Luna nera- Le città perdute

Luna nera- Le città perdute

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Luna nera – Le città perdute, primo volume di una nuova appassionante serie, scritta da Tiziana Triana ed edita da Sonzogno Editori, che ringrazio per la copia.

Da questo romanzo è stata tratta la nuovissima serie in onda su Netflix da gennaio.

TRAMA

Italia, Diciassettesimo secolo. Adelaide (Ade), sedici anni, corre e tiene per mano Valente, suo fratello, che è ancora un bambino. Deve scappare da Torre Rossa e dalla casa in cui è cresciuta, perché l’accusa che le pende sulla testa porta dritta al rogo: stregoneria. Già qualche giorno prima, al mercato, avrebbe rischiato di essere linciata, se non fosse accorso in suo aiuto Pietro, un giovane attraente che è appena tornato al villaggio dopo gli studi a Roma. Nella campagna laziale, tra le torri di guardia dismesse dell’esercito romano, boschi frondosi e ruscelli, riparato da un muro di rovi, si nasconde un gruppo di donne che si sussurra pratichino la magia nera. Nessuno sa chi siano né da dove vengano; reclutano e proteggono ragazze come Ade, che la società ha messo al bando. È qui – in un mondo di sole donne, ciascuna delle quali ha una storia avventurosa alle spalle – che Ade e il suo fratellino trovano rifugio e vengono iniziati alle arti del gruppo. A questa comunità femminile in odore di stregoneria danno una caccia spietata i benandanti, capitanati da Sante, il padre di Pietro: una congrega di uomini forti che hanno un solo nemico – le streghe -, e un potente sostenitore – la Chiesa cattolica. Solo che Pietro non crede nelle streghe, e soprattutto si è innamorato di Ade dal primo momento in cui l’ha vista.

Ma pensate anche alla loro forza, quello strano potere che hanno le donne di sopravvivere a tutto, qualche volta persino alla morte.

Le dicerie di paese, quella vox populi che serve solo a mascherare il dito che indica, il giudizio e il pregiudizio che derivano dalla paura di ciò che è sconosciuto, l’ignoranza che non nasce dalle modeste condizioni di vita ma è figlia della chiusura mentale, opprimente  e asfissiante: Ade vive tutto questo, l’isolamento di una piccola comunità portata a percepirsi come epicentro di un mondo minuscolo. In questi contesti, è quasi impossibile pensare fuori dagli schemi, cambiare il proprio destino e la propria condizione: ogni deviazione dalla presunta norma è percepita come male, come qualcosa da additare e da bruciare al rogo. Non una caccia alle streghe metaforica ma altamente reale, calata in un mondo in cui la cultura è appannaggio di pochi, e la comprensione, poi, di ciò che viene studiato, appartiene ad ancor meno soggetti. L’apertura mentale è un concetto lontanissimo, piuttosto, è più semplice credere a malefici e sortilegi lanciati da fantomatiche fattucchiere, che altro non sono che donne diverse; persone che hanno la sola colpa di aver scelto di ribellarsi allo status quo, di non aver voluto accettare la voce del padrone, di Dio – o quantomeno una sua versione decisamente rivisitata a vantaggio dell’uomo. E ovviamente si sono anche macchiate della terribile colpa di essere donne.

Donna è anche Adelaide, chiamata Ade, cresciuta nel piccolo centro di Torre Rossa, con la nonna Antalia e il fratello Valente: i ricordi più belli e positivi di una vita comunque difficile, appartengono ai momenti in cui Antalia insegnava alla nipote i suoi decotti, le sue ricette, contenute in un libro che Ade protegge con cura ed amore, come amore e passione entrambe hanno messo nella cura degli altri. Fintanto che i medicamenti di Antalia ed Ade hanno fatto del bene, tutto è stato in un certo senso accettato, ma quando improvvisamente una piccola neonata muore per quelle che al lettore sembrano evidentemente complicanze post-parto, Ade viene accusata di essere una strega. Il fatto che Ade abbia vissuto con una nonna “cerusico”, con un fratello definito strano perché fa sempre lo stesso oscuro disegno, che nessuno sappia da dove arrivino e che non si sa di chi siano figli lei e Valente, rende la posizione della ragazza ancor più negativa. Nessuno, se non un fornaio amico della ragazza, muove un dito per difenderla: Ade diventa incarnazione del maligno, capro espiatorio di una comunità che sta soffrendo la fame per i cambiamenti climatici e ambientali, per insetti e parassiti, che rovinano il raccolto. E diventa anche motivo di rivalsa da parte di Federico, giovane di buona famiglia rifiutato proprio da Ade, il quale sfrutta il suo piccolo potere e la sua parentela con la neonata per muovere una guerra che è abietta perchè punta all’umiliazione di Ade: come a dire, mi hai rifiutato e adesso paghi. Ade non ha strumenti né mezzi per combattere contro la sordità e la cecità dei mediocri ed è costretta a fuggire nottetempo con Valente, dopo aver rischiato il linciaggio nel vicino paesotto di Serra, salvata all’ultimo secondo dal bel Pietro; alla sua porta bussano due strane figure, che sembrano essere due streghe e abitano nel bosco. O seguirle, o la morte. Comincia per Valente e Ade una nuova parentesi con il loro ingresso in una casa apparentemente magica, inaccessibile all’esterno, abitata da donne soltanto che sono state salvate dalla fondatrice di questo luogo, Tebe; qui, le ragazze e le donne, possono coltivare le proprie inclinazioni, possono scegliere di essere alchimiste o pittrici, possono imparare a difendersi e soprattutto possono sperimentare un nuovo concetto di comunità e solidarietà al femminile. Ognuna di loro porta un nome particolare, associato ad un libro che Tebe custodisce e protegge, un retaggio della sua vecchia vita in cui era costretta, schiava del sistema. Ognuna di loro ha un passato doloroso, vittime di una mentalità che relega le donne al ruolo di fattrici ubbidienti, ignoranti e mute. Nel bosco, con Tebe, Janara, Leptis, Persepolis, Aquileia e le altre, Valente ed Ade impareranno nuove regole di condivisione. Tuttavia, il mondo esterno, con Sante e i suoi Benandanti, con Serra schierata alla caccia del maligno, richiedono un sacrificio: stanare la strega, Ade, colpevole, oltre che del resto, di aver rapito il cuore di Pietro, figlio di quel Sante che è proprio promotore di questa guerra. I Benandanti si allenano, combattono, in nome di Dio, armati dalla Chiesa stessa che ha visto in loro un iniziale potenziale aiuto, si ergono a giudici ultimi della vita e della morte delle persone. Provare a ragionare con Sante ed i suoi rappresenta davvero una sfida equiparabile al lottare contro mulini a vento: certe volte, leggere i suoi ragionamenti, quelli di Cesare, fido adepto, è stato davvero difficile. Eppure, incarnano perfettamente la mentalità tipica dell’epoca e del contesto che l’autrice ha evocato; sicuramente, la sensazione di soffocamento e di disturbo che provoca nel lettore contemporaneo leggere di tali ideologie è ancor più marcata poiché non vanno lontano dal vero, da ciò che appartiene alla nostra storia. L’autrice parla di un passato che non è mai morto, a mio avviso: quante realtà similari esistevano e, peggio, esistono tutt’oggi? Non indichiamo più la “strega” per strada, certo… ma lo facciamo col diverso che spaventa, con l’altro da sé che porta differenza.

Erano dalla parte del giusto, la’ dove non c’e’ spazio per i dubbi.

Ade è sin dall’inizio esempio di forza e resilienza, modello propositivo: affronta la vita a piccoli passi e a testa alta. I suoi principi sono saldi: proteggere Valente, suo fratello, il suo segreto, la sua fragilità, il rimasuglio di famiglia che ha. Diffidente per forza di cose, è stata maltrattata dalla vita, certo, ma non vacilla nella ricerca del buono e del bello; rispecchia la sua età, pur dotata di un’intelligenza vivace e attenta, Ade vuole vivere, vuole sperimentare le emozioni. Ade vuole amare, ma troppo in fretta dovrà comprendere come l’amore possa diventare una debolezza e un limite, come un gesto possa compromettere la bellezza di un sentimento giovane. Dovrà scegliere, Ade. E così dovrà fare il suo bel Pietro, ragazzo teso tra la sete di conoscenza e la voglia di compiacere un padre francamente insopportabile!

Ho amato tutto di questo romanzo, dalla prima all’ultima pagina: l’autrice, con uno stile scorrevole, mi ha incantata e trascinata nella sua storia, che tocca corde intime e personali, quali la condizione della donna, su tutto. E’ un romanzo al femminile, sicuramente, ma è anche un romanzo corale: il quadro che ne emerge è un insieme di personaggi sfaccettati, credibili, con una propria storia che motiva e muove le azioni. Incastrati tra loro, nelle vicende e negli affetti, questi personaggi si muovono su uno sfondo fatto di intrighi e macchinazioni di potere, dubbi di fede e supposizioni filosofiche. La religione, il divino contro il maligno, animano le pagine di tutto il narrato: scienza contro fede, esperienza contro muta accettazione dei dati. Tematiche interessanti che scatenano emozioni e riflessioni nella mente del lettore: impotenza, rabbia, tenerezza, stupore, questi i sentimenti che ho provato leggendo il romanzo, sino al finale imprevedibile, pieno di pathos e tensione.

Ho desiderato essere anche io una città perduta in un mondo gretto e maschilista; ho desiderato anche io credere alla potenza dell’amore adolescenziale di Ade che anela alla comprensione magica ma è anche passibile di mutare forma e crescere. Ade è un personaggio incredibile, che mi ha colpita moltissimo. Il romanzo è pieno di simbolismo, legato in primis agli elementi in cui decidono di “formarsi” i Benandanti e le nostre ragazze: una grotta ed un bosco, che richiamano entrambi ad un mondo femminile. E questo è un dato che stupisce: l’accanimento da parte degli uomini verso queste donne libere, che sfuggono così al loro controllo, che fa da contraltare all’idea, spesso fomentata dal clero, su una mancanza strutturale femminile, che altro non possono fare che impazzire, perché minorate, secondarie, ignoranti. Non c’è spazio per le donne, figuriamoci per quelle pensanti. Eppure, quelle donne che a loro danno figli e vita, quelle che scelgono loro, sono le stesse contro cui si scagliano; donne streghe o donne trattate con finto rispetto che maschera una condiscenda bieca?

Io so chi siete e cosa fate: qualcosa di molto più pericolo della magia. Voi e le vostre sodali create una speranza. Non possiamo permettervelo , e lo sapete.

L’autrice attinge da un patrimonio culturale e folcloristico ricco, a credenze e suggestioni ancestrali e primitive legate al mondo della magia e del femmineo, alla sua forza e potenza che spaventa, spesso, l’uomo; arricchisce leggende e fatti storici, rendendo questo romanzo un gioiello per scrittura e trama. Storia, tradizione, intrigo, lotte di potere, una piccola società strutturata, un gruppo di donne che lottano per avere il loro posto nel mondo … e l’elemento fantasy magistralmente gestito ed inserito in un contesto più ampio: l’intero romanzo viaggia su questo confine sottile della stregoneria, accusa che porta molte donne al rogo. Ma le streghe, alla fine, esistono o meno?

Lasciatevi trasportare da uno stile incredibile, che descrive senza annoiare mai, e narra storie nella storia, consegnandoci personaggi che rimangono nella mente del lettore anche dopo l’ultima pagina. Ammetto di essere decisamente curiosa in merito alla trasposizione del romanzo in una serie tv, ma ancor più non vedo l’ora di ritrovare questo conciliabolo di donne forti, caparbie, intelligenti, che non si vogliono piegare, che vogliono decidere cosa essere, chi amare, cosa fare della propria vita.

Le cose che per loro erano studio, conoscenza, abilità, il resto del mondo le chiamava fatture, incantesimi, maledizioni. Quel mondo condannava senza possibilità di appello la loro indipendenza, il loro essersi liberate dalle strette maglie di un destino scritto, e le condannava per cio’ che avevano scelto di essere, per aver scelto una vita diversa da quella indicata da padri e dalla Chiesa.

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