Il segno del destino

Il segno del destino

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Il segno del destino, primo di una trilogia composta da volumi autoconclusivi (His Fair Assassin), scritto da Robin LaFevers (traduzione di Donatella Rizzati) ed edito da Fanucci Editore.


Il destino di Ismae è stato scritto ben prima che lei nascesse: la Morte l’ha segnata con una cicatrice, ma questo marchio funesto si rivelerà invece la sua strada per la salvezza. Sarà proprio quella cicatrice a farla ripudiare dal marito, un uomo violento che è stata costretta a sposare. La mano della Morte continua a guidare la ragazza, che fugge da tutto per cercare riparo nel convento di Saint Mortain, dove alcune suore osservano ancora gli antichi riti tradizionali. Qui viene trasformata in una perfetta assassina; silenziosa, seduttiva e letale, un’ancella della Morte. Presto, Ismae viene inviata alla corte di Bretagna per fare luce sugli intrighi che mettono in pericolo non solo il regno, ma anche la vita della giovane duchessa Anne. Per riuscire nell’impresa, dovrà fare appello a tutto ciò che ha imparato nel convento. Peccato che non le abbiano insegnato come tenere a bada i moti del cuore, e Ismae si ritrova lacerata tra il dovere e l’amore che preme nel suo cuore.


Nel 1485, in un villaggio della Bretagna, la figlia di un coltivatore di rape sta contraendo matrimonio celebrato in casa del futuro marito e con un prete itinerante: non le migliori premesse, certo, ma la ragazza ha visto già così tanta violenza domestica che pure questa unione male combinata le sembra una miglioria rispetto alla sua condizione. Perché la ragazza, Ismae, è una diversa, una reietta, una figlia del Dio della Morte: nonostante il veleno preparato dalla fattucchiera e somministrato alla madre per farla abortire, Ismae è nata lo stesso, con una lunga e orribile cicatrice che ne testimonia il retaggio, è la progenie di un Dio temuto. Umiliata, picchiata dal padre, sfruttata, è stata letteralmente venduta all’uomo che sta per sposare, che si rivela simile al padre: prima mezzo ubriaco vuole consumare la prima notte di nozze, poi, vedendo la cicatrice, si sente truffato e riempie Ismae di lividi. Sarà, incredibilmente, il prete itinerante e la vecchia fattucchiera a condurre la ragazza, stremata nello spirito e nel corpo, verso una nuova via di uscita: il convento di Saint Mortain, dove le suore servono con fedeltà e devozione gli ordini del dio della Morte. Ismae, spaventata eppure speranzosa, abbraccia l’opportunità offertale dalla Badessa con tutta se stessa: diventerà una Ancella della Morte, studierà l’arte dei veleni, delle armi e della seduzione, studierà politica e storia, per servire al meglio gli ordini del Dio suo padre. Per la prima volta, Ismae ha uno scopo, sente di avere un posto in cui riconoscersi, e scopre di avere abilità innate, doni provenienti dal padre, oltre che doti derivanti da studio e preparazione; guarisce in fretta, è immune ai veleni, e trascorre al convento tre lunghi anni, durante i quali impara tante cose, tra cui la gentilezza, e si fa delle amiche, Annith e Sybella, novizie come lei ( protagoniste dei prossimi due volumi della serie). Dopo questo periodo in cui il mondo esterno le sembra quasi un ricordo lontano, viene mandata in missione, a compiere il volere del Dio: è determinata a svolgere al meglio questo compito e a non deludere colei che le ha dato una casa e una famiglia, una nuova immagine di se stessa. Il suo secondo compito non sarà così “semplice” come uccidere: una serie di coincidenze, hanno intrecciato le strade di Ismae e di Duval bellissimo e irreprensibile cavaliere; insieme dovranno collaborare con il cancelliere per proteggere la duchessa Anne di Bretagna, legittima erede e pedina di un intricato puzzle politico. La relazione tra i due è inizialmente burrascosa: entrambi per motivi diversi sono portati a non fidarsi degli altri, a proteggere il loro cuore e gli affetti di chi amano più della loro vita, a mettere i propri valori ed ideali davanti a tutto e tutti. Pagina dopo pagina, tuttavia, il loro rapporto evolve, sempre nei limiti delle rigide regole comportamentali imposte dall’epoca; Duval però non sminuisce Ismae solo perché è donna, ma anzi la teme perché è una Ancella, ma in generale la sua posizione sulla questione femminile sono decisamente diverse rispetto a quelle della corte. Per esempio, non accetta in nessun modo che la dolce Anne, già gravata da tante responsabilità, debba anche contrarre un matrimonio poco dignitoso per lei: è ben conscio che l’amore sia un concetto difficile da conciliare con la strategia politica ma cerca il più possibile di favorire la felicità di Anne, che ha giurato di proteggere e servire per sempre. Chi è davvero Duval? Lo scopriamo attraverso lo sguardo diffidente, incuriosito, sospettoso, innamorato di Ismae. La sua corazza di ragazza senza cuore inizia a sgretolarsi: non solo la cura, la premura, la preoccupazione di Duval la conquistano, ma anche la dolcezza di Isabeau, sorella di Anne, gravemente ammalata, la solitudine di Anne, la lealtà di Bestia, il complicato amore familiare tra Duval, sua madre e suo fratello. La corte, infine, si rivela per lei pericolosa ma in modi per lei inattesi: ormai, Ismae è coinvolta sino in fondo in intrighi e tradimenti, nell’imminente guerra contro la Francia; mette in dubbio se stessa, la sua missione e il suo retaggio fino a comprendere davvero chi è la Morte e cosa le richieda davvero. Ismae riesce a percepire le anime che stanno lasciando il mondo dei vivi ed ha avuto in dotazione Misericordia, un pugnale decisamente particolare: saprà come usare tali doni e poteri? Tra visioni e corsetti, tra veleni e corvi, incontri segreti e tradimenti (alcuni dei quali abbastanza prevedibili), Ismae deve imparare a destreggiarsi non solo a corte ma anche nella propria stessa vita, che ha improvvisamente preso una piega imprevista. Possono amore e compassione conciliarsi con il dovere verso il santo che le ha dato la vita e l’ha sottratta a un destino di violenza e soprusi?

Ho trovato le battute finali un pò affrettate rispetto al resto della storia: avrei voluto leggere di più circa le decisioni della badessa e circa alcuni eventi che si verificano nei capitoli finali; ovviamente, avrei voluto più spazio per l’epilogo tra Duval e Ismae, pur trovando decisamente adatto al loro percorso. Anche se in alcuni punti non ho condiviso sino in fondo le scelte di Ismae, l’ho trovata un bel personaggio, alla costante ricerca di se stessa, di uno scopo, ha bisogno di sentirsi parte di qualcosa ma al tempo stesso teme tale bisogno perché fino ad ora ha provato solo rifiuto e violenza, esclusione e cattiveria; alla fine, riesce a ricongiungere i pezzi del proprio passato grazie proprio a quella fattucchiera la cui pozione avrebbe dovuto ucciderla, forse sapere la verità su quei momenti l’aiuta a capire chi è e cosa voglia fare della sua vita. Tesa tra dovere spirituale verso la badessa e quelle emozioni mai provate prima, Ismae anche se combattuta non si tira indietro, anzi, affronta tutto a testa alta; la narrazione in prima persona permette di empatizzare con lei, con i suoi dubbi legittimi e le sue fragilità. Sta davvero facendo il volere del suo Dio? E se così non fosse, a cosa ha creduto sino ad ora? E’ tanto da digerire e da accettare, in più deve sventare una guerra, proteggere una duchessa, e combattere con un amore folle e intenso! L’elemento sovrannaturale si inserisce benissimo nel romanzo: su uno sfondo storico che riprende vicende e assetti politici realmente accaduti, l’autrice inserisce un pantheon di nove figure a metà tra santi, patroni e divinità; la Bretagna tradizionalista lotta per mantenersi indipendente dalla Francia anche per quanto riguarda la propria cultura, rifiutando quindi la Chiesa cattolica, quando possibile. Anche la religione, proprio come nella realtà, è uno strumento di manipolazione e di politica. I patroni hanno proprie leggende e caratteristiche che li rendono simili agli umani, passioni e inclinazioni; tra questi il più temuto è ovviamente Mortain, la Morte, ma come scoprirà Ismae nel suo percorso, la morte non è solo vendetta, giustizia, è soprattutto pietà. Lo stile dell’autrice è scorrevole e capace di rendere credibile il suo mondo, riesce a descrivere perfettamente le atmosfere, gli abiti dell’epoca, gli stati d’animo di Ismae e le sue lotte interiori, i suoi sospiri e i suoi patemi, veleni e armi.

Per quanto sia figlia della Morte e cammini nelle sue ombre oscure, qualche volta posso immergermi nella luce.

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