Fango e stelle-Viaggio in Russia in compagnia di Puškin, Tolstoj e altri geni dell’Età d’Oro

Fango e stelle-Viaggio in Russia in compagnia di Puškin, Tolstoj e altri geni dell’Età d’Oro

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di Fango e stelle – viaggio in Russia in compagnia di Puškin, Tolstoj e altri geni dell’Età d’Oro, scritto da Sara Wheeler (traduzione di Serena Prima) ed edito da Neri Pozza Editore, che ringrazio per la copia.


Puškin era un uomo licenzioso, lascivo, impetuoso, che ben di rado si lasciava sfuggire l’occasione di una rissa. Non ebbe mai un lavoro vero e proprio e, per lo più, visse con i soldi di suo padre. Dostoevskij usciva di casa con temperature rigidissime e sedeva poi per ore in una sala riscaldata per correggere le bozze. Spesso lavorava quindici ore al giorno e aveva sei attacchi epilettici alla settimana. Gogol’ aveva le gambe corte e un’andatura goffa, portava i capelli lisci che gli penzolavano ai lati del collo e il naso era tanto lungo e aguzzo che era in grado di toccarlo con il labbro inferiore: forse è per questo che le sue prime storie raccontano tanto bene gli odori. Tolstoj era l’uomo più famoso di tutta la Russia, dopo lo zar, e indubbiamente uno dei più egoisti. Morì in una stazione, un decesso appropriato, dato che nelle sue narrazioni associò spesso la ferrovia alla morte: Anna Karenina perisce sotto un treno, e lungo tutto il romanzo eponimo la ferrovia rappresenta l’orrenda minaccia della modernità, l’adulterio, l’incubo. Attraverso otto fusi orari, viaggiando sulla Transiberiana in inverno e navigando sul Mar Nero in estate, Sara Wheeler raggiunge i luoghi più disparati e remoti della Russia per raccontare gli scrittori dell’Età d’Oro, i mostri sacri della letteratura russa del XIX secolo, coloro che ancora oggi continuano a dominare la letteratura mondiale. “Fango e stelle” non è, tuttavia, soltanto un corso intensivo sui classici russi. Ripercorrendo il paesaggio letterario russo, Sara Wheeler svela l’anima di una nazione ben diversa da quella descritta oggi dai giornali: un grande paese in cui le glorie letterarie del passato continuano a essere fonte d’ispirazione per la vita concreta, le lotte e la cultura dei suoi abitanti.


“Noi ce ne stiamo nel fango, amico mio, e cerchiamo di raggiungere le stelle.”
(Ivan Sergeevič Turgenev)

Intrecciando biografia, viaggi, ricette culinarie, storia moderna e la grande letteratura russa dell’Età d’Oro (periodo che va dal 1800 al 1910), l’autrice ci conduce, capitolo dopo capitolo, alla scoperta di questa terra immensa, che fa spesso, ora come allora, rima con contraddizione. Come sottolinea l’autrice, il suo intento è quello di creare un “testo fluido” raccontando come i grandi autori russi siano figli dei loro tempi, figli più o meno devoti alla grande Madre Russia, una madrepatria con un peso non sempre facile da sopportare, che da e toglie, che si affanna per non essere occidentale e insegue a suo modo la modernità; una terra vastissima, che l’autrice ha girato attraversando ben otto fusi orari, i cui paesaggi sono variabili, alcuni ostili, abitati da piccole etnie. La Russia sembra vivere perennemente il conflitto, la contraddizione tra ciò che è e ciò che vorrebbe o non vorrebbe essere: dalla religione, alla politica, alla cultura e società, è una terra a caccia della propria identità, pregna di estremi, geografici e ideologici; l’autrice soggiorna quasi sempre in case comuni e cerca di capire come l’eco dei grandi padri della letteratura russa influenzino ancora oggi i russi. Vede la povertà, l’ideologia, le convinzioni ferree e rigide, la paranoia verso l’Occidente che ora come allora fanno parte dell’indole dei russi. Tra oblomovismo, fatalismo e senso di inferiorità, la Russia sembra aver attraversato i secoli restando fondamentalmente la stessa e i suoi illustri figli, chi più e chi meno, hanno rappresentato le sue tensioni di fondo, motivo per cui le tematiche trattate da loro sembrano essere sempre attuali. Politicamente strumentalizzati, a favore e sfavore di una politica rigorosa e totalitaria, spesso contraddittoria e forse pure ipocrita, gli autori russi hanno parlato di Dio, di vita quotidiana, di vita e morte, di libertà, di identità soprattutto, una ricerca spasmodica tanto quanto infinita, e forse per questo sempre eterna.

L’autrice esplora, in una sorta di pellegrinaggio, i luoghi cari agli autori di cui parla, tessendo una narrazione che non prescinde dalla sua biografia: traspare il grande amore per questa cultura; passato e presente si intrecciano, si fondono, attraverso le parole vive degli autori, dei loro traduttori, dei loro detrattori anche e poi attraverso la voce dell’autrice, i suoi tentativi di imparare questa lingua complessa e questa cultura altrettanto complicata tramite la riproduzione della tradizione culinaria. Ne viene fuori un volume da leggere e rileggere, che offre aneddoti e spunti di riflessione oltre che tracciare rotte di lettura e, perché no, di viaggio.

Da Tolstoj a Čechov, da Leskov alla poesia di Puškin, e ancora Turgenev e Gončarov, Lermontov, Dostoevskij, si viaggia tra fusi orari, tundre, esperienze di vita e caratteri particolari, ma soprattutto si viaggia nel cuore delle contraddizioni così umane, così russe di questi uomini e grandi autori: tra chi professava una fervente religione e giocava d’azzardo, tra chi era egoista, arrogante, e chi arrabbiato, amareggiato, i ritratti di celebri nomi della letteratura. Ragionare su di loro e attraverso le loro opere non può prescindere dall’analizzare una patria importantissima, capace di suscitare sentimenti opposti, venerazione e disprezzo, e reciprocamente, tutto ciò si trasmette inevitabilmente nei capolavori e nelle opere più o meno conosciute di questi nomi.

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