Achille: Il midollo del leone

Achille: Il midollo del leone

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del volume “Achille. Il midollo del leone“, scritto da Giovanni Nucci ed edito da Salani Editore, che ringrazio per la copia.


Achille piè veloce è il più forte, il più grande degli eroi. Venuto al mondo segnato da un destino irreversibile, dopo essere stato affidato alle sapienti cure di Chirone, è diventato un temibile guerriero, pronto per conquistare la vittoria più ambita, quella della fama eterna. Ma Achille è anche un ragazzo. Figlio, sì, di una dea, è però un mortale e va incontro al suo cammino non senza dubbi e paure. Lo seguiremo nella costruzione di sé, partecipando tanto delle sue difficoltà quanto degli amori e delle amicizie, non meno che delle vittorie e dei rimorsi. Esploriamo così il rapporto con Teti, madre e dea, l’amicizia con Patroclo, la rivalità con Agamennone, in una narrazione che si fa corale senza mai perdere armonia.
Giovanni Nucci, che con Ulisse aveva già raggiunto un numero altissimo di giovani lettori, ritorna al mondo antico e questa volta si ispira e si attiene fedelmente all’Iliade per raccontare di questo personaggio eroico e umano e di una guerra ‒ la più grande battaglia di tutti i tempi ‒ manovrata da forze potentissime, capaci di intervenire nelle vicende degli uomini e negli equilibri dellʼuniverso. Piena di sfumature, questa storia millenaria diventa attuale e parla ai ragazzi di oggi del coraggio di crescere, dell’importanza di comprendere il proprio destino, del valore degli affetti, della felicità di vivere. Un romanzo appassionante che affonda le radici nella cultura dell’intera umanità, imperdibile per gli appassionati di mitologia e non solo.


Achille nasce dall’unione tra la dea Teti, sottile come l’acqua, e il mortale Peleo, ma prima ancora che l’uomo rincorresse la dea, un dio si era innamorato di lei, il potente Zeus che, però, abbandona i suoi piani d’amore per via delle parole di Prometeo: il figlio di Teti sarebbe stato più grande del padre. Così, il destino di Achille è segnato ancor prima di nascere: egli dovrà morire, un giorno.

Achille è veloce, non solo fisicamente ma anche nei pensieri, e la sua velocità è forza e bellezza; ad un certo punto, però, Peleo decide di mandare il giovane a studiare e addestrarsi da Chirone, poiché Teti sembra quasi respingere il suo figlio mortale. Da Chirone prima e da Fenice poi, Achille imparerà tutto della vita e di come si vive; il centauro lo nutrirà con il famoso midollo di leone e gli dirà che, in fondo, quella forza leonina ora abita in lui. Tornato a Ftia, Achille stringe amicizia con Patroclo, ed entrambi sono come due figli per Peleo, il quale si diletta con loro trattandoli da pari e spronandoli ad un pensiero critico. Ma quell’idillio, tutti lo sanno, non è destinato a durare: Ulisse, la guerra, il fato, bussano alla porta del giovane eroe e a nulla varranno i tentativi della dea sua madre per allontanare Achille da tale destino. A nulla varrà l’amore vitale di Deidamia: Achille è un eroe e parte per l’infinita guerra di Troia.

Con parole semplici e dirette e con uno stile moderno l’autore condensa valori e tradizioni del mondo greco, contestualizzando scelte e conseguenze, senza tralasciare il sistema di credenze e la spiritualità dell’epoca. Gli aspetti salienti dei Greci e del mito trovano quindi il loro doveroso spazio: non viene risparmiata la tracotanza di Agamennone che provoca l’epidemia da parte di Apollo, né la saggezza di Calcante che ammonisce l’uomo convinto di poter superare in intelligenza il divino.

Il piano del mortale è nettamente separato da quello del divino com’è giusto che sia salvo le interconnessioni che hanno dato vita agli eroi, giunti comunque alla fine del loro tempo.  La lettura è estremamente piacevole e si accorda sia al primo approccio col mito di Achille e della guerra di Troia sia ad una piacevole rilettura: l’autore non si propone di riscrivere il poema omerico ma appunto di darne una sua visuale con voce, personale, riconoscibile e onesta. Il risultato è un volume accessibile e scorrevole per immergersi o tornare in quelle atmosfere cariche di mitologia, di guerra e di pathos.

Pur essendo Achille il protagonista della storia , la narrazione non può esimersi dal prendere in considerazione altri personaggi, in modo da ampliare la visione d’insieme: Zeus, Teti, Peleo, Paride, Agamennone, le loro voci accennate servono a far comprendere lo svolgimento corale dell’azione e i sentimenti più o meno umani o divini che muovono i protagonisti in gioco. Così Agamennone sa che la guerra dopo nove anni di stasi deve iniziare, e Zeus dal canto suo sa che deve pagare il personale conto a Teti venuta a reclamare la gloria per il figlio. Certe cose sono inevitabili perfino per il padre degli Dei, l’equilibrio non dipende più da lui e sembra quasi funzionale ad un quadro più ampio, la fama eterna. Come un ingranaggio impossibile da frenare, la guerra chiama a sè il destino segnato di Achille:  consapevole di ciò che deve accadergli non può fuggirlo, lui che è il più veloce. Lo accetta, anzi, perché è così che fanno gli eroi. 

Ad Achille, di Troia e di Menelao importa poco, come poco è interessato ad Elena. Elena dal canto suo, trattata come un premio: “io rimango la cagna che causerà la loro morte“, dice vedendo schierati Menelao , bello e biondo, e Paride. Cos’è l’amore? Cosa l’ha spinta tra le braccia di quegli uomini? Un inganno della Dea Afrodite o altro? Cosa vuole davvero Elena, e soprattutto importa a qualcuno? 

L’immortalità di Troia va conquistata con la morte, lo sa bene Ettore, lo sa Andromaca: Troia deve cadere. Lo sa Ulisse, che pensa alla sua Penelope e sa che la “sventura” di questo destino di morte li renderà eterni. La guerra tra troiani e greci ovviamente non si limita ai mortali ma coinvolge le divinità scese in campo per fomentare odi e vendette, per guidare le traiettorie delle lance, per persuadere e manipolare: Era, Apollo, Afrodite, Ares, ognuno patteggia per i propri beniamini o comunque contro i valori di cui nemici si fanno portatori. L’armonia, l’equilibrio, sono fondamentali, ma come si vince una guerra? 

Ci sono momenti epici, cruciali, incontrovertibilmente legati al destino: quando Patroclo decide di indossare le armi di Achille, quando la sua gentilezza incontra il furore della battaglia, le sorti del mondo tremano e sono segnate. Ora non è più questione della disputa tra i vari Menelao- Paride- Elena. Ora è la rabbia di Achille a infuocarsi. La sua vendetta. La sua ora. Il passaggio viene sottolineato tramite una sorta di dialogo / monologo interiore di Achille: “Adesso lo piangi, quel limpido amore per gli altri e per la vita, adesso che non c’è più e non potrà più esserci”.

La rabbia cieca e furente di Achille non riempie il suo vuoto: la morte offusca tutto quanto, l’amore, le differenze, i nemici. Triste e solo, Priamo come Achille, un padre che piange per un figlio e un altro figlio che pensa al padre, a ciò che lo definisce. Il midollo del leone che lo ha nutrito, cede il posto allo sfinimento in un momento intenso. 

Onore e orgoglio, bellezza e morte, lealtà e famiglia: tutto si intreccia sul campo di battaglia, tutto fa da sfondo e cornice alla vita di Achille e della leggenda. In chiave moderna e personale, l’autore narra il mito.

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