I demoni di Wakenhyrst

I demoni di Wakenhyrst

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo “ I demoni di Wakenhyrst“, scritto da Michelle Paver (traduzione di Francesca Cosi e Alessandra Repossi), edito da NeriPozza, che ringrazio per questa copia.


A Wakenhyrst, un minuscolo borgo del Suffolk, sorge Wake’s End, un maniero dai tetti dissestati spruzzati di licheni arancioni e dalle finestre che si fanno a stento largo tra l’edera. Un posto fuori dal tempo, reso ancora più tale dalla Palude di Guthlaf, la landa selvaggia e intrisa d’acqua che circonda la tenuta. A Wake’s End, un tempo, vivevano Edmund Stearne, ricco proprietario terriero e stimato storico, e sua figlia Maude. Ma nel 1913 la sedicenne Maud Stearne vide il padre scendere i gradini con un punteruolo da ghiaccio e un martello da geologo e massacrare la prima persona che gli capitò a tiro nel modo più assurdo e raccapricciante. Internato in un manicomio, Edmund Stearne dedicò il resto della sua vita alla realizzazione di tre sbalorditivi dipinti. Opere che paiono uscite da un incubo: grottesche, macabre, malvagie… Opere che celano la chiave dell’omicidio? Nel 1965, per rispondere a questa domanda, la storica dell’arte Robin Hunter decide di contattare e interrogare l’ormai anziana Maude. La ricerca della risposta, tuttavia, trascina con sé altre domande. I fatti del 1913 hanno forse a che fare con il rinvenimento di uno spaventoso dipinto medievale chiamato l’Apocalisse, scoperto da Edmund nel camposanto di Wakenhyrst? E i diavoli raffigurati nella pala… sono loro la causa dell’inspiegabile e improvvisa perdita di senno dell’irreprensibile e stimato storico? O a farlo precipitare nel baratro della follia sono stati invece i demoni del suo passato?Romanzo storico che spazia da Mary Shelley a Bram Stoker, I demoni di Wakenhyrst ha con – quistato i lettori al suo apparire in Inghilterra. Con la sua impeccabile trama, in cui i generi si mescolano in un avvincente thriller, ha sancito la definitiva consacrazione di Michelle Paver come nuova regina della suspense inglese.


E’ il 1966, e dopo sessant’anni Maud è costretta a rivivere la sua infanzia a Wake’s End, il maniero nel Suffolk dove è nata, cresciuta e vive ancora. Un giornalista riporta a galla la storia di suo padre, proprietario terriero, storico e assassino. Forse l’articolo arriva al momento giusto, Maud vede la sua amata tenuta crollare sotto i suoi occhi, forse è solo stanca, fatto sta che la donna decide di raccontarsi ad una storica dell’arte.

Nel 1913 Maud è una bambina tesa tra i suoi desideri e i dogmi rigidi e serrati della famiglia e della società: vorrebbe esplorare in libertà la palude che sembra abbracciare la sua casa, ma le è severamente vietato sia dal padre, bellissimo ed austero, sia dai domestici. La palude, soprattutto di notte, è abitata da strane creature, da spiritelli e fuochi fatui; è un luogo oscuro, proibito, e ovviamente per questo motivo fonte di costante attenzione e attrazione per Maud. La bambina deve barcamenarsi tra la religione del padre, tra la fede in un Dio punitivo, e le credenze popolari: spesso, le due istanze, pur facendosi portatrici dello stesso comportamento, entrano in conflitto e lei si trova a non sapere perché fa ciò che fa, se sia per compiacere Dio – Padre, o per non aizzare le ire dei domestici. La fede è una questione decisamente complessa: Maud sa che suo padre bolla come superstizioni del popolino le credenze dei domestici, eppure conserva un antico cimelio vicino al suo letto, proprio lui che odia i cimeli e impedisce a Maman di tenere qualcosa che le faccia pensare ai tanti figli persi. Maud prega affinché la mamma non si ammali più di quel male che la fa ingrossare, le porta dolore, esita in secchi di sangue e silenzi o in vagiti che troppo presto si spengono, ma pare che nessuno sia in ascolto e ciclicamente Maman è malata. Secondo la morale dell’epoca, il padre è praticamente assente e terrorizza la figlia pur rivolgendole a stento qualche parola; Maud ha davvero un sacco di regole da introiettare e rispettare.

La ragazza cresce amando la natura di un amore puro, esplora quella palude che le era proibita iniziando sia a conoscere il vecchio che la abita, sia a saggiare limiti e confini di una naturale ribellione giovanile; certo, nel suo mondo, affermare la propria indipendenza è un lavoro di fino, fatto di piccolissime conquiste come il prendersi cura di una gazza o osservare di sottecchi un domestico. Le apparenze devono essere mantenute intatte, soprattutto per loro, esempio e simbolo per le famiglie dell’antico borgo che vede nella chiesa il suo fulcro.

Crescere significa per Maud anche imparare a conoscere davvero gli altri, in primis quel padre tanto adorato e ammirato: il processo di disincanto e disillusione è durissimo per la ragazza che, dopo la morte della madre, inizierà a scoprire i segreti paterni, un uomo davvero meschino. Tramite il taccuino del padre, Maud si avventura nella sua mente: la rivelazione dell’intimità dei suoi pensieri se prima la sconvolge e la turba, finisce per rivelarsi un’arma in mano alla giovane, che cova risentimento e odio per una persona che avrebbe dovuto proteggere e amare la sua famiglia e invece ha inseguito egoisticamente i propri impulsi e bisogni. Il padre non ama nessuno se non se stesso. Le scoperte che fa Maud rivelano un uomo narciso ed egoista, e la figlia, scrutando nelle paure più abiette del padre, decide di punirlo per le sofferenze che le ha causato. Ma la sofferenza, la vendetta, ha un sapore difficile da digerire e Maud lo scoprirà a proprie spese.

Quando Stearne, che ha dedicato la sua carriera di studioso a decifrare la vita della mistica Alice Pryett, si imbatte in uno strano quadro, in seguito ai lavori di ristrutturazione del presbiterio della chiesa voluti da lui stesso, tutto inizia a deragliare. Pagina dopo pagina, il delirio paterno prende forma, prima lievemente, poi esitando in atteggiamenti francamente paranoici in cui l’uomo si rivede nella vita di un santo e si crede portatore di un messaggio singolare. Maud, che ha un contatto diretto con la mente sempre più folle del padre tramite i suoi taccuini, si scontra con le convenzioni dell’epoca e pur cercando aiuto, non riesce a trovarlo in nessuno. E’ sola contro un mostro. Contro un folle.

In un’atmosfera sempre più cupa e carica di un’angoscia subdola e sottile, si dipana una storia che non maschera o omette nulla al suo lettore: sin dall’incipit, sappiamo cosa accadrà, chi farà cosa, anche se non conosciamo la vittima. Ciò che suggestiona, cattura e coinvolge è il percorso tortuoso e imprevedibile che porta Maud e suo padre al momento fatidico, che quasi sfuma sullo sfondo che l’autrice ha sapientemente ricostruito: mi sono trovata così immersa, nella mente disturbata del padre, nelle sue scoperte, nella sua ossessione paranoica verso il sacro, nella vita di Maud, da non riuscire a staccarmi dalla lettura. Tutto nell’economia del romanzo è dosato in modo perfetto e le rivelazioni così come i cambi di prospettiva arrivano proprio nel momento giusto.

Maud è una donna in un mondo in cui il maschilismo è talmente radicato da essersi fuso con le credenze popolari, il folclore, la tradizione e la religione: per il solo fatto di essere biologicamente donna, Maud non può capire tante cose della vita, è quindi effimera, superficiale, indolente e incapace di provare emozioni. La considerazione scarsa della donna è una cosa che livella popolino e ricchi, colti e ignoranti, giovani e vecchi: è il periodo in cui Charcot opera sulle isteriche, dotate di utero fonte e causa di ogni male. Il maschilismo è svilente: il Padre-Padrone decide persino di cambiare il nome alla propria moglie, ne decide letture interessi passatempi, dopo essersi appropriato a suo uso personale della sua eredità. L’uomo “dispone” totalmente della donna a lui inferiore per sua natura: lui ha bisogno dei “congiungimenti” regolari per bilanciare l’equilibrio dei propri umori e la donna deve concedersi senza limiti, il suo corpo appartiene al marito, con il beneplacito della religione stessa. Maud a sue spese osserverà la madre soffrire di una “malattia” costante che finisce con un travaglio e un dolore, da celare e nascondere perché al padre non piace che si mostrino certe cose.  Il volere di Dio viene liberamente interpretato e piegato alla singola volontà, allo stesso modo la presunta voce del diavolo: così, i propri istinti interessi divengono pena o peccato, sulla base di ciò che è più comodo per la coscienza del padre di Maud, che agisce con il sostengo intero della comunità.

Biecamente, il padre riesce a trovare il modo di usare Maud senza dover sborsare denaro, dal momento che la figlia in quanto sempre donna, può fargli da segretaria: sarà, invece, proprio Maud a fornire al padre delle letture interessanti nella vita di Alice Pryett, anche lei donna e costretta a sopportare il martirio (le lacrime di Dio) dopo una vita di sottomissione e dopo una serie incredibile di gravidanze. E’ sempre Maud a mettere in connessione l’epoca di Alice con la commissione del quadro che ha scosso il borgo e suo padre, quell’Apocalisse oscura, demoniaca, spaventosa. Ma perché suo padre ne ha così paura? La sua reazione inizia a diventare sospettosa: Maud sa dal suo taccuino che quella visione ha fatto scattare qualcosa nel padre, ma cosa? Il ricordo di antichi terrori, di un peccato da espiare: la verità viene lentamente a galla, sorge, quasi letteralmente, da quella palude che il padre di Maud vuole eliminare, come se negandone l’esistenza si possa annullare il passato.

Mescolando romanzo gotico, mistero, affresco familiare e approfondimento psicologico, l’autrice ci regala un romanzo mozzafiato che scava nelle paure più antiche e profonde, e lo fa con uno stile evocativo, potente; i personaggi, così come le ambientazioni, sono vivide e realistiche, perfettamente calate nel contesto storico che rivive in queste pagine. Personalmente, ho provato rabbia verso la società, verso la figura del padre di Maud, ho avuto voglia di vendicarmi, ho sentito il suo dolore, in un romanzo che, però, tra le righe lascia un senso di solitudine profonda. Il peso delle colpe, delle responsabilità, la conseguenza delle proprie azioni, rappresentano macigni sulla coscienza dei protagonisti e ognuno reagisce ad essi come può: chi sottraendosi alla vita, rifugiandosi nella casa popolata da fantasmi del passato, chi non riesce ad essere più lucido e cede il passo alla follia. Il demone interiore è qui analizzato in ogni sua sfaccettatura: impossibile catturarlo, fermarlo dietro una tela, finisce per consumare l’integrità e l’equilibrio psichico.

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