoprirà grazie all’amica, è una poetessa i cui versi sono divenuti la voce della rivoluzione. Per Bird, il processo di accettazione di una realtà angosciante e limitante è qualcosa di lento, ma comincia pian piano a vedere, a comprendere cosa accade attorno a lui, a saggiare la portata di questi ri-collocamenti, figli allontanati dai genitori ritenuti incapaci di inculcare valori patriottici, allontanati dalle famiglie di cui non sanno più nulla, collocati appunto in famiglie affidatarie dall’indubbia probità morale, come Sadie.

Mentre Bird apre gli occhi, il lettore attento coglie i segni di un mondo affamato dall’odio, in cui al diverso viene tolto ogni diritto e anzi, viene brutalizzato da violenze gratuite. Il padre per Bird ha sempre avuto un atteggiamento asfissiante ma il ragazzo si rende conto che l’uomo voleva proteggerlo, proteggerlo dall’eventualità che anche a lui vengano riservate botte e bullismi solo per la sua origine chiaramente stampata sui suoi lineamenti. Regole su regole che Bird ha interiorizzato: essere il meno possibile in vista, nascondersi, eludere seconde occhiate, volare basso, non mettersi al centro dell’attenzione, percorrere vie poco battute per rincasare, non dare nell’occhio. Come, d’altronde, fa lui, ulteriormente costretto a questa vita dalle scelte politiche della moglie. Quanto ha faticato Ethan a prendere le distanze da questa donna, a convincere tutti gli altri che lui e il figlio non hanno nulla da condividere con gli estremismi della moglie. Quanti vicini “protettivi”, quante visite della polizia in quei primi tempi dopo l’abbandono di Margaret, quante inutili giustificazioni per i suoi atti e per quelli di Bird. Ma Ethan china la testa e prosegue, sguardo basso, cambia quartiere e alloggio per proteggere Bird.

Quando però Bird riceve un disegno da sua madre, non può che iniziare una ricerca personale, di crescita. Abbandona le sue convinzioni sul mondo per andare a cercare sua madre, provare a scoprire le sue di ragioni, provare a conoscere questa donna che è diventata parte della rivoluzione e attraverso il suo percorso osserviamo un mondo discriminatorio, violento, xenofobico. La Crisi è iniziata in modo lento, come succede sempre: prima qualche negozio chiuso, poi interi quartieri vuoti. Inflazione? Speculazione? Un ciclo di eventi infelici? Non si sa mai bene cosa sia ma un capro espiatorio va trovato e questa volta è toccato alla Cina fare la parte del nemico da accusare.

La crisi economica, così la chiamavano inizialmente i giornali, e poi, quando la sua portata divenne molto più che economica e la gente cominciò a perdere la fiducia, il senso della vita, il desiderio di svegliarsi la mattina, la capacità di continuare a sforzarsi, la convinzione ottimistica che le cose sarebbero cambiate in futuro, il ricordo che le cose fossero mai state diverse in passato, la speranza che qualcosa potesse mai migliorare, iniziarono a prendere piede altre espressioni. La crisi nazionale in corso, continuavano a titolare i giornali, e ben presto, volendo fare economia persino sulle parole: la Crisi. Quella C maiuscola era il solo lusso ancora concesso.

Sindaco, Governatore, Regole. Ogni giorno restrizioni, chiusure, riduzioni. Mantenere l’ordine pubblico in un mondo allo sfacelo. E mentre la Crisi giorno dopo giorno passa da evento eccezionale a qualcosa con cui convivere, il risentimento cova e il dito da puntare è pronto contro chi apparentemente sta meglio. La Cina. Di nuovo inizia piano, con sussurri, insulti sputati a mezza voce e poi diviene violenza dilagante. Ingiustificata eppure socialmente accettata. Giriamoci dall’altra parte, che se la sbrighino da soli o tra loro, che tornino a casa loro. Un evento, una miccia, serve solo questo per promuovere il “PACT stava per Preserving American Culture and Traditions, una legge che mirava a proteggere la cultura e le tradizioni americane. La promessa solenne di sradicare qualsiasi elemento antiamericano che minacciava la nazione. ”

Come la storia nazionale si fonde con quella di Bird e della sua famiglia? Perchè sua madre diviene voce di un movimento No-Pact? Tutto si incastra alla perfezione in un romanzo che mi ha emozionata, commossa, fatta arrabbiare. La rabbia per un mondo che strumentalizza e odia e che troppo spesso, ahimè, mi ha ricordato quello reale, in cui siamo immersi e viviamo. Il dolore e la tenerezza per una storia tra una madre e un figlio, tra tante madri e padri e figli sottratti dall’odio e dalla paura, dalla coercizione. E parole, storie, ricordi, sorrisi e lacrime. Memoria. Può un singolo cambiare il corso degli eventi? Sensibilizzare chi non ascolta più?

Celeste Ng mi ha colpito ancora una volta, affondando nella parte morbida del mio essere madre. Una storia toccante, profonda.

Tutti i nostri cuori perduti, sparsi perché germoglino altrove.

-copia per la recensione fornita da Mondadori.

Condividi:

Leave comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *.