Mia sorella è una serial killer

Mia sorella è una serial killer

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Mia sorella è una serial killer, scritto da Oyinkan Braithwaite ( traduzione di Elena Malanga ) ed edito da La nave di Teseo, che ringrazio per la copia.


TRAMA

Quando una sera Korede riceve una telefonata della sorella sa già, purtroppo, cosa Ayoola si aspetta da lei: candeggina, guanti di gomma, nervi d’acciaio e stomaco forte. Questo è il terzo fidanzato che Ayoola uccide per autodifesa – dice lei – e la terza scena del crimine che le chiede di pulire. Korede dovrebbe andare dalla polizia ma vuole troppo bene alla sorellina, e la famiglia viene prima di tutto. Almeno finché Ayoola, la figlia prediletta e bellissima di cui tutti si innamorano, non inizia a frequentare il dottore con il quale Korede lavora e di cui è innamorata. Costretta a scegliere tra la complicità e l’amore, Korede dovrà ora decidere fino a che punto è disposta a spingersi per proteggere sua sorella. Affilato, ironico, sfrontato, questo romanzo d’esordio acclamato dalla critica lancia Oyinkan Braithwaite come una delle voci più promettenti della letteratura nigeriana.


Korede è un’infermiera nigeriana, maniaca della pulizia, e vive in una casa immensa, retaggio di un patrimonio paterno ottenuto da affari loschi ed illegali, che la famiglia, dopo la morte dell’uomo, continua ad abitare, un pò per via della reputazione da mantenere, un pò perché non sanno davvero bene se il terreno è di loro proprietà o appunto è frutto di qualche affare illegale. Korede è la maggiore di due figlie che non potrebbero essere più diverse tra loro: Ayoola, infatti, è bellissima, a differenza di Korede che sembra quasi scomparire, come del resto fanno tutti, dinanzi all’abbagliante splendore della sorella minore. Ma, almeno apparentemente, il legame tra le due sorelle non è minato da tale consapevolezza, nonostante la società e anche la famiglia non facciano ( e non abbiano mai fatto) nulla per non far pesare a Korede la “mancanza” rispetto ad Ayoola, anzi la rimarcano. Ayoola non è solo bella ma ammalia tutti: nessuno riesce a resisterle se lei chiede un favore, dal più piccolo, come un cambio turno per la sorella, ad essere coperta in caso di omicidio. Ecco, Ayoola attrae naturalmente a sé gli uomini ma il romanzo si apre con il terzo omicidio a suo carico: in lacrime, chiama nuovamente Korede che accorre e insieme ripuliscono le conseguenze dell’accoltellamento. Ayoola racconta di fidanzati violenti, che hanno cercato di picchiarla, a cui lei ha reagito difendendosi con l’arma che ha “ereditato” dal padre alla sua morte. Mi sono chiesta se la ragazza, consapevolmente o meno, abbia fatto leva proprio su questa tematica cui Korede è molto sensibile: nella loro vita, loro e due e la madre, sono state vittime di un uomo meschino, violento, traditore, manipolatore, che non ha risparmiato loro né umiliazioni né segni, fisici e morali.

Korede, comunque, accorre come sempre a salvare la sorella minore, e cerca di mantenere una sorta di lucidità anche nei momenti più difficili, quando ad esempio la sorella della vittima tenterà di convincere i media e la polizia dell’uccisione ( e non della banale scomparsa) del fratello, o quando la polizia controllerà la sua auto. Il contesto in cui vivono e di cui il lettore riesce ad intravedere qualche spiraglio è quello di una nazione dove la corruzione la fa da padrona e la situazione delle donne è davvero riprovevole; anche quello che sembra il più puro tra gli uomini, si lascia andare alla violenza fisica contro le donne.

Tutto va relativamente bene, considerando gli omicidi, nella vita delle due sorelle, spronate dalla madre ad impegnarsi per conquistare un uomo ( soprattutto Ayoola, alla cui bellezza non fanno seguito i requisiti che la madre reputa fondanti per una buona unione, quali saper cucinare), fino a che la bellissima Ayoola irrompe letteralmente sul posto di lavoro di Korede. Qui conosce non solo i colleghi della sorella, con i quali la maggiore non ha mai legato per via del suo atteggiamento piuttosto ligio al dovere, ma, soprattutto, il bel dottore Tade, dai modi carini e dal sorriso dolce. Inevitabilmente, il giovane perde la testa per Ayoola che si diverte con lui. In alcuni di questi passaggi, la dinamica tra sorelle è così precariamente in equilibrio da avermi comportato esclamazioni di rabbia, rivolte sia verso Ayoola e la sua insensibilità, sia verso Korede e la sua accondiscendenza totalizzante verso la sorella e la famiglia. Certamente, Korede è figlia di una cultura diversa: il senso di responsabilità e di appartenenza arrivano quasi a soffocarla, a farle perdere di vista il limite tra giusto e sbagliato, eppure, lei deve cieca obbedienza alla sua famiglia, a ciò che ne è rimasto. Che sia per inclinazione caratteriale o culturale, Korede è divisa tra la voglia di riprendere la propria vita, di poter finalmente respirare libera dai segreti che tiene per Ayoola ( minimamente toccata invece dalle conseguenze delle proprie azioni), e il bisogno di tutelare il proprio nucleo. E’ la maggiore: questo a lei basta per spiegare tutto.

Tra tradimenti e pettegolezzi, tra corridoi ospedalieri e candeggina, l’autrice ci guida in una storia noir: cosa si è disposti a fare per le persone amate? Fino a che punto siamo disposti a non vedere, a fingere di non vedere, per proteggere chi amiamo? Le scelte e le reazioni di Korede, che narra la storia in prima persona, non mi hanno trovato sempre in accordo con lei, anzi, in alcuni punti l’avrei voluta meno accondiscende e più decisa; ma, al tempo stesso, credo che la vita vissuta, il passato, con i tanti scheletri, abbiano reso Korede la donna che adesso è. Alla fine del romanzo ho provato la sensazione di aver solo grattato la superficie della storia di Korede ed Ayoola, del dolore che hanno sopportato e dei modi cui fanno fronte ad esso, diversi sicuramente, anche in virtù di un contesto familiare e sociale peculiare, cui l’autrice ha saputo dar voce. Un mix sapientemente gestito tra ironia e dramma, tra giallo e romanzo familiare; Korede vuole proteggere Ayoola, ma Ayoola ha bisogno davvero di essere protetta dalla sorella? Una Nigeria in cui conta più apparire che essere, una bellezza che può aprire tante porte ma esporre anche a tanti pericoli, una famiglia torturata da soprusi e silenzi, due donne che cercano di trovare la propria strada, in un equilibrio precario tra dovere e piacere.

Mia sorella mi chiama e mi dice: "Korede, l'ho ucciso".
Avevo sperato di non sentire mai più quelle parole.
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