Review Tour: Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo

Review Tour: Il mondo nuovo – Ritorno al mondo nuovo

Buongiorno, lettori! Oggi Review Tour dedicato al volume “Il mondo nuovo + Ritorno al mondo nuovo”, scritto da Aldous Huxley, edizione illustrata da Giuseppe Palumbo, traduzioni di Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi con una nota di Alessandro Maurini. Il volume è disponibile da oggi 25 agosto ed è edito da Mondadori nella collana Oscar Draghi. Ringrazio la Casa Editrice per questa lettura in anteprima.


TRAMA

Scritto nel 1932, “Il mondo nuovo” è un romanzo dall’inesausta forza profetica ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. I testo è qui accompagnato dai disegni di Giuseppe Palumbo, che dà corpo agli incubi e alle ossessioni dello scrittore.


Comunità, Identità, Stabilità. Questo è il motto dello Stato mondiale nell’anno di Stabilità 632 di Ford, questo lo slogan di un mondo nuovo che ha fatto della manipolazione genetica e del conseguente controllo della popolazione il proprio marchio distintivo. Concetti come la maternità, la libertà, l’indipendenza, il libero arbitrio non sono solo obsoleti ma vengono guardati con disprezzo e con saccente senso di superiorità dalla classe che detiene il potere: la storia è tutta una sciocchezza. Il passato è superato: secoli di infelicità inutile sono stati sostituiti dalla felicità di tutti in un’ottica di condivisione. Nessuno appartiene a se stesso, ma tutti appartengono agli altri.

Agghiacciante, perturbante, il mirabile mondo nuovo di Huxley, descritto dall’autore negli anni ‘30, ha ancora il potere incredibile di coinvolgere e poi sconvolgere il lettore, catapultandolo in un futuro possibile, contingente, immaginabile e spersonalizzante. Senza pudore, si vive la sessualità spogliandola dei sentimenti, come un atto destinato al piacere; il sesso non serve nemmeno più a procreare, ma solo a godere del benessere accessibile a tutti, una valvola di sfogo che ottenebra i sensi e svia la collettività da riflessioni sulla propria condizione. La società ha fatto sì che l’essere umano desideri naturalmente e solamente quello che ha: divisa in caste, manipolata geneticamente, è una popolazione che non ha tensione sociale, e senza instabilità sociale non c’è vitalità, in un certo senso. Per questo anche la scienza per come la intendiamo noi è vista come pericolosa, come l’arte e la religione, come la coscienza di sé, l’amore, la genitorialità. Tutto spazzato via, tutto inutile.

Eppure, questo meccanismo perfetto si inceppa, raramente ma succede e gli errori sono soggetti dotati di un seme di autocoscienza e per questo esiliati, in Riserve, osservati, studiati. Quando Lenina, seducente donna beta, decide di assoggettarsi alla norma sociale della poligamia e della promiscuità interrompendo la relazione da troppo tempo monogama con Henry, esce con Bernard, un alfa mal riuscito, forse a causa di un errore durante la manipolazione genetica della sua creazione, si farà portare proprio da lui in una delle Riserve rimaste. Qui, incontreranno Linda, appartenente anche lei al mondo dei “civilizzati” e John, figlio avuto con una gravidanza (cosa considerata illegale), il quale conosce il mondo attraverso le parole della madre e di Shakespeare; l’incontro – scontro tra i due mondi è inevitabile quanto angosciante. Attratto da Lenina, e ricambiato da lei, John non sa come gestire le sue pulsioni e i suoi desideri ma soprattutto non riesce a comprendere il modo con cui Lenina viva le sue stesse esperienze; teso tra desiderio e ribrezzo, John finirà per logorarsi nel tormento di un amore impossibile. Lenina, infatti, dal canto suo, non può prescindere dal condizionamento neopavloviano cui è stata sottoposta, come tutti: lei, che parla per sentenze inculcatele sin da bambina, non può comprendere le citazioni di John, che le paiono follie. Due mondi destinati a non potersi incontrare. John ci prova a ribellarsi, a far sentire la sua voce e ad aprire gli occhi agli altri, ma si scontra contro un muro fatto di benessere, di appiattimento, di freddezza mascherata dall’abuso del soma; un mondo terrificante, sapientemente spiegato nel passaggio tra John stesso – il Selvaggio – e Mond, Governatore del settore in cui si svolge la storia. Esposto come un animale selvatico da Bernard, personaggio interessante con le sue idee e paure, con le sue fragilità e i suoi isterismi così fuori luogo nel suo mondo nuovo, John viene definito un selvaggio: ma chi lo è davvero? Dove si stabilisce il confine tra norma e devianza?

Il finale è amaro ma inevitabile: tutti sono felici adesso.

Quella che l’autore ci narra viene definita anti-utopia ed è denotata da un pessimismo di fondo nella visione del mondo e della società: il racconto potrebbe anche essere interpretato come una poco velata critica alla sua società, al suo tempo contemporaneo, oltre che un monito per il futuro. Una storia complessa che lascia al suo lettore riflessioni da fare e da pensare: in un mondo apparentemente perfetto, dominato da rigide caste ottenute con la manipolazione genetica e da una standardizzazione della vita, si può desiderare di essere altro? Cos’è allora l’identità?

Non si possono fare delle macchine senza acciaio, e non si possono fare delle tragedie senza instabilità sociale. Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere. Sta bene; è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata né da padri né da madri; non ha spose, figli o amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di comportarsi come si deve. E se per caso qualche cosa non va, c’è il soma… che lei getta via, fuori dalle finestre, in nome della libertà, signor Selvaggio. Libertà!

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