Pandora
Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Pandora, scritto da Susan Stokes-Chapman (traduzione di Massimo Ortelio), ed edito da Neri Pozza Editore, che ringrazio per la copia.
VI È SEMPRE UNA RAGIONE PER CUI UNA PORTA È CHIUSA. Londra,1799. Un tempo rinomato, l’Emporio di Antichità Esotiche dei Blake, racchiuso fra un caffè e la bottega di un merciaio, ha da offrire soltanto opere contraffatte, armature scalcagnate e ninnoli privi di valore da quando è finito nelle mani di Hezekiah Blake dopo la tragica morte di suo fratello Elijah. Stimati archeologi e collezionisti, Elijah Blake e sua moglie Helen sono rimasti uccisi dal crollo di uno scavo in Grecia. L’incidente ha lasciato illesa Pandora, la figlia della illustre coppia, ma ha determinato la sciatta decadenza dell’Emporio, rapidamente divenuto una bottega di polverose cianfrusaglie nelle mani sbagliate di Hezekiah. Gli anni sono passati e Pandora, detta Dora, è ora una giovane donna che sogna di diventare un’artista orafa. Un sogno che lei coltiva con caparbietà mentre trascorre le sue ore nell’Emporio in cui l’inettitudine e l’oscura attività dello zio trascinano sempre più il nome dei Blake nell’infamia e nell’oblio. Un giorno, di ritorno al negozio, una scena spaventosa si schiude davanti agli occhi della ragazza: di fronte all’Emporio giace, ribaltato, un carro. Il cavallo, sdraiato sul fianco, sembra illeso, Hezekiah, invece, è intrappolato sotto l’animale. Attorno a lui tre uomini malvestiti, con il terrore negli occhi e l’odore salmastro dei marinai addosso, armeggiano e imprecano alla scalogna mentre fissano una cassa incrostata di molluschi rimbalzata sul selciato. Nei giorni successivi Hezekiah, malconcio e sospettoso, chiude la cassa a chiave nello scantinato e vieta alla nipote di accedervi. Che cosa c’è in quella cassa? Perché Hezekiah è impallidito quando la nipote glielo ha domandato? E per quale motivo ordina a chiunque di non mettere piede nello scantinato? Incapace di tenere a freno la curiosità, Dora si avventura nello stanzino buio e umido per imbattersi in qualcosa che cambierà per sempre la sua vita. Ambientato nella Londra georgiana, in cui splende l’astro del neoclassicismo e si diffonde l’irresistibile attrazione per il mondo antico, Pandora è un avvincente mystery tradotto in numerosi paesi e acclamato dai lettori, catturati da una scrittura capace di ricreare in ogni dettaglio lo spirito di un’epoca affascinante e di una storia d’amore e di inganni, di segreti e speranze.
E’ il gennaio del 1799 in una Londra fredda e gelida: Pandora Blake, detta Dora, ha ventuno anni, vive in un abbaino, è sola, il suo unico amico è Hermes, una strana gazza che si è lasciata addomesticare dalla ragazza. I suoi amati genitori, archeologi e collezionisti, sono morti quando lei aveva otto anni, in Grecia, terra natale di sua madre Helen, proprio durante uno scavo e da allora Dora è costretta a dividere casa e bottega con lo zio Hezekiah, un uomo grasso, che da subito mi ha suscitato sensazioni negative. Un uomo che approfitta in tutti i modi della situazione: ex cartografo, cinquantenne, ha ottenuto la custodia sia della nipote – che considera un inutile peso – che del negozio, un tempo fiore all’occhiello dei coniugi Blake e della Londra bene, ora un bugigattolo stipato di patacche e falsità che Hezekiah cerca di spacciare per vere ai pochissimi clienti. La polvere, che la governante Lottie dovrebbe togliere, si è accumulata sui mobili e le anticaglie, e Dora, un tempo convinta che in Lottie avrebbe trovato una figura di riferimento e invece costretta a lasciare la sua stanza per trasferirsi nell’isolato e freddo abbaino, alterna momenti in cui è costretta dallo zio a stare in negozio, a momenti in cui sogna la sua vita futura. Perché Pandora ha ereditato dalla bellissima madre la creatività: disegna benissimo e in particolare sogna di realizzare gioielli. Nel suo abbaino e grazie all’aiuto della gazza Hermes, crea composizioni che spera di poter rivendere e guadagnare così la sua libertà; lo zio, infatti, se pure non apertamente violento, non perde occasione per rimarcare il disprezzo verso i suoi genitori e per estensione verso di lei. Negli ultimi tempi, inoltre, ventila strane ipotesi: vendere il negozio e la casa. Ma di Dora cosa ne sarà?
Pandora però è pietrificata, impantanata in un’epoca nella quale le donne non hanno tanto margine di autonomia e libertà; senza soldi, sola, dove potrebbe andare? Tutto per lei cambia quando scopre nello scantinato proibito un manufatto di bellezza inaudita, un pìthos greco a cui lo zio sembra tenere particolarmente. Cosa rappresenta per lui? Cosa vuol farne? Per Pandora si apriranno una serie di strade che si intrecciano con quelle del giovane Edward, aspirante membro della Società degli Antiquari. Tra intrighi, segreti, ambizioni, nuovi amori e amori mai corrisposti, l’autrice con una prosa semplice e diretta, ci guida in una Londra georgiana d’effetto alla ricerca di risposte e del riscatto della giovane protagonista. Tenacemente, infatti, Dora è un personaggio in evoluzione, costretta in una vita svilente e umiliante, improvvisamente, grazie all’amicizia di Edward e alla scoperta di questo vaso dai disegni mirabolanti, esce dal suo guscio, acquista consapevolezza, pur senza snaturarsi mai del tutto come carattere. Il suo talento viene riconosciuto e Dora intuisce cosa significhi essere padrona della propria esistenza, ma a che prezzo? Scoprire la verità su ciò che è accaduto ai suoi genitori non è qualcosa che le interessava particolarmente perché Dora ha adottato una filosofia di vita diversa, incentrata a cavarsela giorno dopo giorno, relegando i sogni a qualcosa di marginale a fronte di una vita grama e solitaria. Ma la verità è qualcosa che emerge dal passato come il famoso vaso che trova e da quel momento Dora, anche volendo, non può ignorarla: ascoltarla, la cambierà per sempre.
Il vaso porta con sé una dose di mistero, oltre che essere ammantato di un fascino oscuro: c’è addirittura chi sostiene che sia maledetto … Impossibile da datare, che sia davvero il vaso del mito? Ma il mito è reale o pura fantasia, racconto, credenza popolare?
Il personaggio che più ho apprezzato è stato proprio quello di Pandora perché mi è piaciuto il modo in cui, pagina dopo pagina, pur con le sue fragilità e i suoi dubbi, la protagonista riesca ad alzare la testa, a guardare in faccia il suo passato e affrontarlo, e come riesca ad appropriarsi del suo destino; tra i personaggi secondari, a mio avviso, ci sono alcuni più e alcuni meno riusciti. Edward mi è sembrato perennemente teso tra ambizione e moralità, anche nei modi, come Dora nota, appare talvolta scostante; mentre lo zio e Lottie sono due personaggi che, pur nelle loro meschinità, mi sono sembrati coerenti e ben contestualizzati.
Lo stile di scrittura è diretto, i capitoli sono brevi e la lettura risulta scorrevole, pur essendo riuscita a intuire in modo abbastanza prevedibile la direzione di alcune trame e avendo trovato alcune scene e tematiche piu’ moderne rispetto al contesto storico dipinto.