Dark Star

Dark Star

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Dark star, scritto da Oliver Langmead (traduzione di Nicola Manuppelli), ed edito da Carbonio Editore, che ringrazio per l’invio della copia.

TRAMA

Nella città di Vox non c’è luce. Una stella nera, la Dark Star, sovrasta gli esseri viventi che si trascinano nel buio come fantasmi. Solo nei quartieri ricchi c’è un po’ di chiarore, e a goderne sono i possessori dei tre Cuori, le tre fonti di energia: Aquila, Corvus e Cancer. Il detective Virgil Yorke e l’amico Dante indagano su un caso misterioso: la giovane Vivian North è stata trovata morta con le vene inondate di luce liquida. Ma non può trattarsi solo di Prometeo, la droga più diffusa a Vox. Cosa c’è dietro questo omicidio? Oliver Langmead si lancia nell’impresa ardita di creare un “poema moderno” innestando la rapidità, il cut-up, l’immediatezza sull’epicità dei vecchi poemi e sperimentando linguaggi nuovi. Ne viene fuori un’opera punk-rock in un mondo alla “Blade Runner”, tra fantascienza e detective story.

Il treno dondola, sussulta in continuazione,

tagliando il buio con la propria debole luce

e anche a centinaia di chilometri di lontananza

da Vox, non riesco a fuggire al buio che c’è dentro di me.

Nel mondo del futuro c’è una città che vive al buio, che si nutre delle ombre, generatrici di fantasmi, dove si celebrano funerali per lo spegnimento di una lampadina, nel cui cielo si erge la Stella Nera, evocata dal titolo, stella che non brilla: è Vox, spaventosa e terrificante metropoli di un futuro cupo, teatro di una storia ancor più cupa e sanguinosa. Tra gli abitanti di Vox, c’è lui, l’ispettore Virgil Yorke, della Omicidi, emblema vivente delle ferite e delle potenzialità del suo mondo: un personaggio travagliato, spezzato. Avvezzo all’utilizzo di alcolici e della sostanza stupefacente propria di Vox, chiamata Prometeo (“L’ago si sente a casa quando mi buca”), Virgil è un tenebroso, solitario, impulsivo uomo che ha avuto la fortuna, tempo prima, di diventare l’eroe della città, consegnandone alla giustizia un personaggio deviante e folle. La questione della fortuna sembra essere un nodo focale nella sua vita: chiunque gli si avvicini, etichetta Yorke come un uomo fortunato, anche se lui stenta a crederci. E’ davvero fortuna la sua, o intuito? Alla fine della storia-viaggio, forse, inizierà anche lui a credere alla fortuna, a quanto è fortunato a potersi dire ancora vivo, nonostante tutto.

Yorke è il narratore della storia, declinata in prima persona e con l’inusuale quanto riuscito utilizzo dei versi: un poema scorrevole ed onirico, musicale quasi, in cui le parole scivolano sulle pagine e riecheggiano una melodia a tratti incalzante, a tratti malinconica. Sono stata ammaliata da questo contrasto, tra un ritmo veloce e un ritmo lento, tra colpi di scena e sprazzi di intimità; sono stata trascinata nella storia, che mi ha commossa, soprattutto per quel non detto tra le righe, dove l’autore ci lascia intravedere e immaginare la vita precedente di Yorke, ciò che lo ha reso l’uomo che è ora. Yorke si sente un uomo senza speranza e senza futuro, si immedesima nella sua città, si percepisce, come lei, fatto di buio e di ombre, che prendono la forma di spettri del passato; come i fantasmi, anche lui, cerca una torcia, un frangente di luce per nutrirsi, per vedersi. Ho trovato il rimando alle ombre e ai fantasmi una metafora interessante: hanno necessità di esporsi alla luce perché è solo in negativo che acquisiscono corpo e sono pronti a fare qualunque cosa pur di ottenere tale sfarfallio, seppure momentaneo. A Vox si è disposti a tutto per essere in luce, per essere visti. Il romanzo è pieno di spunti di riflessione, di stimoli sotterranei, di domande esistenziali che l’autore ci regala direttamente o insinua tramite lo sguardo disincantato di Yorke, che, alla fine, si rivela essere un uomo decisamente migliore di quanto possa credere.

Mi dimentico di chiamarmi Virgil Yorke.

Dimentico di non essere una città,

che non sono Vox. E divento le strade,

il cielo e tutto il resto in mezzo.

L’omicidio di una ragazza, Vivian, giovane e ricca studentessa che vive nella parte di Vox in cui i soldi permettono la possibilità della luce, fornisce lo spunto per una storia macabra, ben più ampia, di cui Yorke, e noi con lui, fatichiamo a comprenderne i contorni fino a che ci viene disvelato l’orrore. Cosa c’entra il sangue luminescente di Vivian con il furto di uno dei Cuori, rimasti in tre, di Vox? Che cosa sono i Cuori, come fanno ad alimentare la luce di Vox? E’ strano pensare che, Yorke e gli altri abitanti si siano ormai così abituati all’alternarsi tra oscurità e luce da non domandarsi più come l’umanità sia potuta arrivare a questa deriva. Ma il passato, seppure ricordato da pochi, non è mai dimenticato, anzi, emerge con forza la necessità di un ritorno alle origini per comprendere la situazione attuale. Così Yorke si reca all’Università e scoprirà segreti e rivelazioni sensazionali, per l’umanità e per il mondo, purtroppo macchiati dall’interesse personale, dall’onnipotenza di singoli che credono di giocare a Dio ( su Vox, a Phos) con le vite altrui. Yorke però non ama affatto questo gioco: nonostante si renda conto di bruciare la propria vita, la sua coscienza non gli permette di accettare la stessa sorte per degli innocenti, immolati sull’altare del progresso e della tecnologia, morti per un esperimento effimero. Un pò giustiziere della notte, un pò eroe, Yorke si trova coinvolto in un caso complesso che mina le fondamenta stesse del sapere e della vita su Vox ma non può tacere.

Un romanzo intenso e struggente che mette in scena la deriva umana in un mondo appartenente ad un futuro non meglio precisato, un noir oscuro e denso di significati, come la stella di Langmead. Si legge con le dita a Vox, in modo complicato, e chi legge ancora alla nostra maniera viene mal visto; è una città divisa, economicamente, che ricorda le metropoli urbane del nostro secolo. Interessanti i richiami alla tecnologia e alla scienza che sta alla base della nascita e creazione di Vox, a partire dalla teoria della conversione della luce, ma, senza mai dimenticare, il passato, queste barche che hanno attraversato lo spazio, queste albe sepolte nei ricordi di pochi. E’ un ciclo, proprio come si dice a Vox, un eterno ritorno, un viaggio tra passato e futuro, tinto di oscurità, di una cecità che acuisce gli altri sensi ma inevitabilmente sopprime il senso del vedere, di quel riconoscimento dato dall’osservazione.

A scuola cercano di insegnarti come affrontare

il buio costante, ti dicono di trovare la luce

ed evitare di farti immergere nell’oscurità.

Sanno a malapena l’effetto che ha su un uomo. 

Virgil Yorke ha un solo amico di cui si può fidare, compagno nella sua personale discesa all’inferno, Dante: come si può immaginare, il romanzo è pieno di riferimenti culturali e allegorici. Come i due celebri personaggi omonimi, anche Virgil e Dante hanno un inferno davanti agli occhi, dove corruzione, manipolazione, povertà, oscurità, la fanno da padrona; e in questo inferno ognuno sceglie un proprio modo per affrontare il dolore, la perdita, la vita, il susseguirsi di cicli che Virgil percepisce come nuove impiccagioni. Il paradiso, se c’è, è temporaneo. Se all’inizio della storia, Virgil appare anche al lettore, come a molti suoi colleghi, quasi inadatto allo scopo, alla risoluzione del caso, troppo chiuso in se stesso, nel suo tormento personale, ricurvo nel desiderio fasullo di un ago, pian piano che si addentra nella storia, che inizia a comprendere la portata di quello in cui è stato coinvolto, scatta qualcosa. Una parvenza di speranza? Un solitario guizzo di consapevolezza e ritorno all’uomo che era? Se lo chiede Virgili e noi con lui: questa è la professione che ha scelto, e lui cerca di perseguire con le sue modalità quella che crede essere la via della giustizia, in un mondo criminale e mafioso che lo vorrebbe stupido e manipolabile.

Con la sua sigaretta accesa e il suo piglio malinconico, Virgil Yorke è un personaggio reale, umano nei suoi errori, che compie un viaggio, che cambia, e che, forse, spera, in un mondo migliore.

Vorrei che ci fosse un posto dove il sole

possa rendere azzurro il cielo, far luccicare un oceano

dove un sole possa sorgere ed essere fatto di luce.

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