La quinta stagione ( La terra spezzata vol.1)

La quinta stagione ( La terra spezzata vol.1)

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo La quinta stagione (traduzione di Alba Mantovani), primo volume dell’acclamata trilogia La terra spezzata, scritta da N.K. Jemisin, ed edita da Mondadori, nella collana Oscar Fantastica. L’autrice ha vinto il prestigioso premio Hugo nella categoria Miglior romanzo per tutti e tre i volumi della trilogia.

TRAMA

È iniziata la stagione della fine. Con un’enorme frattura che percorre l’Immoto, l’unico continente del pianeta, da parte a parte, una faglia che sputa tanta cenere da oscurare il cielo per anni. O secoli. Comincia con la morte, con un figlio assassinato e una figlia scomparsa.Comincia con il tradimento e con ferite a lungo sopite che tornano a pulsare.

L’Immoto è da sempre abituato alle catastrofi, alle terribili Quinte Stagioni che ne sconquassano periodicamente le viscere provocando sismi e sconvolgimenti climatici. Quelle Stagioni che gli orogeni sono in grado di prevedere, controllare, provocare. Per questo sono temuti e odiati più della lunga e fredda notte; per questo vengono perseguitati, nascosti, uccisi; o, se sono fortunati, sono presi fin da piccoli e messi sotto la tutela di un Custode, nel Fulcro, e costretti a usare il loro potere per il bene del mondo.  È in questa terra spezzata che si trovano a vivere Damaya, Essun e Syenite, tre orogene legate da un unico destino.

Prendetevi il vostro tempo per entrare nel mondo dell’Immoto, per scoprire e familiarizzare con una magia originale e una terminologia unica, per entrare nell’incredibile fantasia di un’autrice che, personalmente, mi ha rubato il cuore. La storia che ci narra è complessa, profonda, sconvolgente. Non vi nego che in alcuni punti ho letto le avventure delle tre protagoniste con gli occhi velati di lacrime, per il dolore, per la sofferenza, per la rabbia ma, soprattutto, per le implicazioni di alcuni gesti. E’ un romanzo, in definitiva, che mi ha emozionato; l’autrice è riuscita, pur parlando di un mondo fantastico, a farmi ragionare sul nostro mondo, reale e vicino.

Tante le tematiche che ho ritrovato tra le righe di queste pagine, prima su tutte, l’eterna lotta tra Uomo e Terra, qui nell’originale coniugazione al maschile diventa Padre Terra, ferito e arrabbiato con gli immoti, con le specie precedenti, che lo hanno tradito, macchiato, ucciso. E la Terra trova un modo per ribellarsi, per farsi sentire ( o sensire, come la capacità che hanno gli orogeni, di entrare in contatto con l’energia termale e cinetica legata al sottosuolo). Chi sono allora questi orogeni, dotati dell’orogenia, capaci di manipolare gli eventi sismici? Una piaga? Dei mostri? Delle proprietà? Schiavi? Questo potere è un dono o una maledizione? Come a dire: essere diversi, dotati di un tratto distintivo, può permettere a tutti gli altri di etichettarli come pericolosi? Nel mondo dell’Immoto, non solo è giusto ma anche severamente regolamentato: praticamente, quasi ogni cosa negativa viene attribuita ad un Orogeno (o rogga, termine dispregiativo) e al suo potere incontrollato; motivo per cui è nato, nel cuore della città di Yumenes, il Fulcro, unico posto in cui gli orogeni vengono addestrati … o controllati? Attraverso lo sguardo di tre voci uniche, che rimarranno nel cuore del lettore, seguiamo la vita nell’Immoto: Damaya, venduta a un prezzo irrisorio da una famiglia che presto dimentica di avere, Seyenite, ambiziosa quattro anelli del Fulcro mandata in una missione con un dieci anelli fuori dal comune, ed Essun, moglie e madre, che deve pagare il prezzo della sua discendenza. Un viaggio incredibile, un affresco di personaggi e di storie raccontate con uno stile ammaliante, netto, talvolta talmente crudo da fare male.

L’autrice crea un universo capillarmente articolato: dall’architettura, al tessuto sociale, alla lingua, religione, contesto politico e geografico, la Jemisin non tralascia nessun aspetto di una storia tesa tra fantasy e fantascienza. L’Immoto, e già la scelta di questo nome mi ha personalmente colpita, ha un suo passato, un suo presente ma non si sa se avrà un futuro. Il narratore ci avvisa sin da subito che è una storia di fine, ma cos’è la fine? La morte? La rinascita? Una nuova consapevolezza?

E chi è il narratore?

Addentrandoci nelle storie delle tre protagoniste non solo scopriremo il sostrato culturale e sociale dell’Immoto ma impareremo ad amare e odiare personaggi, comportamenti, atteggiamenti, declinati in un mondo fantastico, eppure tremendamente reali. La perdita, l’accettazione di sé, la vendetta, il dolore, la paura, la curiosità: in questo romanzo ho trovato un caleidoscopio di emozioni vasto e ricco. Le tre protagoniste affrontano la crescita, affrontano i loro demoni in un mondo che sta cambiando e che le ha cambiate in modi che loro stesse non si aspettavano: può una vita essere così piena? Così carica? Oltre, ovviamente, all’aspetto evolutivo ed interiore dei personaggi, magistralmente affrontato da un’autrice che dimostra una grande attenzione alla psicologia interna e alla questione femminile, l’elemento fantasy è prominente, trasborda da ogni rigo, intriga, cattura. E’ qualcosa di nuovo che viene costruito con cura e dedizione: l’Immoto è prossimo alla fine. Di cosa è capace Damaya? E Seynite? Cosa significa il suo legame con gli strani obelischi, in un mondo abituato ad essere frammentato e ricostruito e a portare i segni di civiltà del passato? Cosa è disposta a fare Essun per la sua famiglia?

Mi sono arrabbiata, ho urlato, ho pianto, sono stata con il fiato sospeso, ho sogghignato ed esultato; ho combattuto soprusi, ho visto il mondo tremare, ho sofferto e gioito. Quando leggo una pagina, una scena, un passaggio, e presagisco dove l’autrice mi voglia portare, immagino la sofferenza che proverò, il tormento, il dolore empatico con una madre costretta a un gesto estremo per salvare chi ama, e resto lì, immobile e silenziosa, tesa tra l’angoscia di concludere la scena, di vederla davvero, e il desiderio di cambiarla, per me significa che una storia, un romanzo ha centrato l’obiettivo di rapirmi. Sicuramente lo stile, le scelte linguistiche dell’autrice, hanno bisogno di qualche capitolo per risultare più chiare e tante sono le domande che permangono dopo l’ultima pagina; aspetto con ansia il seguito per ritrovarmi nell’Immoto a combattere e ad emozionarmi.

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