Prisma vol.1

Prisma vol.1

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del primo volume PRISMA, Le diverse facce della fantascienza italiana, antologia che racchiude dieci racconti di sci-fi italiana, edito da Moscabianca Edizioni, che ringrazio per l’invio della copia. La copertina, magnifica, è stata realizzata da Caterina Ferrante.


La serie di volumi PRISMA raccoglie una selezione di racconti firmati da vecchie e nuove voci della narrativa fantascientifica italiana. A metà strada tra antologia e rivista letteraria, PRISMA intende dimostrare che la fantascienza in Italia è ancora in grado di attrarre voci inedite e alimentare nuove generazioni di autori.
Per valorizzarle al meglio, ogni edizione si arricchisce del contributo di un illustratore nella realizzazione di copertine originali e progettate su misura.

Gli autori presenti in questo numero di PRISMA:
Andrea Cassini • Diletta Crudeli • Jimmy Fontana • Simone Giraudi • Luca Guiso • Loreta Minutilli • Matteo Moscarda • L.K. Peka • Claudia Petrucci • Donato Rotelli


I dieci racconti, scritti da autrici ed autori italiani, trattano temi cari alla fantascienza e, pur essendo diversi tra loro, sono accomunati dall’affrontare elementi e problemi legati non solo al genere di riferimento ma connessi all’essere umano in generale. Su tutti, svetta il sentimento della speranza, sostrato emotivo che alimenta diversi racconti e muove le azioni dei rispettivi protagonisti, spingendoli ad affidarsi quasi ciecamente alla fede, o invece cercando produttivamente di cambiare, migliorare, il proprio destino. Alla speranza si contrappone il senso di annichilimento, la perturbante sensazione di essere rimasti senza più alcun motivo per esistere, per combattere una vita talmente tanto lunga e longeva da non poter essere quasi più compresa, e soccombere, infine, al destino del cosmo intero. Tra robot e iperrealtà, cosa davvero ci rende umani? I confini sono spesso labili e confondono i protagonisti, tutti disperatamente alla ricerca di un punto di riferimento, un ancoraggio che li riporti al sentire del corpo, alle emozioni. Fede, scienza, fisica: racconti che parlano di possibilità di multiverso, di infiniti mondi, potenzialmente incredibili, dinanzi ai quali lo stupore è la sensazione che ho provato più frequentemente. Mi sono smarrita davanti alla morte delle nane rosse, mi sono ritrovata nelle note di una musica, ho amato sul binario di una stazione, ho provato il Panico e mi sono disperata per il crollo di un sogno, di un ideale. Dieci racconti che ancora una volta mi hanno conquistata: forti, intensi, struggenti, mondi incredibili, tecnologie del futuro, e sentimento.

In Agente ecologico, a farla da padrona è la tematica del rapporto tra uomo e tecnologia in un mondo che ha dovuto ricalibrare il proprio ecosistema a fronte di catastrofi ambientali gravissime, un monito sempre costante alle conseguenze delle azioni umane; cosa succederà al mondo del futuro? Il mondo che vediamo ha mescolato umani e robot, al punto che Jax, il protagonista, non riesce a cogliere la reale identità dell’agente … e di una gallina.

Atarax è un futuro in cui le emozioni sono completamente dissociate dall’esperienza corporea di esse, forse a causa di una mutazione genetica che ha arginato il “problema” delle emozioni; quello che si prova è il derivato di emozioni esperite da un campione. Ci si somministra una dose di Saudade, di Pazienza, persino di Noia di Coppia, perché si è dovuto combattere l’ondata di suicidi che ha rischiato di far finire il mondo; si deve avere un compagno di vita, una Assegnazione, che potrebbe prevenire tale disagio. Stefano è il protagonista di questo racconto e lavora alla messa in commercio di Atarax, un farmaco che farà scomparire lo scarto, la mancanza, il Difetto, coprendo l’assenza con altra assenza, in un gioco di dissociazioni dal reale, dall’umano, che agghiaccia per la sua potenziale veridicità. Stefano deve prendere una dose di Elaborazione del Lutto prima di andare a letto per dimenticare chi per quel Difetto ha perso la vita, scegliendo la morte come scappatoia a una realtà fatta di video del passato, dove l’emozione è surrogata, finta.

In Zona di caccia, un Esterno preferisce la desolazione e il pericolo di cacciare nelle Zone assegnate alla vita noiosa del bunker, ricercando oggetti di poter scambiare, sperando che qualcosa arrivi da quegli squarci che si aprono sul multiverso. Ed è proprio uno squarcio che scombina le cose e offre un cambio di prospettiva interessante: e se il multiverso fosse connesso alla capacità creativa dello scrittore?

Chissà quanti naufraghi di altre storie ci sono in questo mondo, e da quanto sono in attesa. E’ solo una questione di tempo. E , come in tutte le storie, di fede.

Vernon è l’apparentemente bizzarro minatore protagonista di Gilgul, un racconto ambientato su un Sasso, Lacan 787, tra odore di zolfo che corrode e cambia letteralmente i connotati di chi lì vive, ai margini di un mondo che sembra averli dimenticati. Come si può coltivare, qui, la speranza, se essa esiste? C’è chi la cerca fumando “tartufi”, chi bevendo e chi immaginando l’arrivo di un ribelle che lotta contro il Costruttore di Mondi, ma la realtà è destinata a schiantarsi davanti all’eco di un uccello blu. Chi ha ucciso l’uccello blu? Chi è l’uccello blu? Che destino aspetta i minatori, dopo aver scavato sino all’osso un Sasso dopo l’altro?

Attraverso il vincolo di sopravvivenza le esistenze organiche sono aggrovigliate, correlate, sovrapposte. Le colpe dei padri sono le colpe dei figli.

Quando un ideale perde il proprio valore iniziale e si trasforma in altro, cosa succede? Dietro la maschera d’osso di Motara, si nasconde una storia che volge il proprio sguardo al passato, ad un retaggio utopistico che si è scontrato con la finitudine dell’esistenza. Non sempre i successori designati sono capaci di tenere fede al sogno del progenitore, e così ne L’immarcescibile Motara ci si interroga su una guerra di conquista sempre più pesante, e sul peso della responsabilità di essere Motara.

Rheivan è l’affascinante protagonista di Ouroboros, l’ultima luce, un racconto che parla di leadership, di scelte, di fisica, di libero arbitrio e di amore. Connessi attraverso una rete neurale che permette di condividere osservazione, punti di vista, pensieri, sensazioni, compresa la fusione panica di un orgasmo collettivo e potente, ciò che resta dell’umanità vaga nel cosmo per un tempo infinito alla ricerca di un posto abitabile dove potersi ristabilire e prosperare. Le stelle, le nane rosse, stanno morendo. Un senso di caducità e di angosciante vuoto cosmico affliggono i protagonisti del racconto e di conseguenza il lettore; non ho potuto non empatizzare con il compito difficile di Rheivan, teso tra protezione del suo popolo, amore e fede nella scienza. Un racconto toccante sull’origine e sulla fine del cosmo intero, in cui la ciclicità tra vita e morte, tra buio e luce, si fonde con il concetto di fede. Dio o volontà?

Non voglio che loro restino su questo pianeta spoglio, come naufraghi su un’isola deserta, in attesa della nave che li salverà. Devono sentire che l’Uomo è ancora il padrone del suo destino, che può ancora creare qualcosa.

L’evoluzione dell’angoscia si tramuta in Panico nel racconto Un posto chiamato casa, qualcosa che la società non può tollerare e arriva persino a punire. La sorella del protagonista si è tolta la vita per via di questa sensazione soffocante, spaventosa, angosciante, per la paura che il cielo potesse crollarle addosso. Metafora di paure reali, il Panico ha sintomi ben precisi e riconoscibili. Vi si potrebbe leggere il rimando alla paura del futuro, inteso come possibilità di un mondo dominato dalla tecnologia ma anche come futuro più intimo, personale, come la paura di qualcosa su cui non abbiamo controllo. Una paura umana. Eppure, questo futuro non la contempla, anzi. E il protagonista, quasi per rispondere alle ansie della sorella, decide di lavorare per la Radice che si occupa di controllare che quel cielo non cada, che i riferimenti siano ben saldi, radicati appunto. Avvicinato da una ragazza avvenente per una promozione di lavoro, inizierà per lui un’esperienza al limite: cosa gli sta accadendo? L’epilogo è devastante, per lui e per il lettore che è entrato a contatto con una realtà fatta di rabbia e straniamento, in cui le crepe non possono più essere ricucite.

L’universo accanto è un racconto dolceamaro sulle potenzialità dell’esistenza, una storia travagliata che valica il confine dello spazio-tempo e un autore, per meglio dire uno scrittautore, che deve decidere come narrarla, come lasciarla al mondo. Edmund, appunto, vive in un mondo in cui le distanze sono superate e soprattutto esistono gli iRec, dispositivi che permettono di analizzare gli scenari successivi ad una scelta e quindi intraprendere quella “migliore”. Ma migliore per chi? Edmund attraverso l’inaspettata amicizia e conoscenza con la ricchissima Leda Swan, una delle poche testimoni del passaggio tra i due mondi, comincia a mettere in discussione l’essenza di questa nuova tecnologia. Agevola davvero le scelte? Ma qual è lo scarto che si perde nella scelta? Penso a sua madre, che abbandona la carriera nelle scienze perché l’iRec le garantisce un maggior successo come presentatrice: ha ottenuto una vita di successi, certo, ma cosa ha perso? Cos’è la felicità? E intanto, Edmund scopre i tempi passati, scopre la vita di Leda, da narrare come i vecchi autori, con l’intensità degli errori commessi, con l’orgoglio mai messo da parte, con l’amore. Dopo aver letto questo racconto, continua ad aggirarsi nella mia mente la domanda: e se …?

Ogni volta che una scelta si produce nella nostra vita, la possibilità che abbiamo escluso genera un altro mondo, e poi un altro, e un altro ancora; e insomma, da qualche parte nell’universo c’è una versione di noi stessi che ha fatto tutto ciò che noi non abbiamo mai osato.

Veganocrazia è un racconto breve che mi ha strappato qualche sorriso e diverse riflessioni: il mondo che viviamo ha messo al bando i carnivori. Tutti sono vegani, ma come sempre accade e come sembra essere insito nell’uomo, laddove c’è una regola rigida, un divieto, c’è il tentativo di arginare, di manipolare e di corrompere. Così, il contrabbando riguarda preziose ed illegali Fiorentine, riguarda ristoranti di carne gestiti dai potenti che occultano tutto con un Governo Vegano di facciata che reprime duramente chi contravviene alla norma. La libertà è fasulla, la città è un ghetto.

Infine, la raccolta si chiude con Il palazzo di Atlante, un racconto onirico, poetico e delicato che parla di amicizia e musica, di un amore e di un sorriso che, quale quello di Monnalisa, incanta e cela. Clara, Federico e il protagonista narratore, un trio che ha quasi del tutto escluso il resto del mondo cullandosi in un’amicizia che si poggia sull’amore della musica, fino a quando un sorriso cambia tutto. Clara sceglie, e questo non può che portare a delle conseguenze. Federico, compositore, continuerà a rivivere quel sorriso nell’iperrealtà di MoreLand, nelle stanze di un palazzo di una città immaginaria, onirica ricostruzione di un momento preciso della loro storia, che non può cambiare ma lì, in quelle stanze, può permanere nella sospensione del futuro. E il protagonista, che Clara l’ha amata, baciata, che è padre dei suoi figli, quel sorriso non riesce a dimenticarlo, nemmeno dopo dieci anni; ma non può non cedere alla moglie, alla voce di Clara, fulcro di tutto, e si riappacifica con l’amico. La musica fa da filo rosso in questo racconto, con riferimenti precisi, che evocano atmosfere e sensazioni. Una storia che mi ha stimolato riflessioni e pensieri, sull’amore, sull’amicizia, sul senso di colpa e sulla morte, narrata con una penne che colora le sfumature dell’animo umano, e le riempie.

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