I Greenwood

I Greenwood

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo I Greenwood, scritto da Michael Christie ( traduzione di Fabio Zucchella) ed edito da Marsilio Editori che ringrazio per la copia.


Jacinda “Jake” Greenwood lavora come guida naturalistica e accompagna ricchi turisti appassionati di ecologia a visitare le rigogliose foreste di un’isola della British Columbia, che curiosamente – una coincidenza? – porta il suo nome. Senza radici e senza una famiglia alle spalle, un giorno Jake entra in possesso del diario della nonna, un aiuto inatteso che le permette di ricostruire il suo passato. Come se percorresse la circonferenza di un albero secolare, un cerchio dopo l’altro, è finalmente in grado di attraversare il tempo che è stato, gli anni che si sono accumulati come fa il legno: strato su strato. Leggendo quelle pagine, Jake si rende conto che anche la sua esistenza poggia su strati invisibili, racchiusi nelle vite di quelli che l’hanno preceduta, nella serie di crimini e miracoli, casualità e scelte che ha portato a lei: ogni strato è la conseguenza di un altro, così come ogni successo e ogni disastro vengono conservati per sempre. Ripercorrendo a ritroso il Novecento, scoprirà che quello che unisce tutti i membri della dinastia dei Greenwood sin dal lontano 1908 – quando la stirpe mise radici in seguito allo scontro frontale tra due treni – è proprio il bosco. Con il loro pulsare silenzioso, gli alberi offrono rifugio, ma custodiscono anche delitti, decisioni estreme, rinunce ed errori. Imponente, trascinante e brillantemente strutturato come gli anelli concentrici di un tronco, I Greenwood mette in scena l’intreccio di menzogne, omissioni e mezze verità che segna le origini di ogni famiglia, un groviglio di segreti e tradimenti che ricade su quattro generazioni unite nel destino delle foreste del Canada.


Ma è naturale che esistano strani di vita antecedenti i propri, così come gli alberi sono tenuti in piedi da fasce concentriche successive, da anelli intorno a cui si accumulano altri anelli, anno dopo anno.

Che cosa ci rende membri di una famiglia? Che cosa ci definisce legati? Il sangue, il cognome, la discendenza, le radici: che cosa significa essere parenti? Che cos’e’ una famiglia? Come nasce?

Jacinda “Jake” Greenwood è una dendrologa, gli alberi sono la sua grande passione: li ha sempre messi al primo posto, prima ancora di tutto, anche dell’amore a cui ha rinunciato; dopo il Grande Avvizzimento, succedaneo a devastanti cambiamenti climatici a cui gli alberi non sono riusciti a riadattarsi, il mondo è completamente un posto diverso. Le scoperte scientifiche non vengono più divulgate, ogni nazione cerca come può di proteggersi e c’è stata una vera e propria migrazione verso quei luoghi del mondo ancora intatti in un certo senso; Jake vive in uno di questi posti che grazie al suo microclima ottimale gode ancora di una delle ultime foreste vergini del mondo. La Cattedrale Arborea di Greenwood, situata sull’omonima isola. Per Jake è una ironica coincidenza che l’isola porti il suo stesso cognome, lignaggio di un padre che non ha mai conosciuto, lei doppiamente orfana e sola al mondo, che non si è mai interessata della storia della propria famiglia preferendole quella di alberi, con un debito economico enorme. In questa Cattedrale, nuova meta dei pellegrini, gente ricca che può ancora permettersi il lusso di un resort immerso nel verde e non respirare l’aria satura di polveri che sta lentamente ma inesorabilmente uccidendo il genere umano sulla terraferma, Jake fa la guardia forestale: non ha avuto scelta, gravata da un prestito universitario e sola al mondo. Indossa divisa e una maschera di finto entusiasmo e guida orde di pellegrini tra questi colossi verdi che lei ama con tutta se stessa e vorrebbe proteggere, fino al giorno in cui il passato – personale e famigliare – bussa alla sua porta. Forse, quel cognome non è così casuale come credeva …

Inizia così un racconto potente e magistrale che mi ha tenuta letteralmente incollata alle pagine: ripercorrendo a ritroso la storia del padre, della nonna, dei bisnonni e del prozio di Jake, l’autore ci mostra un mondo allo sbando, ma soprattutto una famiglia che cerca ossessivamente la propria identità, le sue radici così sparse e distanti. E’ un racconto di vite intrecciate, di destini avversi, di amori e tradimenti, di segreti e bugie, raccontata con una penna coinvolgente e capace di emozionarmi. La famiglia Greenwood nasce un pò per caso e nasce dal trauma della morte: due ragazzini si ritrovano orfani in un luogo a loro sconosciuto, dopo un deragliamento che miete tantissime vittime e risparmia solo questi due ragazzini, ammutoliti dal lutto, senza identità, accomunati solo da un nome ricamato su una giacca. Pian piano, sputano fuori nomi a caso: chi sono? Stanno ricordando? La gente del posto gli fa letteralmente estrarre a sorte tra quella fiumana di identità, il loro nome. Nascono – o meglio rinascono, Everett e Harris Greenwood, diversi fisicamente, caratterialmente, eppure fratelli. Isolati dalla comunità, crescono in una specie di capanno boschivo inaugurando una lunga di tradizione di rapporto simbiotico con gli alberi. Se Everett sembra più schivo, Harris, che viene scelto dalla comunità come l’unico dei due a ricevere un’istruzione, mostra un intuito imprenditoriale notevole: tagliano e vendono legna, i due fratelli, ma l’ambizione di Harris finirà per dividerli inesorabilmente creando una frattura che non si rimarginerà mai. Gli anni di lontananza hanno reso Harris scaltro e ricco, mentre Everett torna dalla guerra provato psicologicamente e con una dipendenza: le loro vite non potrebbero essere più distanti almeno fino a quando proprio Everett avrà bisogno dell’aiuto del fratello.

A caccia di linfa dai suoi alberi, Everett troverà ben altro: un fagottino, una bambina, e un diario. Se ne vuole sbarazzare ad ogni costo e cerca un posto in cui lasciarla ma ben presto capisce che la bambina è cercata con foga da Holt, spietato magnate, che la vuole per rivendicarla come sua erede seppure illegittima. Ma più di tutto, vuole quel diario, quelle parole che la madre della piccola ha inciso sulla carta e che potrebbero comprometterlo; è pronto a tutto per riavere più il diario che la bambina, ovviamente, costringendo Everett in una lunga fuga.

«Io sogno praticamente solo alberi» dice lui. «Alberi che conoscevo un tempo. Alberi che ancora non conosco. A volte mi aiutano, a volte invece mi cadono addosso. A volte li pianto, a volte li taglio. Ma sono sempre alberi. Penso che se mi scoperchiassi la testa ci troveresti dentro un grosso viluppo di radici, intricato e rigoglioso»

Nel suo viaggio, Everett che non si era mai permesso di affezionarsi a nessuno, non può evitare di essere protettivo e amorevole verso quel baccello ( “Pod” è il nomignolo che le da); troverà ostilità ma anche conforto e accoglienza specialmente nella fattoria di Temple e giungerà all’isola, a Greenwood dal fratello che lo crede morto. Harris sarà cambiato? Ma ognuno sta combattendo le proprie guerre private e una fitta rete di coincidenze e accordi trama alle spalle di tutti, come un destino inevitabile da cui è impossibile sfuggire, pur nascondendosi in una casa nel fitto della foresta. C’ è una disperazione quasi ereditaria in questi personaggi, in questi discendenti che non riescono ad essere famiglia:Harris, Everett, Willow, Liam, Jake. Destinati ad essere soli e solitari, a perdere tutto ciò che amano, a ritrovare solo nella corteccia legnosa degli alberi – sdraiati, bruciati, fatti a pezzi, intagliati, studiati, guardati con riverenza- uno scopo, un senso di appartenenza. Il loro fato è intrecciato agli anelli degli abeti Douglas, ai salici piangenti, agli imponenti silenzi della natura e alle decisioni scomode che prenderanno nella loro vita. Li rispettano o li disprezzano questi alberi? Sicuramente, ognuno dei Greenwood li considera parte integrante del loro essere umani, della loro identità; come dirà qualcuno a Jake, attribuiscono loro verbi umani, sensibili. Sono il loro dono e la loro maledizione.

Il legno è tempo catturato. Una mappa. Una memoria cellulare. Un registro.

Ognuna di queste storie, sapientemente costruita in modo da legarsi all’altra, mi ha trasportato altrove, in quei luoghi e in quelle vite: i personaggi sono ben caratterizzati e sono riuscita a entrare in sintonia con loro, emozionandomi per le loro perdite, percependo la loro profondità, il peso delle cose che non hanno potuto dirsi, le conseguenze delle scelte per cui molti di loro alla fine hanno avuto rimpianti. E se le cose fossero andate diversamente? E se Harris ed Everett non fossero stati cresciuti in quella comunità come selvaggi? Se entrambi fossero stati trattati in modo eguale, ricevendo la stessa educazione? Forse, tutto sarebbe andato diversamente e forse, ora, l’ultima dei Greenwood sarebbe una persona diversa. Perché è a Jake che si torna, nel 2038: è lei che deve decidere cosa fare di questa ricca eredità che non comprende mai solo il denaro ma è pregna di storie e destini avversi, di sconfitte e avidità, di amori da tacere e ricatti, di convinzioni e possibilità. Jake può cambiare il mondo, tutto, ora che sa la sua storia.

Cosa sono le famiglie, se non opere di finzione? Storie che per ragioni particolari raccontano un insieme particolare di persone? Come le storie, le famiglie non nascono, vengono inventate e ricomposte con l’amore e con le menzogne.

Un romanzo intenso e commovente sulla famiglia, sull’amore, sulle responsabilità e le conseguenze, con sfondo ambientalista: l’Avvizzimento, come vedremo andando a ritroso in queste storie, comincia da lontano, e comincia dal bisogno di conquista e potere, dall’avidità e dal disinteresse. Anche chi, in questa storia, sembra andare totalmente controcorrente, ci mostra l’incoerenza di certe scelte e la difficoltà poi a perseguire sempre certe convinzioni. Nessuno è perfetto e tutti sbagliano: sono personaggi che ci provano, ad amare e vivere, con tutto ciò che hanno, con tutto ciò che gli è rimasto, poco o tanto che sia. Amore, speranza, futuro. Lottano per i propri figli e figlie, lottano per amore, lottano contro i pregiudizi e i propri demoni: alcuni vincono, altri perdono tutto, eppure, la vita scorre e va avanti, come dopo il Crollo, la siccità e come dopo l’Avvizzimento (forse) e qualcuno, scavando sotto le macerie del passato, potrebbe voler ricostruire la storia di un antenato, e allora, forse, sono queste le radici, impossibili da perdere.

Io non ti voglio perché sei mia. Ti voglio perché sono tua.

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