Gli anni del coltello

Gli anni del coltello

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Gli anni del coltello, scritto da Valerio Evangelisti ed edito da Mondadori che ringrazio per la copia digitale.


Roma, 2 luglio 1849. Tra le strade della futura capitale d’Italia il vento spazza le ceneri della Repubblica romana, il rivoluzionario – e purtroppo brevissimo – esperimento civile di una società diversa e democratica. Ma insieme alle ceneri soffia forte anche l’odore del sangue dei tanti omicidi consumati in quella manciata di mesi, perché sotto la bandiera della libertà hanno combattuto eroi improvvisati ma anche molti banditi, che a Roma erano arrivati per il solo gusto della violenza gratuita. E ora che l’Italia è allo sbando, e chi la sogna pure, sono proprio gli idealisti a sentirsi più sperduti. È tra questi il popolano Giovanni Marioni, detto “Gabariol”, fanatico repubblicano ai limiti della psicosi. Quando Giuseppe Mazzini indica che la via da seguire è quella di una “guerra a coltello” contro i nemici dell’unità d’Italia, Gabariol prende il consiglio alla lettera, saluta i pochi amici e si mette in strada alla volta della Romagna, sua regione natale. Comincia così un’odissea terroristica tra le sette repubblicane, accomunate tutte dalla sollecitudine con cui decidono di eliminare al primo sentore i sospetti reazionari. Il sangue però scorre anche sul fronte opposto, perché gli austriaci e lo Stato della Chiesa rispondono presto con torture, fucilazioni, arresti ed esecuzioni sommarie. Dopo 1849, I guerrieri della libertà, continua il viaggio di Valerio Evangelisti in un Risorgimento inedito, popolare e feroce, tanto più appassionante perché spogliato di retorica e glorificazione. Uno sguardo colto e avventuroso insieme sul lato oscuro e spesso inconfessabile della nostra Storia e sulle persone dimenticate che hanno cambiato per sempre il nostro Paese.


Che cos’e’ la rivoluzione? Una giustizia provvisoria che sa tanto di vendetta o un atto deliberato e ben pianificato? E’ pazzia- “pazzia felice” o ponderazione? Chi si schiera con la prima opzione e’ piu’ simile al protagonista di questa storia, fautore di quel coltello che da il titolo al romanzo, a un’azione di protesta che parta dal basso e coinvolga il popolo e che si contrappone invece agli ideali borghesi, forti dell’appartenenza al loro ceto dietro cui si proteggono- o nascondono. Cosi’ l’Italia appare piu’ divisa che mai e non si capisce mai davvero bene chi potrebbe opporsi al nemico, agli austriaci, visto che per primi non ci si riesce ad organizzare. Non esiste un fronte comune.

Plebe contro borghesia, nemico straniero e intestino, una lotta che non si riesce ad armare sul serio e una miseria economica e sociale dilagante: questo e’ il ritratto del momento storico tratteggiato con penna precisa e coinvolgente dall’autore. E’ un’Italia che non riesce a comunicare, che non sa in cosa credere di preciso, a chi dare la propria fedelta’. Non e’ il problema di Gabariol, il protagonista principale di una storia corale di nomi e luoghi italici: la sua lealta’ e’ incrollabile, e’ un mazziniano puro. Ma ne esistono ancora oltre a lui, si chiede? Tutte le dottrine politiche paiono “sporcate” da interessi, talvolta personali, e da nuove teorie sociali: comunismo, socialismo, parole abiette all’ideale dell’”Apostolo” eppure circolanti. Il popolo e’ stanco, il popolo che vuole insorgere ancora di piu’. Lotta armata o immobilita’? Mentre la classe borghese si rifugia nelle alleanze convenienti con papato e re, la plebe vorrebbe darsi all’azione ma numeri e mezzi sono irrisori rispetto alle forse austriache ad esempio. Gli atti sono fallimenti, alcuni non vengono nemmeno riconosciuti, altri sembrano vendette personali: si e’ allo sbando.

Gabariol pero’ non demorde e pure braccato continuamente e costretto a percorrere piu’ volte le stesse strade tra Roma e il Nord Italia, si muove alla ricerca di fratelli e di una pace temporanea assieme alla sua bella Marietta con la quale divide spazi abitativi improbabili, cene e amplessi voluttuosi.

Ma atto dopo atto, lima dopo lima, anche grazie al confronto con la sua compagna da lui tenuta in gran considerazione (meno dagli altri fratelli per i quali le donne sono buone solo a filiare a fronte di donne eroiche e d’azione come proprio Gabariol sottolinea) comincia a mettere in dubbio le idee del suo mentore forse troppo estraneo ai contesti italiano, troppo aulico rispetto a torture e umiliazioni. Giunto a Parma, il forlivese si mette a disposizione dei fratelli tra una bevuta e una chiacchiera al loro ritrovo alla Croce di Malta e progettano due atti sovversivi per mostrare ai potenti che Parma e’ viva, pronta a reagire. Ma il primo atto viene venduto come vendetta personale della moglie del conte e il secondo al giudice deputato al processo dell’omicidio del conte fallisce miseramente; mancano di capi, di un’organizzazione capace di provvedere materialmente agli strumenti per agire ma anche per guidare le linee e le offensive, cosi’ sono un mucchio di plebei allo sbaraglio e anche le migliori intenzioni e gli alti ideali finiscono per passare in secondo piano. Come gia’ accaduto per Garibaldi, il rischio e’ che l’opinione pubblica li associ a una banda criminale e non agli eroi repubblicani che aspirano ad essere. Ma chi puo’ organizzarli? Forse, qualcuno ipotizza, proprio quella borghesia che ha invece gli strumenti conoscitivi e intellettivi per ricoprire tale ruolo, ma per i repubblicani sarebbe l’ennesimo smacco, piegarsi a chi sceglie di essere fusionista, a chi appoggia una monarchia. Cosa fare? Mazzini tace.

Gabariol e’ un personaggio caratterizzato soprattutto per la sua fede ideologica, per la sua fiducia cieca agli ideali mazziniani, un uomo che rischia, che usa il coltello e che spesso obbedisce agli ordini pur di fare qualcosa. E’ innegabile che per lui usare l’arma e’ quasi un piacere, come i generosi atti con la compagna e i pranzi affogati di vino e pietanze; ma al tempo stesso Gabariol ha una visione autentica di cio’ che accade in Italia, del giogo cui e’ sottoposto il popolo e del bisogno crescente di ribellarsi al nemico. Il problema sono i mezzi e anche i tanti e diversi nemici che braccano i sovversivi costringendoli a raccattare viaggi e ospitalita’; emerge un quadro in cui per gente come Gabariol non esiste mai un luogo, una casa propria, in cui sentirsi al sicuro e la sopravvivenza puo’ esserci solo grazie a una rete di contatti tramandati da fratello a fratello e trasversale. Ci si aiuta come si puo’, per spirito patriottico, per appartenenza ideologica, per rispetto verso il sacrificio che tributano all’ideale, per pagare un debito. E’ comunque un mondo in cui si ha paura anche del proprio vicino capace di consegnare l’altro alla giustizia solo per respirare un giorno in piu’. Gabariol e’ un rivoluzionario, pronto ad andare dove l’azione sobbolle; come dice Marietta, e’ tanto spietato fuori quanto “romantico” nella coppia, un uomo amante delle belle donne da cui viene sedotto e che innalza sempre a un ideale angelico, salvo scoprire proprio con la compagna che le donne sanno vivere e vivere bene. Il richiamo dell’azione e’ piu’ forte della paura della morte, della tortura e della perdita di una certa stabilita’, come testimoniano i passaggi finali. Coerente a se stesso dall’inizio alla fine.

Basta davvero la “volonta’, determinazione e fede” per riappropriarsi della bella Parma e poi dell’Italia intera? E piu’ sussurrata, la domanda temuta da tutti: e dopo? Dopo cosa ci sara’? Fatta la rivoluzione, come si proseguira’? Si scambiera’ un padrone straniero per uno locale? Tutto il sangue versato esitera’ in questo? Personalmente, ho apprezzato i passaggi in cui Gabariol e le altre voci si interrogavano di questioni sociali e politiche studiate sui libri di storia: il romanzo offre uno spaccato di quel periodo storico fondamentale e sanguinoso, pieno di rivolte e di sogni d’indipendenza. Il nostro passato, la nostra storia. Un Risorgimento spietato e amaro perfettamente inquadrato dall’autore.

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