Review Tour: Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente

Review Tour: Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente

Buongiorno, lettori! Oggi Review Tour dedicato ad una delle uscite più attese del 2020: il prequel della fortunata serie Hunger Games. Sto parlando di Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente, scritto da Suzanne Collins ( traduzione di Simona Brogli), edito da Mondadori e disponibile dal 19 maggio. Ringrazio la Casa Editrice per questa lettura in anteprima!

TRAMA

L’AMBIZIONE LO NUTRE, LA COMPETIZIONE LO GUIDA, MA IL POTERE HA UN PREZZO

È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games. A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi. I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.

Coriolanus Snow è uno degli ultimi membri, insieme alla cugina Tigris, della potente e influente famiglia Snow, caduta tristemente in rovina dopo le vicende terribili della guerra che ha coinvolto tutta Panem e che ha visto contrapporsi Capitol City ai ribelli dei distretti. Crassus, il padre di Coriolanus, era un generale e ha perso la vita proprio a causa di un ribelle, mentre la madre del ragazzo è morta di parto, portandosi via la vita di una sorella mai conosciuta, pagando il prezzo alto che la guerra richiede, privando la gente di cure mediche e di tante altre cose; Coriolanus è cresciuto quindi con la signoranonna e la cugina, in una famiglia che ha conservato soltanto il prestigio di un nome, di fatto non adatto a sfamare, a vestire, a farli sopravvivere. Eppure, quel nome, per Coriolanus significa tutto ed è tutto: rappresenta il suo unico lasciapassare per un tentativo di futuro. Dotato di un incredibile fascino, che usa in ogni occasione, potremmo definire Coriolanus un sopravvissuto, termine che probabilmente non gli piacerebbe affatto … e sono tante le parole che a Coriolanus non vanno giù: orfano, ad esempio, escluso, povero, insignificante. Coriolanus trasuda ambizione da ogni poro, voglia di emergere e primeggiare, desiderio di rivalsa verso un destino che sembra essergli avverso; i suoi modi eleganti, raffinati, educati vengono usati, a seconda della situazione, come un’arma di difesa o come un’arma di attacco. Sembra sempre prevenire le mosse altrui e rispondere di conseguenza, grazie ad un notevole autocontrollo e alla fine osservazione che compie delle situazioni e delle persone; chi gli sta di fronte, deve capire alla svelta se Coriolanus può diventare un suo alleato o nemico … prima che sia il ragazzo stesso a deciderlo.

All’alba dei Decimi Hunger Games, testimonianza dura della forza di Capitol City sui Distretti ribelli, gli Strateghi decidono di movimentare la situazione per renderla più coinvolgente; gli Hunger Games precedenti, di cui intuiamo solo vagamente la portata e gli esiti, devono subire un processo di rinnovamento e chi meglio dei migliori studenti dell’Accademia per assolvere a tale compito? Sono il fior fiore della società che conta – ovviamente quella di Capitol City; figli di personaggi influenti, tra cui spicca anche qualche nome il cui lignaggio è stato comprato con affari e soldi, come i Plinth, provenienti dal Distretto 2, vengono chiamati a diventare i primi Mentori dei Tributi, e incoraggiati a proporre idee per rendere lo spettacolo più accattivante. Coriolanus è ovviamente uno degli studenti migliori ma, nonostante il prestigio del suo nome, viene assegnato all’ultimo Distretto, il dodicesimo, e per giunta viene abbinato alla ragazza, Lucy Gray. Le sue probabilità di vincere e ottenere un premio che gli permetta di tirare il fiato rispetto alle condizioni economiche disastrose degli Snow, si riducono drasticamente. Coriolanus non crede nemmeno per un attimo che l’abbinamento sia dettato dal caso, anzi sa benissimo che certi meccanismi di potere dipendono dai soldi, che lui non ha, tuttavia non immagina proprio perché il decrepito decano sembra gongolare della sua situazione. E nessuno ha previsto che Lucy Gray si riveli essere una ragazza affascinante, un’artista dalla voce meravigliosa che incanta il suo pubblico, e anche Coriolanus, il quale pensa subito a come sfruttare a suo vantaggio le doti della ragazza. Pian piano, anche gli altri mentori iniziano a cercare di tirare fuori il meglio dai loro tributi, denutriti, affamati da Capitol City, scheletrici, deboli, umiliati. Qualcuno dei mentori metterà in dubbio la correttezza, la moralità di tale trattamento: i tributi vengono esposti in uno zoo, tenuti in catene e in gabbia, picchiati, derisi. Come può questo essere un monito? Come può Capitol City risplendere attraverso tali gesti?

La politica è una questione complessa a Panem, ed il romanzo cerca, anche in modo brutale, di farci comprendere come Capitol City sia arrivata ad essere la potenza che controlla e minaccia, neanche velatamente, i Distretti; e quale minaccia migliore che uccidere i propri ragazzi, il futuro, in modo terribile, denudandogli della propria umanità? E’ questo che la dottoressa Gaul, capo Stratega – in tanti sensi – tenta di far capire a Coriolanus: cosa facciamo quando siamo portati oltre il nostro limite? Quando non esiste più decoro, chi definisce la legalità e la moralità? Una lezione difficile da far arrivare, a meno che non la si provi sulla propria pelle nel peggiore dei modi, e Coriolanus non solo sperimenterà in prima persona tutto questo ma ne diverrà abile allievo, e poi maestro.

La trovata di abbinare rampolli dell’Accademia ai tributi si rivelerà complicata ma interessante per la lezione che la Gaul vuole impartire; affetti, dubbi etici, strategia e manipolazione, emergono come un fiume in piena, travolgendo sia i mentori, sia i tributi, sia il pubblico, in un crescendo di contrapposizione tra la ferocia dell’arena e le atmosfere mondane della trasmissione televisiva. Panem è un mondo in cui il conduttore può dimenticare il nome di un tributo la cui vita è appena stata falciata e contemporaneamente lodare l’idea di una dottoressa di mandare ai tributi in regalo terrificanti serpenti ibridi e velenosi. Panem è il luogo in cui non si può provare emozione per un tributo considerato alla stregua di un animale, eppure, come si fa a non provare rabbia contro un mondo che ha bisogno di questo per ottenere il controllo e il potere? Come non si può soffrire? O addirittura come non si può provare amore per un tributo che dovrebbe essere diversa da Coriolanus, figlio prediletto dell’Accademia dal futuro radioso, e invece sembra comprendere l’intima essenza di un ragazzo solo? Orfano, un’altra parola che Coriolanus detesta. Eppure, egli è orfano non solo dei suoi genitori ma di tante altre cose che la guerra gli ha tolto. La storia è filtrata dal suo punto di vista ma è frequente chiedersi quanto Coriolanus stia manipolando persino il suo lettore, convincendolo della giustezza delle proprie azioni discutibili, quanto si nasconda dietro una maschera di perfezione, di correttezza, per non mostrare la sua ambizione cieca, il suo egoismo forse derivato dagli stenti della guerra, forse ereditato, forse semplicemente suo, o quanto Coriolanus stia ingannando se stesso.

La narrazione, coinvolgente e serrata nel tipico stile dell’autrice, segue le vicende personali, private di Coriolanus, i suoi affetti, le sue relazioni intepersonali e al contempo ci permette di osservare gli Hunger Games da una prospettiva inedita, sia perché stanno prendendo forma gli Hunger Games che successivamente Katniss affronterà, sia per il punto di osservazione che si sposta dall’arena al dietro le quinte, diciamo; scopriamo qualcosa in più, anche se non troppo, sulla guerra e sulla ricostruzione di Capitol City, segnata da ferite profonde cui risponde con violenza e con il pugno di ferro. E’ un romanzo intriso di politica e di riflessioni sociali, personaggi ambivalenti, rancori antichi, e un canto che inizia a perseguitare Coriolanus. Dapprima affascinato dalla voce e dalle parole cantate da Lucy Gray, poi il disincanto, e l’odio per le ghiandaie chiacchierone e imitatrici che diventano il simbolo dei ribelli, ai suoi occhi, una minaccia che si nasconde, si mimetizza, trama nell’ombra per colpire.

Ho quasi creduto, sperato fino alla fine che Coriolanus diventasse altro, che davvero fuggisse da quel destino che sappiamo collegarlo alla repressione dura degli anni successivi, ma lui è quello che è, frutto di quella società, non potrà capire Seianus né Lucy Gray, anche se la sua vita è stata dominata dalla povertà post-bellica, Coriolanus è un cittadino di Capitol City.

E in fondo, è uno Snow … e

Gli Snow si posano in cima, come la neve.

Tra personaggi interessanti, travagliati, scomodi, tra segreti e rivelazioni, torniamo nel mondo degli Hunger Games da una prospettiva diversa, che getta le basi per la storia che conosciamo.

Il vento e la pioggia avrebbero forse lavato via le macchie di sangue, Capitol City no.

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