Una bottiglia di Perrier

Una bottiglia di Perrier

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di Una bottiglia di Perrier, scritto da Edith Wharton (traduzione di Cristina Colla), edito da Nuova Editrice Berti, che ringrazio per la copia.


Medford, giovane archeologo americano, accetta l’invito del suo più anziano collega, Henry Almodham, che da anni vive nel deserto in un antico edificio “a metà tra la fortezza cristiana e il palazzo arabo”. Quando arriva dopo un lungo viaggio, scopre che il suo ospite è partito per un’improvvisa quanto misteriosa spedizione, lasciando Gosling, ilcompassato cameriere personale, solo a capo dello stuolo di servitori arabi. Affascinato dal mistero di quel luogo isolato, Medford decide di fermarsi per aspettare il ritorno di Almodham… Questa novella di grande atmosfera appare per la prima volta nel 1926 sul Saturday Evening Post con il titolo “A Bottle of Evian” e viene poi pubblicata nell’antologia di racconti “Certain People” con il suo titolo definitivo, “Una bottiglia di Perrier”.


Medford è un giovane archeologo il quale decide di dare seguito all’invito avuto dal collega più anziano – e di gran lunga più famoso- Henry Almodham, che si è stabilito, dopo i suoi infruttuosi scavi, in quel “castello dei Crociati” nel deserto. I due si sono visti solo una volta a Luxor ma in quell’occasione, Medford ha avuto la sensazione di aver colto l’essenza più intima di Almodham, fatta di opposti, di indulgenza e spinta razionale, di isolamento e desiderio di compagnia; tuttavia, quando giunge nella casa del deserto, il collega non c’è, partito per una spedizione stando a quanto riporta Gosling, il suo cameriere personale. Certo, è partito consapevole dell’imminente arrivo di Medford e sarà sicuramente di ritorno presto, lo rassicura Gosling, che si prodiga in un rituale cerimonioso. Sprezzante verso la servitù araba, scorge in Medford una spinta ad aprirsi, raccontando dell’inaffidabilità degli arabi e del desiderio di tornare in Inghilterra in vacanza, desiderio che trova d’accordo Medford. Assuefatto da paesaggi lussureggianti, da un senso di pace infinito e gratificante, Medford si ritrova a fantasticare nel dolce far nulla della quiete del deserto, servito e riverito, in contemplazione dei propri pensieri … almeno fino a quando l’assenza del padrone di casa inizia ad essere sospetta. Dov’è finito Almodham? Che cosa nasconde il solerte Gosling? Con poche pennellate l’autrice riesce a rendere perfettamente i cinque giorni carichi di crescente suspence che vive Medford e i suoi stati d’animo che oscillano da un’iniziale beatitudine, fino ad uno sconfortante senso di estraneità ad un luogo isolato e bellissimo.

Un racconto da leggere tutto d’un fiato, ambientato in un Medio Oriente affascinante e pericoloso, dove il fatto di essere lontani dai propri contesti d’origine ha reso i personaggi più taglienti; una storia che diviene, passo dopo passo, sempre più inquietante e che inizia con la apparentemente banale richiesta di una bottiglia d’acqua, una Perrier. L’acqua diviene elemento fondamentale della storia, tra tradimenti, segreti e angoscia di morte, narrate con uno stile ricco e capace di descrivere ambientazioni e atmosfere.

Nata nel 1862 a New York, l’autrice cresce in una famiglia decisamente benestante, cosa che le ha permesso di viaggiare e di leggere tanto; ciononostante, gli schemi rigidi dell’epoca le sono sempre stati stretti e dopo il divorzio dal banchiere Wharton – di cui mantiene il cognome – si trasferisce in America dove diviene amica dello scrittore Henry James che la spinge a perseguire la carriera di scrittrice. Prima donna a vincere il Premio Pulitzer nel 1921 con il suo romanzo L’età dell’innocenza, ha cercato nelle sue opere di parlare della chiusura sociale della società in cui è cresciuta.

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