L’azione

L’azione

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo L’azione, scritto da Sara Mannheimer ( traduzione di Deborah Rabitti) ed edito da Safarà Editore che ringrazio per la copia.


Una donna vaga per le stanze della sua casa, affascinata prigioniera di un’immensa biblioteca che contiene una collezione completa della letteratura di tutti i tempi. Le stanze ricolme di lussureggianti scaffali si susseguono infinite, i dorsi dei libri rivolti contro di lei: un luogo spaventoso e invitante. Magia e realismo si intrecciano nella scrittura poetica e leggera di Sara Mannheimer, che riesce a rappresentare la fragilità spesso ben celata della vita quotidiana cancellando il confine sottile tra realtà e immaginazione in una prosa che dispiega il potenziale di infiniti universi narrativi. Sarà infine il dolore segreto della protagonista a essere la chiave di interpretazione del suo ostinato e furioso leggere: le linee nette tra vita e finzione diverranno sempre più sfocate, per aprirsi infine alle possibilità più indisciplinate e sorprendenti del connubio tra vita e letteratura.


Una Casa dalle tante stanze, un’iniziazione non ben definita, una donna che vaga tra un dentro e un fuori, metaforici e non. Una scrittura onirica, fluttuante come la sua protagonista a tratti quasi senza corpo, figura che slitta, che sguscia, eterea e fanciullesca, a tratti angosciata e angosciante voce che parla di una morte inevitabile, di uno scrigno da conservare e custodire dal contenuto misterioso fatto di potenzialità e di “non-ancora”. Che cosa rappresenta la Casa? Un luogo a cui tornare o una prigione? E queste stanze che cosa sono? Parti di sé proiettate al di fuori o qualcosa nato dal bisogno di controllare e nominare questi spazi comuni? La donna e l’uomo si incontrano in una Stanza di Mezzo, e sembra quasi un incontro fortuito, una convivenza sfiorata quando invece è una relazione, con tutte le sue difficoltà. I due parlano soprattutto di libri, discutono di scrittura, di letteratura, di filosofia, ponendosi domande complesse ed esistenziali; una stanza in particolare diventa fondamentale per la donna, la Biblioteca, coi suoi Dorsi, con il suo Libro del Principio che deve leggere e comprendere, per far cosa non è ben chiaro, come non è chiara la figura di iniziato di cui si parla, ruolo a cui la donna aspira. Forse questa lettura potrà aprirle le porte e trasformarla in iniziato ma ecco, il testo è complicato, seppur breve, è oscuro, deve quasi imporsi di leggerlo e quando lo fa spesso e volentieri divaga dalla lettura, di perde e si distrae. Finirlo però è doveroso, è un bisogno quasi fisico della protagonista. Come se leggere la iniziasse ad un culto sacro, a un circolo di eletti in cui sentirsi compresa e accolta, qualcosa di cui far parte. Quello che è certo è che la donna ha una natura duale e ambivalente, per sua stessa ammissione: i suoi pensieri sono mutevoli, cangianti, passano dalla mestizia all’euforia. Si fa tante domande, sugli altri, sul mondo esterno, sulla vita e su se stessa e si pesa sempre come mancante, inadeguata, come quando al Circolo di introduzione ai “testi originali della nostra cultura” cui si iscrive , si chiede perché nessuno abbia riso alla sua presentazione come successo agli altri. Forse deve lasciar stare, ma c’è sempre quel suo proposito a pungolarla.

I propositi della mia meta finale, conquistare tutta la conoscenza e tutta la mistica racchiuse nelle polpe dei libri, non sono inevitabilmente condannati al fallimento?

I libri sono qualcosa di importantissimo per lei: lettrice o forse anche scrittrice del suo romanzo, la venticinquenne ha un corpo senziente, concreto, che vive e si muove in uno spazio esterno ed interno, e che, soprattutto, è un corpo sofferente. Un corpo lacerato raccontato con un lirismo toccante nel momento della perdita devastante che la colpisce, che la spoglia di parole e gesti: un corpo che lei crede di aver avvelenato con quell’iniziale rifiuto del seme del futuro ( un’immagine che mi è rimasta impressa per la sua forza emotiva). E la perdita, la mancanza, quel nascondersi di Máram, suo compagno, alla “vita vera”, la portano ad un’invidia verso la vita di una coppia che conosce e che legge come facile e naturale, mentre la sua sembra sempre velata di inquietudine, di quel senso di catastrofe che la abita. Colpa e paura di restare sola si mescolano in lei, nutrono lo scrigno, lo “zero interiore”. ” Ma come fai a essere tranquillo quando tutto è in fiamme?”, gli chiede. Lei non riesce a riprendersi, passa i giorni a letto leggendo poesia, in un circolo distruttivo perché amore e dolore, rabbia e risentimento, si fondono assieme, e non c’è distanza giusta che possa proteggerla da ciò che sente, dal vuoto. La ferita si cicatrizza come può ma nella sua intimità, la donna cuce un “tessuto” per la sua perdita a cui dà un nome, a cui dà una storia, e lo scontro con il reale è devastante, delirante, uno scherzo macabro del destino che le si accanisce e le sottopone un conto alto da pagare. Una poesia contro una realtà, un sogno covato e richiuso in uno scrigno contro un pianto acuto e vivido, concreto.

Questo è sicuramente un romanzo complesso, da approcciare con cautela e con un atto di sospensione del giudizio per addentrarsi nella storia, nella Casa e cercare un filo – come quelli di cui parla la protagonista – per comprendere; la scrittura è poetica, lirica, ma al tempo stesso oscura, a tratti chiusa in se stessa seguendo il corso di pensieri che affondano le proprie radici nella filosofia e nel surrealismo, in associazioni mentali da seguire così come domande, suggestioni. Un romanzo che trova la sua chiave di lettura, a mio avviso, nella penultima parte di cui si compone ( le parti sono chiamate come le stagioni, mi riferisco a Primavera), dove il dolore di una donna diventa ruggito, l’assenza ha il suono di un pianto mai nato, e forse la sola consolazione è in questi Dorsi dalla polpa attraente, alcuni più comprensibili, saltano agli occhi della protagonista, altri inaccessibili, non si fanno toccare, come se godessero di una vita propria, di un’anima capace di schiudersi o nascondersi, di una volontà.

Scrigno nel corpo, corpo nella Casa, Casa nel palazzo, palazzo nel paese, paese nel paesaggio, paesaggio nel mondo, mondo nello spazio, spazio nell’eternità, come le filastrocche che ci recitavamo alla velocità della luce alle elementari.

Condividi:

Leave comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *.