Il portale degli obelischi

Il portale degli obelischi

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Il portale degli obelischi, secondo volume della trilogia La terra spezzata, scritto da N. K. Jemisin (traduzione di Alba Mantovani) ed edito da Mondadori nella collana Oscar Fantastica. Ringrazio la Casa Editrice per la copia.


La Stagione della fine si fa sempre più buia, mentre la civiltà sprofonda in una notte senza termine. Essun ha trovato un luogo dove rifugiarsi, ma soprattutto ha trovato Alabaster, sorprendentemente ancora vivo; ha inoltre scoperto che è stato lui, ormai in procinto di trasformarsi in pietra, a provocare la frattura nel continente e a scatenare una Stagione che forse non terminerà mai. E ora Alabaster ha una richiesta da farle: deve usare il suo potere per chiamare un obelisco. Agendo così, però, segnerà per sempre il destino del continente Immoto. Nel frattempo, molto lontano, anche Nassun, la figlia perduta di Essun, è forse approdata in un luogo dove sentirsi a casa, dove coltivare la sua straordinaria dote di orogenia, per diventare sempre più potente. Ma anche Nassun dovrà compiere scelte decisive, in grado di mutare il futuro del mondo intero.


Nell’Immoto, la Stagione è nel pieno del suo svolgimento e ormai la vita delle com è orientata a chiudersi in se stessa, puntando alla sopravvivenza. Ognuno affronta la Stagione come può, con i propri mezzi, mentali e fisici. Ritroviamo la protagonista del volume precedente esattamente dove l’avevamo lasciata alla fine del primo, incredibile, volume: è a Castrima, una com che si estende anche sottoterra e in cui convivono persone “normali” con i “rogga“, come volgarmente vengono chiamati gli orogeni, capaci di praticare l’orogenia e di sensire la Terra. Essun ha ormai accantonato la motivazione che l’ha spinta ad andare avanti nel primo libro, a sopravvivere nonostante le tante vite che ha vissuto, ovvero trovare Nassun, l’unica figlia che le è rimasta; combattuta tra la voglia di indipendenza, di abbandonare la com in cui vive e la presenza di pochi amici, di un barlume di famiglia che le è rimasto e si trova proprio a Castrima, la potentissima Essun deve capire come fare ad integrarsi in una nuova realtà. Il suo atteggiamento sicuramente non le è di aiuto nel delicato processo di integrazione ma Essun ha appunto visto talmente tanto orrore, tanta cattiveria e ingiustizia, da non riuscire a sperare nel genere umano, nell’accettazione del diverso che lei rappresenta. Gli immoti mascherano l’odio per il diverso con la paura per le potenzialità degli orogeni che non comprendono, portando alla luce una tematica cara all’autrice e molto presente in questa trilogia. I paragoni con il mondo reale che viviamo sono tangibili e suscitano nel lettore attento e sensibile riflessioni profonde.

Nella com, Essun ritrova il suo maestro, mentore, amico- amante – nemico, Alabaster e scopre il motivo per cui è ridotto in fin di vita; non solo, Alabaster, con i suoi modi spesso misteriosi e il suo tono vago, vuole che la sua allieva e amata porti a termine per lui, per il mondo, un compito spaventosamente enorme. La dinamica tra Essun ed Alabaster richiama quella già incontrata nel primo libro ma qui viene caricata dal senso di colpa che prova Essun per tante cose: per aver voluto rifarsi una vita, per aver amato ancora, per aver ucciso, per non essere la persona che vorrebbe essere, fondamentalmente. Il conflitto interiore di Essun, che spesso esplode in modi imprevedibili, è qualcosa che mi ha toccata nel profondo: sono riuscita a percepire i suoi tormenti, le sue angosce, le sue certezze che pian piano, pagina dopo pagina, si sono sgretolate. Dal canto suo, Alabaster è un maestro difficile e deve combattere anche lui contro i propri demoni e con lo spettro della vergogna e del fallimento; non può vomitare addosso ad Essun la verità, anche se sta per morire. La verità è così complessa ed articolata, Essun non può far altro che scoprirla a sue spese. Ed il viaggio, il percorso umano che compie per arrivarci è incredibile: la Jemisin mi aveva abituata ad un’immersione totale nella psicologia intensa e vivida dei suoi personaggi e non si è smentita nemmeno in questo secondo volume. Essun deve capire così tante cose di se stessa e degli altri, deve capire l’importanza della cooperazione, la portata del suo sapere e della sua emotività, il peso delle conseguenze delle sue scelte, deve affrontare la sua maternità; ora è diventata, secondo Alabaster, una nove anelli, ammesso che gli anelli del Fulcro siano ancora un metro di misurazione, in una Stagione che si prospetta tra le più lunghe e difficile che l’Immoto abbia vissuto. Il suo ruolo all’interno della com è reso difficile dal suo carattere che oscilla tra impulsività e rabbia; le rivelazioni, cui giunge da sola, nella sua esperienza con gli Obelischi, e quelle che le provengono dalle lezioni con Alabaster, cambieranno per sempre la visione del mondo e di se stessa.

Cosa sono gli Obelischi? A cosa servono? Essun si scoprirà capace di entrare in contatto con loro e di vedere quella particolare essenza che Alabaster chiama magia, una sorta di connessione, di filo argentato che compone le cose … tutte le cose vive. Come userà Essun tale conoscenza in erba? Per distruggere o per proteggere? Le scoperte che vedranno la luce riguardano il destino e l’origine dell’Immoto e delle specie che vi abitano; tra potere, vendetta e fisica, l’autrice ci guida attraverso una storia che parla di accettazione, di equilibrio, di rispetto e di valori.

Interessante è l’introduzione del punto di vista di Nassun, la figlia di Essun: orogena altrettanto potente, divisa tra la voglia di scoprire di più su se stessa e il bisogno di essere amata. E si sa che tale bisogno è una forza enorme che porta l’essere umano a compiere scelte azzardate. Nassun ha solo undici anni ma ha dovuto affrontare così tante sfide e dolori nella sua giovane vita; il rapporto complicato con la madre, maestra rigida e severa, donna che non è riuscita a farsi comprendere del tutto dalla figlia, è bilanciato da un amore cieco per il padre che però non riesce proprio ad andare oltre alla natura della figlia. Per il padre, Nassun sarà una rogga, sempre e per sempre; sporca, qualcosa da correggere. La ragazzina allora riverserà il suo bisogno disperato di affetto in un Custode che però ha cambiato la sua prospettiva nei confronti degli orogeni. Sarà davvero così? E soprattutto, cosa può fare Nassun?

Madre e figlia sembrano essere le due facce di una guerra che dura da tempo immemore e che mette una di fronte all’altra tre specie, divise al proprio interno per ideali e motivazioni. Protezione e distruzione, futuro e passato, e gli obelischi e la magia ancora da scoprire fino in fondo: un secondo volume che ho amato tantissimo, a partire dalla scelta di continuare a raccontare la storia in seconda persona singolare. Tra personaggi che ritornano e l’introduzione di una nuova variabile, i mangiapietra, cosa succederà ora all’Immoto? Davvero ci può essere un finale diverso per questa terra spezzata? L’autrice con uno stile innovativo ci parla di tematiche attuali calandole in un contesto fantasy coerente; ha saputo creare un mondo che mi ha appassionata, personaggi che mi hanno emozionata, misteri che voglio continuare a svelare. Un mondo che decide chi è umano e chi non lo è, un mondo che non include ma esclude e sottomette il diverso, lo ghettizza, lo colpevolizza; un mondo dove aver paura di essere se stessi, dove una bambina teme il proprio padre, che non riconosce ma attacca; dove casa non è un concetto scontato e dove la libertà si paga a un prezzo così caro che potrebbe rappresentare la fine del mondo stesso.

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