La tua casa pagherà

La tua casa pagherà

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo La tua casa pagherà, scritto da Steph Cha (traduzione di Andrea Russo) ed edito da 21lettere, che ringrazio per la copia.


Sono passati quasi trent’anni dalle sommosse del ’92, ma quel fuoco che aveva consumato Los Angeles ancora non si è estinto. Un altro ragazzo nero ucciso ingiustamente dalla polizia, altre manifestazioni, altri scontri. Grace non ha tempo per le proteste: si deve occupare dei genitori e della farmacia di famiglia, nella comunità coreana della San Fernando Valley. Tutto quel trambusto in fondo non la riguarda. A Shawn non sono rimaste né energia né rabbia: un evento drammatico lo ha lasciato svuotato, desideroso solo di tenere a bada il dolore dei ricordi. Un uomo nero e una donna coreana, il passato che si insinua prepotente nelle loro vite, mentre i confini tra l’intimità della loro storia e la risonanza pubblica della vicenda si fondono, scatenando pericolose conseguenze. 


Shawn ed Ava sono fratello e sorella, vivono a Los Angeles negli anni 90 con la zia Sheila, suo marito e il figlio Ray; hanno perso la loro madre tragicamente in un incidente d’auto e stanno cercando di affrontare quel trauma vivendo una vita facendo cose tranquille come andare al cinema, per esempio. E’ così che si apre il romanzo, sulla data di un venerdì qualunque di marzo del 1991, con Ava e Shawn che raggiungono i loro amici, membri di una gang, i Crips, a Westwood “territorio dei bianchi”; Shawn è entusiasta all’idea di essere stato coinvolto ma anche timoroso nei riguardi di quei ragazzi di poco più grandi di lui ma che ai suoi occhi paiono importantissimi, così adulti da sembrare irraggiungibili; anche sua sorella Ava gli sembra una donna, così sicura di sé stessa da non provare timore ad ascoltare la musica classica, a mostrare la passione per il pianoforte davanti a quei ragazzi pieni di quell’audacia tipicamente giovanile che a Shawn ancora non appartiene. Lui vuole sentirsi parte di quel gruppo ad ogni costo, vuole dire la cosa giusta al momento giusto, ma all’improvviso quello che doveva essere un piacevole pomeriggio in compagnia si trasforma in un incendio, letteralmente, in tafferugli e scontri che rappresentano l’inizio di un periodo di fuoco per la città, divisa tra gang e quartieri, tra risse e atti vandalici. Sono anni difficili, dolorosamente attuali, di lotte per i diritti e per l’eguaglianza, sono anni di morti e di processi che mettono sotto i riflettori l’operato delle forze armate; sono anni di paura e di razzismo, e l’episodio che segnerà per sempre la vita di Shawn è proprio figlio di questo clima di intolleranza.

La storia si muove tra gli eventi dei primi anni Novanta e il 2019 seguendo due famiglie, diverse tra loro, credibili, umane, fragili; la famiglia di Shawn ha dovuto affrontare la morte della giovane e promettente Ava, stroncata negli anni migliori, nel fiore della potenzialità che ne fa, quasi di diritto, una martire o comunque una persona potenzialmente perfetta nel ricordo sublimato che ne ha soprattutto la matriarca di questa famiglia, zia Sheila, una donna che lotta e ha lottato con le unghie e con i denti per proteggere coloro che ama e dare voce ad un’intera comunità. Shawn è ormai quarantenne e ha passato una vita tra gang, risse, e prigione: ora, però, nella storia con Jazz e la piccola Momo ha trovato una sorta di equilibrio interiore; non solo, si è preso cura della famiglia di Ray, suo cugino, della moglie e dei due figli. Ha trovato un lavoro duro ma stabile, un lavoro che lo sfinisce e gli impedisce di pensare; forse fatica ad ammetterlo anche a se stesso ma un pò si vergogna della piega che ha preso la sua vita, di essere uscito da quella criminalità che per lui ha rappresentato la normalità. Più di tutto, Shawn è il “fratello di”, forse l’unico a ragionare almeno interiormente sul fatto che la morte di Ava abbia rappresentato una sorta di idealizzazione di quella ragazza che amava tantissimo, ma che anche odiava, nel tipico rapporto ambivalente tra fratelli; nei suoi pensieri c’è rammarico, c’è colpa, c’è vergogna, c’è la rimuginazione costante del pensiero ” e se”. E ovviamente c’è rabbia, un’emozione che la penna dell’autrice fa diventare quasi fisica, tangibile, dapprima cocente e poi sopita, nascosta, eppure c’è.

Parallelamente, conosciamo la famiglia di Grace, coreana: è il 2019, Grace vive con i genitori mentre la sorella maggiore Miriam convive con un uomo e ha smesso da due anni di rivolgere la parola alla loro madre. Grace si arrovella sul motivo di questa spaccatura insanabile ma, un pò non chiede, un pò non le viene detto; ha ventisette anni, tra le due è quella che ha scelto di aderire alle proiezioni genitoriali lavorando con loro nella farmacia di famiglia, coreana in un quartiere coreano. Cosa vuole davvero Grace? Chi è davvero questa ragazza? Sembra quasi vivere sott’acqua, in un’apnea costante carica di apatia e nutrita da una routine sfiancante da cui non riesce – o non vuole – staccarsi; estranea a tutto, per Grace anche la morte di un giovane ragazzo di colore sembra qualcosa di doloroso, certo, ma frutto di un dolore lontano, inconcepibile, inconoscibile. Tutto sommato, i suoi genitori, con il loro inglese stentato, le hanno permesso una vita abbastanza comoda, poggiata sull’illusione che certe cose possano accadere o siano accadute solo ad altri; ci sono argomenti tabù, come il razzismo, e Grace si chiede perché sia così, fino al giorno in cui tutte le sue certezze crolleranno mettendola di fronte ad una verità così enorme da essere soverchiante. Tutto ciò in cui ha creduto, tutto ciò che riteneva affidabile, si rivela fallato: lei, l’unica estranea al tavolo di bugie famigliari ingombranti, eppure l’unica a intuire la verità dietro all’azione.

I destini di queste due famiglie sono destinati ad incrociarsi e ad intrecciarsi in una storia che, partendo da episodi di cronaca, ci porta in una Los Angeles dura e difficile, attuale e raccontata con una voce cruda e moderna; l’autrice ci mostra la violenza, ci mostra i disperati tentativi di sopravvivenza ad essa, tra chi tace, nasconde, cambia identità e chi urla e lotta. Sono famiglie umane nelle loro fragilità, figlie dei loro tempi e dei contesti in cui vivono e maturano; sono famiglie ai margini, quelle contro cui l’opinione pubblica punta il dito e poi erge a martirio, di cui si nutrono giornalisti d’assalto e avvocati rampanti. E attraverso le storie di questi personaggi, la lettura mi ha condotto in una serie di riflessioni sull’umanità, sulla famiglia, sulla colpa e sul perdono: mi sono arrabbiata, mi sono sentita frustrata e svuotata, persa e smarrita e ho pianto, per le conseguenze delle azioni, per i disegni atroci che la vita tratteggia, per la credibilità che questa storia ha. Grace e Shawn, le due voci principali di questo romanzo che parla di attualità e società, sono personaggi che colpiscono, la prima costretta a rivedere tutto ciò in cui crede e forse per la prima volta costretta a guardarsi davvero in faccia, ad assumersi la responsabilità della persona che è e che vuole essere, il secondo è un pilastro per la sua famiglia, un uomo che ha sbagliato da ragazzo ma che ha sempre risposto quando la famiglia lo ha chiamato, un uomo che ha sacrificato tutto e continua a farlo per le persone che amano. E’ un uomo che credeva di aver superato – ammesso si possa farlo – la rabbia per l’atto violento, per la morte senza senso di sua sorella, divenuta forse suo malgrado emblema di una società complessa, e invece si scopre ancora pieno di rancore, di rabbia, di angoscia, e deve capire cosa fare di questo coacervo di sentimenti pulsanti. E accanto a loro personaggi secondari ma altrettanto ben tratteggiati e capaci di avere voci credibili e ben orchestrate per raccontare una storia di tensioni sociali e famigliari, di morte e lutti da affrontare, una storia di appartenenza e di famiglia. Il ritratto che l’autrice fa emergere è quello di una città piena di incertezze in un momento storico in cui la lotta per i diritti è quantomai necessaria e fondamentale.

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