Ancillary  Justice-Sword-Mercy. Trilogia Imperial Radch

Ancillary Justice-Sword-Mercy. Trilogia Imperial Radch

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo della Trilogia Imperial Radch, che contiene i romanzi Ancillary Justice – Ancillary Sword – Ancillary Mercy e i racconti Il lento veleno della notte e Lei comanda e Io Obbedisco, scritta da Ann Leckie (traduzione di Francesca Mastruzzo) ed edita da Mondadori nella Collana Oscar Fantastica (Titan Edition). Ringrazio la Casa Editrice per la copia.



Su un lontanissimo pianeta coperto di ghiaccio, Breq sta per recuperare l’oggetto di cui è in cerca da tempo – un prezioso manufatto costruito dall’inconoscibile e temutissima specie aliena Presger -, quando si imbatte in un corpo semiassiderato nella neve: è Seivarden Vendaai, una persona che Breq credeva morta da mille anni. Perché Breq non è ciò che sembra: diciannove anni, tre mesi e una settimana prima di quel giorno era la “Justice of Toren”, una gigantesca astronave da trasporto truppe in orbita attorno al pianeta Shis’urna insieme alle sorelle “Sword” e “Mercy”. Come tutte le navi dell’impero Radchaai, la “Justice” è un’intelligenza artificiale che controlla ancelle umane. Ma ora la “Justice” è stata distrutta e della sua coscienza pensante è rimasto solo un frammento: Breq. Chi l’ha devastata ha portato via tutto ciò che le era più caro; solo due cose le rimangono: un fragile corpo umano nel quale sta imparando a nascondersi e un’inesauribile sete di vendetta. Il suo obiettivo è Anaander Mianaai, Lord del Radch, la creatura semi-immortale che da tremila anni detiene il potere assoluto sull’impero grazie alle sue migliaia di corpi interconnessi. La trilogia “Ancillary” disegna un universo originale e ricco di particolari spiazzanti, tanto complesso quanto coerente: un sistema nel quale le intelligenze artificiali si appassionano alla musica polifonica e sono ossessionate dal tè, mentre le differenze di genere non hanno senso. Ann Leckie esplora le sottigliezze psicologiche, i pregiudizi razziali, le passioni politiche e religiose dei suoi personaggi. Ma soprattutto fa ciò che da sempre fa la fantascienza: accompagnare il lettore, tra gigantesche battaglie interplanetarie e viaggi spaziali, alla scoperta di nuovi mondi, dove nessuno è mai giunto prima. Contiene anche i racconti “Il lento veleno della notte” e “Lei comanda e io obbedisco”.


Breq non sa perché salva Seivarden da una morte praticamente certa: non è mai stata una delle sue ufficiali preferite, e a ben vedere sarà sicuramente un ostacolo, un peso, visto il compito pressoché impossibile che persegue, eppure, la salva. Spende denaro e tempo per la vita della tenente Seivarden, arrogante frutto di una nobile casata che si sveglia dopo mille anni e trova il suo mondo sconvolto e cambiato; non è così per Breq (ammesso che questo sia il suo vero nome) che invece si sta nascondendo da diciannove lunghi anni ma ha ben chiaro in mente come il mondo si è evoluto, pur avendone vissuto ai margini. Seivarden e’ l’eco di un passato antico, di casate che hanno fatto della loro nobile discendenza un vanto e una gloria, ma al suo risveglio quel nome cosi’ illustre e’ appunto solo eco, ricordo, commemorazione, non offre riparo ne’ cibo. E cosa le resta?
Tramite l’alternarsi nella narrazione di accadimenti appartenenti al passato e lo svolgimento dell’azione presente, scopriamo che Breq un tempo è stata la nave Justice of Toren, o meglio, è stata una parte di essa. E’, infatti, un’ancella, un segmento frammentato di una coscienza ben più ampia ed estesa appartenente alla nave; è una IA installata in corpi umani modificati, creati per obbedire alle leggi del monarca, il Lord del Radch. Grazie a questa identità diffusa, Breq riusciva ad essere sintonizzata sui bisogni del suo equipaggio, a monitorare praticamente tutto ciò che accadeva intorno e all’interno della nave e a vedere attraverso le sue ancelle anche tutto il resto. La questione dell’identità e della coscienza è il nucleo fondante tutta la trilogia della Leckie che declina, eviscera, affronta questo complesso tema da diverse angolazioni, fino a giungere all’epilogo della storia. Se nel passato lontano in cui Breq è stata creata, questa questione era per lei quasi irrilevante, e obbediva ciecamente agli ordini che le venivano impartiti, nel passato più recente (diciannove anni prima di salvare Seivarden), succede qualcosa, scatta in Breq il seme di una ribellione dagli esiti devastanti. Breq, nei panni di One Esk, parte della nave Justice of Toren, ha sviluppato una sua identità: tale sviluppo, però, è in parte doloroso, ricalcando proprio ciò che accade anche all’essere umano, staccarsi, identificarsi, richiede sempre una perdita. Così anche One Esk perde qualcosa, perde la possibilità di avere accesso alle altre parti di sé e perde, soprattutto, l’appoggio del suo creatore, la Lord del Radchaai, che scoprirà essere molto più simile a lei di quanto immagini. Identità e scissione, quindi, saranno i fattori scatenanti una guerra civile – per l’Impero – e un conflitto interiore – per One Esk, costretta a nascondersi e a covare la sua personalissima vendetta. Molto più umana di quanto crede, One Esk ha un piano in parte strutturato, in parte improvvisato, che coinvolge anche il ritrovamento miracoloso proprio di Seivarden che, essendo considerata cittadina, le aprirà molte porte, tra cui l’udienza con il monarca. Per questo motivo viaggiano insieme nello spazio, dopo che One Esk ha recuperato un oggetto capace di sovvertire le sorti dello spazio e darle finalmente – crede lei – la soddisfazione alla sua vendetta. Le cose, ovviamente, non andranno nel migliore dei modi, e, di fronte all’incarnazione del potere Radchaai, One Esk non potrà far altro che calare la sua maschera e rivelare chi è. Ciò che non si aspetta è il peso che tale rivelazione avrà: assoldata proprio dalla Lord dell’Impero, verrà mandata a proteggere una porzione dello spazio, a carpire i segreti delle acerrime nemiche dell’Impero. Anche in questo caso, però, la missione ufficiale nasconde segreti e dinamiche sottili, subdole e complicate. One Esk potrà contare su alleate improbabili, divenendo, suo malgrado, il simbolo di una rivolta sociale, culturale e politica. A chi obbedire, adesso? Come percorrere una strada punteggiata di trappole letali appositamente create per cogliere ipotetici tradimenti? L’Impero si rivelera’ essere corrotto e marcio, tra traffici illegali e menzogne, terrore e controllo.

L’opera della Leckie è monumentale, epica: è la storia di un Impero che, ricalcando la storia reale, annette senza esclusioni di colpi, affermandosi come una superpotenza cieca e determinata al controllo totale dello spazio. L’Impero si avvale della tecnologia, ovviamente, e delle IA, a suo vantaggio per monitorare e controllare tutto, ma cosa accade quando si perde tale controllo? La guerra intestina non riguarda i territori dell’Impero ma l’identità stessa della sua Lord, scissa in parti di sé più o meno consapevoli e nemiche tra loro; in particolare, una parte di sé vuole perpetrare le annessioni, brutali e micidiali, mentre l’altra è per una maggiore apertura e autonomia. L’Impero ha una struttura gerarchica rigida e antica, fatta di rituali dogmatici, di una religione politeista (dal momento che la Lord del Radch quando annette i territori permette loro di mantenere la propria religione), di etichette sociali; le posizioni di potere sono solo apparentemente derivanti dalle “attitudini“, ma nella realtà sono spesso frutto di giochi politici tra casate. Ogni piccolo cambiamento viene percepito dalla casate nobili come un insulto. Cittadina vuol dire Radchaai, e chi non fa parte dell’Impero viene considerato un barbaro, uno straniero, senza privilegi e non civilizzato. Ma qualcosa sta cambiando, lentamente, come ci dirà One Esk nell’epilogo, facendo un passo dopo l’altro, ma il cambiamento è inevitabile come l’evoluzione. E l’evoluzione è inclusione.
Tramite lo sguardo solo superficialmente distaccato della protagonista, l’autrice ci guida in un mondo originale e affascinante, fatto di strategia e di politica, di dettami e guanti, di sistemi solari da annettere e territori inesplorati; le relazioni sono complicate dall’esistenza di caste inamovibili. E’ un Impero enorme, in cui alcune delle protagoniste si sentono smarrite, nonostante l’idea costante di un’appartenenza solo fittizia; le casate lottano per prestigio e favori, e chi non tiene il passo spesso fa uso di sostanza (quali il kef). Il potere è stratificato, di difficile gestione, perché i vari popoli hanno usanze particolari che li differenziano tra di loro, e va tutto calibrato, dai gesti alle parole, per non arrecare danni o insulti, passibili di creare i presupposti per la temuta ribellione. C’è una tensione di fondo, che si percepisce in modo tangibile: questo universo è sul punto di scoppiare, questo tipo di governo rischia di implodere. Ma cosa fare? Accettare di evolversi o fare la guerra? Ancora una volta, la guerra serve a scopi utilitaristici e personali: il benessere di più ampio respiro non viene preso in considerazione.

Tante sono state le riflessioni che questa lettura mi ha stimolato e tanti i messaggi che l’autrice ha voluto lanciare attraverso le proprie pagine. La tematica dell’identità è affiancata da quella della diversità: umani o IA? Persone o proprietà? E a seguire, “significatività“: chi decide i diritti di chi? La guerra per il controllo di territori e risorse è argomento ben noto e qui approfondito e condito da rivelazioni e colpi di scena, narrati dall’autrice con uno stile asciutto, preciso, e capace di rendere realistico il contesto creato e i suoi personaggi, finemente tratteggiati. One Esk è una protagonista che cresce e cambia durante l’arco narrativo dei tre romanzi, scoprendosi umana, consapevole di sé stessa, pedina in un gioco e, a sua volta, giocatrice di un gioco ancor più grande. Si affeziona, soffre, si impegna, accetta ed elabora il dolore per la sua perdita ( le navi, infatti, possono legarsi particolarmente ad una capitano), smarrisce la consapevolezza delle proprie parti di sé, per poi tornare alla dimensione di nave ma dall’altra parte della barricata, diciamo. Sperimenta la solitudine e il vuoto, e poi, la possibilità per lei che esista altro, un destino diverso dalla vendetta e dalla cieca obbedienza, una strada fatta di libero arbitrio, da condividere con una famiglia decisamente incredibile! Se nei primi capitoli, il contesto, il linguaggio e la scelta dell’autrice di declinare il mondo tutto al femminile, mi hanno richiesto un’attenzione peculiare nella lettura, è stata proprio la storia e la personalità di Breq – One Esk – Justice of Toren ad affascinarmi e a catturarmi in una space-opera che è molto, molto di più. Ironia, tanto tè, navi onniscienti, equipaggi, imprecazioni, spazio sconfinato, lotte per il potere, ricerca di se stessi e del proprio posto in un mondo oscuro e politicizzato: questi alcuni degli elementi che compongono il viaggio nell’Impero del Radch. Assolutamente da leggere la nota del traduttore che aiuta il lettore ad approcciarsi al testo.

Gli spettacoli si concludono quasi sempre con il trionfo o il disastro. La conquista della felicità o la totale, tragica sconfitta che ne preclude ogni speranza. Ma accade sempre qualcosa dopo il finale – c’è sempre il mattino dopo, e poi il successivo, c’è sempre qualche cambiamento, una perdita, un guadagno. Sempre un passo dopo l’altro. Fino all’unico vero finale a cui nessuna di noi può sfuggire.

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