Review Tour: Murderbot- I diari della macchina assassina

Review Tour: Murderbot- I diari della macchina assassina

Buongiorno, lettori! Oggi Review Tour dedicato al volume Murderbot – I diari della macchina assassina, scritto da Martha Wells ( traduzione di Stefano A. Cresti) ed edito da Mondadori, nella collana Oscar Fantastica. Il volume è disponibile dal 1 settembre; ringrazio la Casa Editrice per questa lettura.


Ogni aspetto dalla vita è dominato dalle grandi corporazioni, missioni interplanetarie comprese: è la compagnia, infatti, che le gestisce, rifornendole di tutto il necessario. “Tutto il necessario” comprende anche gli androidi di sorveglianza, che tutelano l’incolumità delle squadre d’esplorazione. Ma in una società in cui i contratti vengono aggiudicati al miglior offerente, la sicurezza non è esattamente in cima alla lista delle priorità. E così può capitare qualche imprevisto. Per esempio qualcosa di strano succede su un lontano pianeta, dove alcuni scienziati stanno conducendo rilievi sulla superficie, convinti che l’Unità di Sicurezza con componenti organiche fornita dalla compagnia vegli su di loro. Murderbot, però, è riuscita a hackerare il proprio modulo di controllo, e si è accorta di avere accesso ai file multimediali di tutti i canali di intrattenimento. E così preferisce di gran lunga passare il suo tempo tra film, musica, serie tv, libri, giochi, piuttosto che dedicarsi a quegli incarichi noiosi e ripetitivi che non lasciano spazio al suo libero arbitrio. Dotata di una sensibilità tutt’altro che meccanica, Murderbot inizia un avventuroso viaggio alla ricerca di sé che la porterà a scoprirsi assai diversa da quello che i suoi protocolli avrebbero previsto.


Questo volume raccoglie i romanzi brevi Allarme rossoCondizione artificialeProtocollo ribelleStrategia di uscita. Protagonista principale è Murderbot, la SecUnit che ha hackerata il suo modulo di controllo ed è appassionata di serie, di intrattenimento, grazie ad un accesso pressoché illimitato ai file multimediali! Ironica e divertente, sin da subito Murderbot è riuscita a conquistarmi e convincermi grazie ad una caratterizzazione e ad una intensa evoluzione del suo personaggio: apparentemente cinica e disinteressata verso le faccende umane, in realtà scoprirà quanto sia, nel suo caso, vero il contrario. Chiaramente, “sentire” come gli umani comporta diversi problemi a livello sociale ed etico: il mondo futuristico in cui vive, infatti, non considerata i robot ed i costrutti come qualcosa di umano, e anche Murderbot è stato assemblato, a poco prezzo, per essere appunto una macchina assassina, capace di incutere terrore, o quantomeno di non mettere troppo a proprio agio gli umani.

Murderbot stabilisce sin dalle pagine iniziali un contatto diretto con il lettore, a cui parla talvolta in modo diretto e si racconta: è lei stessa a considerarsi pericolosa, e si sottrae di proposito ad interazioni con gli umani che deve per contratto proteggere dal momento che non si sente sufficiente sicura di se stessa. E come potrebbe, dal momento che ha dei dubbi su alcuni eventi del suo recente passato? Sospetta che la sua memoria sia stata manomessa, i suoi ordini alterati, spingendola ad uccidere, a massacrare barbaramente proprio come una macchina assassina. Eppure, sia Murderbot che il lettore riescono ad intravedere i tratti di umanità, di sensibilità che possiede e che portano a mettere in dubbio che sia stata proprio lei l’artefice di quel massacro. La tematica della ricerca delle proprie origini, del proprio passato, dell’accettazione di se stessi è centrale nei vari romanzi: Murderbot vuole sapere chi è davvero, cosa ha fatto, ed è disposta a tutto per farlo. Andare a ritroso nella propria storia personale però ha dei limiti intrinseci alla sua condizione che solo l’interazione con gli umani possono aiutarla a superare: nel suo mondo, senza contratto valido, tante cose le sono precluse, ed ecco che Murderbot deve trovare dei clienti. Ma clienti equivale a dire domande, ipotesi, coinvolgimento! Sarà grazie ai suoi clienti che Murderbot scoprirà un caso di spionaggio aziendale, tra le varie cose. Nei racconti brevi, Murderbot si troverà coinvolta in avventure pericolose, in sabotaggi, in tradimenti e interazioni con navi dotate, chi più chi meno, di intelligenza: in particolare ho amato il rapporto con ART, alias Astronave Rompipalle di Trasporto)!

Tra navi di trasporto sarcastiche, resti alieni, e uno sguardo peculiare sul genere umano, scopriamo una macchina assassina decisamente umana, che spesso maschera e nasconde un bisogno di sentirsi accettata, di poter provare quei sentimenti e quelle emozioni che terrorizzano anche gli umani stessi. Il mondo che fa da cornice ai viaggi e alle scoperte di Murderbot ricalca ovviamente un periodo del futuro, iper- tecnologico, dove una misteriosa compagnia gestisce gran parte della società: dal momento che vediamo solo il punto di vista della macchina assassina, sappiamo relativamente poco della situazione planetaria (sappiamo, però, come Murderbot vede gli umani!). Gli umani hanno bisogno di protezione e sicurezza, motivo per cui sono nate le SecUnit, composte da parti organiche e inorganiche.

Ci sono stati alcuni dettagli inerenti la strutturazione del mondo creato che mi hanno generato qualche dubbio, e che avrei preferito fossero più approfonditi, ma nel complesso ho apprezzato tanto l’ambientazione futuristica e tecnologica e soprattutto la stratificazione psicologica del personaggio principale. La sua evoluzione e la sua crescita, la sua ironia, il suo conflitto interiore tra l’apparente disinteresse per gli umani e il suo desiderio di aiutarli, che spesso maschera con obbligo contrattuale, me l’hanno resa simpatica! Inoltre, Murderbot, forse suo malgrado, diviene il simbolo di un’apertura verso una maggior inclusione nella società dei robot, verso il riconoscimento della loro cittadinanza. Lo stile è scorrevole e coinvolgente e ha reso la lettura davvero piacevole.

Avevo delle opzioni tra cui scegliere e non dovevo per forza decidere subito. Il che era un bene, perché ancora non sapevo cosa volessi veramente. Forse, però, avevo trovato un posto dove stare finché non l’avessi capito. 

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