La torcia

La torcia

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del volume La torcia, scritto da Marion Zimmer Bradley (traduzione di Alba Bariffi) ed edito da Harper Collins che ringrazio per la copia.


Tutti conosciamo la storia della guerra di Troia. I protagonisti sono Achille, Ettore, Paride, Priamo, Aiace, Odisseo: uomini che danno grandi prove di coraggio, che combattono per l’onore di uno di loro, per il potere, per difendere la propria città o per la rabbia di una perdita che lascia un vuoto incolmabile. Uomini che uccidono, rapiscono, imbrogliano, stuprano… Ma forse la storia vera non è proprio come ce l’hanno raccontata. Molte donne l’hanno abitata e non erano solo prede da riscattare, ma regine, guerriere, sacerdotesse. Potenti, e sagge. La loro voce si è indebolita nei secoli, soffocata dal clangore delle armi e dai gridi di guerra maschili. Eppure c’è una voce che deve essere ancora ascoltata, una voce che da sempre è stata condannata a non essere creduta. È quella di Cassandra. Nata da Ecuba e Priamo, fin dalla nascita è destinata a essere molto più di una principessa. Prima ancora che sua madre la mandasse a vivere tra le Amazzoni, viene scelta dal dio del Sole, Apollo, come sua sacerdotessa e da lui riceve il dono della Vista. Ma quando profetizza la sanguinosa guerra tra Achei e Troiani che porterà alla distruzione della sua città, quando annuncia che la collera degli dei sta per abbattersi su tutti loro, nessuno l’ascolta, nessuno prende sul serio i suoi avvertimenti su una donna bellissima che porterà con sé indicibili sciagure. Mescolando verità storica e leggenda, Marion Zimmer Bradley reinterpreta la guerra di Troia, dà voce agli esseri umani coinvolti in una lotta disperata che condanna in egual misura vinti e vincitori, racconta il loro destino attraverso la voce di Cassandra, principessa, sacerdotessa, guerriera, ma prima di tutto donna. Con la prefazione di Maura Gancitano.


Come si legge nella prefazione di Maura Gancitano, l’autrice rinarra la guerra di Troia e, come fa anche nel suo celebre ciclo di Avalon, lo fa dando voce a figure femminili troppo a lungo tenute sullo sfondo di un mondo apertamente maschilista; nel pieno spirito con cui i tragici greci si sono confrontati col mito inserendo personaggi non presenti nell’Iliade, così l’autrice, come afferma nei Ringraziamenti, si è sentita libera di pensare ad un destino importante per Cassandra, una figura ai margini, spesso dimenticata o solo brevemente citata. Nasce allora un romanzo maestoso come le mura di Troia, che ci riporta in quelle atmosfere su cui l’autrice innesta la linfa vitale e femminile che contraddistingue le sue opere di narrative. Per fare questo, modifica, ovviamente, ciò che viene raccontato nell’Iliade: troveremo quindi personaggi che abitualmente conosciamo come successivi alla portentosa guerra tra achei e troiani, troviamo nuovi culti e usanze, e al centro di tutto ciò troviamo lei, Cassandra, il cui destino sempre è stato e sempre sarà quello di non essere creduta, lei che ha la Vista e che persegue Verità ad ogni costo.

E proprio per amore di Verità, quando sente raccontare una storia diversa da quella che ha vissuto e che ha contribuito a creare, lei non può tacere, e dopo anni in cui è stata creduta dispersa o morta, deve rivelarsi per parlare, lei sola che può, che ha profetizzato sin da piccola il triste epilogo a cui nessun troiano voleva credere. La conosciamo bambina, e attraverso il suo sguardo ripercorriamo la vita e il destino di Ecuba, sua madre e regina di Troia, colei che ha abbandonato gli usi e i costumi del popolo libero delle amazzoni cui apparteneva per “sottomettersi” alle usanze troiane e divenire una brava moglie e madre. Ecuba mette da parte le armi per amore di Priamo e Cassandra non può che chiedersi come abbia potuto la donna rinnegare in modo così totalizzante se stessa. Sarà solo dopo tanto tempo e tanto dolore, o forse è solo la mia empatia di lettrice a farmelo pensare, che Cassandra comprenderà che non è tutto bianco o nero come lei vorrebbe e che forse Ecuba ha con dolore messo via le sue armi per la speranza di un futuro diverso, per amore dei suoi figli per i quali voleva un mondo differente. A Cassandra viene spesso rimproverato di essere una donna rigida e probabilmente nella parte centrale del racconto lo è: è ferma sulle sue convinzioni religiose, inamovibile, pronta sempre a dire la sua anche quando non vorrebbe ( sicuramente anche quando non dovrebbe, a detta degli uomini), non è una persona che si lascia facilmente zittire ma in alcuni punti ho trovato che anche lei possa peccare di quella impareggiabile arroganza che contraddistingue greci e troiani senza esclusione di colpi. Pur con questi sui aspetti, Cassandra è figura chiave e centrale: dalla mente brillante e vivace curiosità, si interroga incessantemente sul ruolo degli dei nelle questioni umane e nonostante la sua iniziale e giovanile rigidità, è costretta anche lei a mettere in discussione le sue credenze. La speranza è qualcosa di estremamente potente e anche se lei è colpita da quella strana “marea nera” che le permette di accedere alle visioni e sa da sempre il destino che attente Troia, la sua famiglia e lei stessa, non può far a meno di sperare e così facendo mettere in dubbio le convinzioni sul mondo di questi dei quantomai volubili e irascibili. Come possono rimanere zitti e fermi mentre la città di Troia viene presa? Mentre la piccola Melaria viene usata con violenza e barbarie inaudita? Come può il divino Apollo osservare la sua sacerdotessa mentre viene stuprata e prima ancora mentre non viene creduta? Dopo anni di guerra, Cassandra ha ben chiaro che questa sia la guerra degli immortali più che dei mortali: ma perché? Sono così capricciosi da usare gli umani come giocattoli? Pensieri pericolosi e blasfemi ma come si può ancora credere a loro quando Achille fa scempio del corpo di Ettore? Cassandra è in dialogo incessante con queste verità, con le usanze e i precetti: ad alcuni si attiene scrupolosamente, altri li considera sciocchi. Anche verso la morte, lei che può vedere oltre e gli spiriti, ha le sue idee, non ben viste, anzi: Cassandra passa per insensibile quando suggerisce alla famiglia di lasciare pure il corpo del fratello al nemico, tanto egli riposa altrove. Allora i riti servono più ai vivi che ai morti? E lo stesso si può dire dei sacrifici agli dei?

In un mondo maschile e maschilista, Cassandra non può che essere chiamata pazza, lei che imbraccerebbe volentieri le armi, lei che ha vissuto con l’amata zia Pentesilea e le sue amazzoni, che è amata dalla regina di Colchide ed è sacerdotessa di Apollo e della dea Madre. Lei che non accetta di sottomettersi, che si vota alla verginità: troppo spesso nella sua vita le verrà fatto sottilmente notare che forse le sue folli visioni, angoscianti e devastanti per lei, altro non siano che la testimonianza fisica di un bisogno. Quello di un uomo. Di un marito. Forse che Andromaca, Creusa ed Elena sarebbero diverse senza l’uomo che hanno sposato? E in che modo? Il patriarcato è qualcosa con cui Cassandra e le altre donne hanno a che fare da sempre e nemmeno la follia della guerra servirà a smantellare alcune convinzioni: persino sulla nave del nemico, quando Cassandra è prigioniera e spera di trovare in una delle poche sopravvissute troiane un’alleata, sarà sola in questa lotta perché la levatrice troiana ubbidirà al re acheo. E’ così che si deve fare. Gli uomini non trattano le donne come loro pari, tranne forse Enea, l’unico uomo che Cassandra stessa ammette di poter amare, bello, forte, e le crede; non è un problema che sia il fratello della sorellastra Creusa, si usa così a Troia, il vero problema è il voto di Cassandra ad Apollo. Questo voto è qualcosa in cui lei crede strenuamente ma sarà abbastanza per tenerla lontana dalle forti braccia di Enea?

Vittime del capriccio di divinità mutevoli, uomini e donne, achei e troiani, sembrano pedine in un gioco più grande di loro, e come possono vivere se non accordandosi a quei modelli che la società richiede loro? Elena, bellissimo oggetto di una contesa epica, invisa anche da Cassandra che però poi la conosce, va oltre l’aurea di Afrodite e trova in lei un’amica, aderisce al modello di donna che gli uomini vogliono? E’ davvero se stessa? Anche Cassandra, dopo la sconfitta della sua città, si renderà conto di quanto sia facile esercitare quelle doti che ha sempre rifiutato: un sorriso, un cenno deferente, disinnescano più d’una battuta pungente. Ma è disposta ad abbandonare il suo sogno di un mondo ideale in cui ogni essere umano, soprattutto le donne, siano davvero libere di scegliere chi vogliono essere? Possibile che la felicità per una donna sia solo tessere, cucinare, spettegolare, essere un trofeo per un marito e un contenitore per i figli che sono sempre e solo loro e mai della madre? Deve esserci altro, per Cassandra, eroina attualissima.

Lo stile è quello inconfondibile dell’autrice capace di descrivere in modo peculiare i suoi personaggi e il mondo esterno; la sacralità ha un ruolo centrale come nel ciclo di Avalon, con il culto di una Dea femminile che è madre (arcaica) di tutti gli altri dei, i cui Misteri sono ad appannaggio delle donne e sono connessi con la terra, i suoi frutti e i suoi anfratti segreti ( non a caso, Cassandra diventa madre dei serpenti). Una lettura coinvolgente e appassionante che, partendo dalla guerra di Troia, ci parla delle donne, di indipendenza, di libertà, di amore materno e famigliare.

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