Voce del mare
Buongiorno, lettori! Esce oggi il romanzo Voce del mare, scritto da Natasha Bowen (traduzione di Serena Tardioli), edito da Mondadori.
Un tempo, quando era ancora umana, Simi pregava gli dèi. Ora che è una sirena, una Mami Wata, è al loro servizio, anche se non riesce a rinunciare ai ricordi della sua vita precedente. Il suo compito, come quello delle sue sei sorelle, è di cercare e raccogliere le anime degli uomini e delle donne gettati in mare dalle imbarcazioni cariche di schiavi dirette al Nuovo Mondo; e, dopo averle onorate, fare in modo che possano tornare, benedette, alla loro terra d’origine. Ma un giorno, quando da una di quelle navi viene buttato in acqua un ragazzo ancora in vita, avviene l’impensabile. Simi decide di portarlo in salvo, contravvenendo così a una delle più antiche e inviolabili disposizioni divine. Per fare ammenda, sarà costretta a recarsi al cospetto di Olodumare, il Creatore Supremo, ma per poterlo incontrare, dovrà prima affrontare un viaggio pieno di ostacoli, nel corso del quale incontrerà terre ricche di insidie e creature leggendarie e si ritroverà ancora una volta a sfidare gli dèi, mettendo a rischio non solo il destino di tutte le Mami Wata ma anche quello del mondo così come lo ha conosciuto fino ad allora. Voce del mare è un romanzo straordinariamente poetico e potente, un esordio salutato da Nicola Yoon come “uno dei fantasy più epici e originali che abbia mai letto. Una storia che resterà con me a lungo”.
«Tu sei tu, Simidele. Niente l’ha cambiato e niente lo cambierà. Non ti sei smarrita. Sei proprio qui.» Si china più vicino a me, gli occhi luminosi puntati sui miei mentre mi offre un sorriso, il primo riservato unicamente a me. «E io ti vedo.»
Trasformata in una Mami Wata, una creatura del mare, una sirena, Simidele non riesce proprio a dimenticare la sua vita umana, anche se le accoglienti acque provano a lavare via i ricordi di una vita precedente, la giovane sirena non riesce proprio a lasciar andare. Non che Simidele non comprenda, accetti e abbracci il ruolo che la Madre Yemoja ha affidato, a lei e alle sue altre sei sorelle Mami Wata: “accogliere le anime di coloro che spirano in mare è un modo per onorarli e benedire il loro ritorno al nostro Creatore, Olodumare”. E’ solo che fatica a dimenticare di essere se stessa, fatica a dimenticare l’eco di una storia raccontata da sua madre, l’ombra del suo sorriso materno, il calore del sole sulla sua pelle. Sa bene che non dovrebbe, eppure si dilunga sull’isola di Yemoja, dove torna in forma umana, pur se dolorosamente, per crogiolarsi in ricordi che l’acqua cancellerà, fino a quando, da una nave dei terribili òyìnbó – gli uomini bianchi – cade il corpo in catene e quasi in fin di vita di un giovane che apre gli occhi, di un caldo marrone, sulla bellissima creatura marina, Simi. Cosa fare? Lasciarlo a morte certa o salvarlo? Ma salvarlo andrà contro le regole della Madre Yemoja o la temibile orisha comprenderà il gesto della ragazza? Con questo animo in conflitto, Simi decide di salvare il bel giovane, rivelando così sia l’isola segreta che la sua stessa esistenza. Il giovane sarebbe sicuramente morto se lei non se ne fosse curata, ma la reazione di Yemoja quando scopre cosa è successo, evocata da Simi su insistenza del giovane di nome Kola, è devastante. Simi scoprirà così che la sua orisha ancestrale le ha omesso informazioni importanti sulla creazioni delle Mami Wata e che il mondo delle divinità sta tremando dalle fondamenta scosso dalla sete avida di potere di Eshu, il messaggero delle divinità.
Kola vuole tornare a casa per proteggere la sua famiglia, Simi deve trovare il babalawo (sommo sacerdote) per potergli chiedere degli oggetti potenti che le permetteranno di contattare il grande padre e chiedere perdono per il gesto sconsiderato: i due uniranno le forze per raggiungere i rispettivi scopi in un viaggio che vedrà protagoniste tante creature dell’universo folcloristico africano cui l’autrice attinge a piene mani per scrivere una storia che miscela tali elementi all’universo favolistico de La sirenetta.
L’aspetto che più mi ha convinto in questa storia è proprio l’approfondimento sul pantheon africano di divinità e sulle tradizioni legati alla venerazione di queste divinità; tuttavia, diversi aspetti della trama e della caratterizzazione dei personaggi non sono riusciti a soddisfare le premesse e aspettative che avevo verso questo libro. Simi e Kola sono due personaggi poco approfonditi psicologicamente: avrebbero potuto dare molto di più, date le premesse che l’autrice costruisce attorno a loro, avevano molto potenziale. La loro interazione è da subito connotata dal proibito: Simidele sa che non può amare un essere umano, mentre Kola lo scoprirà quando sarà troppo tardi. Questo momento che avrebbe dovuto essere topico e pieno di pathos è relegato alle righe frettolose del finale, senza dare possibilità ai due di confrontarsi con i risvolti psicologici della notizia e della scelta che Simidele prende per proteggere proprio Kola. Ogni tocco di Kola per Simidele è capace di provocare brividi, sin da subito, eppure, forse per il modo in cui la storia è narrata, non sono riuscita ad entrare in connessione ed empatia con questa coppia; il fatto che tutto mi sia sembrato troppo accelerato ha fatto sì che alcune scene e alcuni comportamenti mi siano risultati stonati, come quando Kola cerca di allontanare da sé un personaggio in modo molto brusco. I due affrontano un viaggio tra pericoli naturali e sovrannaturali, evocati dall’ira della divinità orisha Eshu che vuole la stessa cosa che sta cercando proprio Simi; nel loro percorso saranno affiancati da uno spirito, una specie di folletto, da due guardie che sono anche amici di infanzia di Kola e da una misteriosa guardia che è arrivata dalla città. Il gruppo deve arrivare all’isola del messaggero delle divinità per salvare non solo la famiglia di Kola e la sua terra, non solo Simi e le altre Mami Wata, ma tutto il mondo.
In definitiva, credo che l’idea di fondo di mescolare il mondo africano, la lotta contro la schiavitù, il misticismo, il folclore popolare e il mondo marino, potesse essere molto originale, con tanto potenziale che tuttavia non ho trovato espresso pienamente nello svolgimento della trama, affrettata e spesso abbastanza prevedibile, e nel tratteggiare i personaggi, troppo stereotipati. Forse la storia non ha avuto tanta presa su di me per via della differenza d’eta’ con i suoi protagonisti principali che potrebbero risultare piu’ apprezzati da un pubblico piu’ giovane!