Meridian

Meridian

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di Meridian, scritto da Alice Walker (traduzione di Andreina Lombardi Bom) ed edito da Edizioni SUR che ringrazio per la copia.


Meridian sente d’istinto ciò che è giusto e ciò che non può esserlo, che si tratti delle sue scelte personali o delle cose che vede accadere intorno a sé. Sa che allevare un bambino, per lei giovanissima sposa e madre, non è l’unica possibilità che offre la vita: e così sceglie lo studio, la libertà. Il college è un’oasi di bellezza e di privilegio da cui Meridian fugge, preferendo l’avventura politica, il Movimento per i diritti civili, e quella romantica, con Truman, l’uomo della sua vita. E mentre l’America conosce il sangue, con l’assassinio di Kennedy e quello di Martin Luther King, e la spinta del Movimento si esaurisce, ancora una volta Meridian sceglie di stare a fianco degli umili e dei dimenticati: indebolita nel fisico, come chi ha vissuto sul proprio corpo il trauma di ogni lotta, ma finalmente in comunione con la persona che voleva diventare, e più viva che mai.


La storia di Meridian e dei personaggi che si muovono attorno a lei è una di quelle che prosegue anche dopo l’ultima pagina, continua a scavare e scuotere, a interrogare e a far sentire qualcosa al lettore. Rabbia, angoscia, tenerezza, sorrisi e pianti che si mescolano in un’altalena di sentimenti che corrispondono ai momenti di vita dei personaggi magistralmente tratteggiati dall’autrice. E’ incredibile il modo in cui ci vengono presentati: Meridian, Truman, Lynne, Anne-Marion, la madre di Meridian, gli amici di Lynne e Truman. C’è ciò che si vede fuori e poi c’è il sommerso, il sostrato emotivo e personale che li rende ciò che sono, che li spingono a fare ciò che fanno. L ‘approfondimento psicologico è fine, cesellato attorno ai corpi che si muovono in un mondo in trasformazione: è l’America dei Diritti civili, delle lotte armate, della Rivoluzione, in cui vecchio e nuovo, bianco e nero, si scontrano. Ci sono le famiglie spaccate da questa Rivoluzione: genitori che lamentano l’azione dei figli, che lamentano un mondo diverso, e figli che lottano per i diritti di tutti, in primis quello al voto. Meridian cresce poco avvezza a questo mondo, chiusa nella sua cittadina, in una famiglia singolare: uno dei personaggi meglio riusciti, a mio avviso, è proprio quello della madre di Meridian. La signora Hill è una donna che aveva sogni e ambizioni, che faceva la maestra, ma era al tempo stesso insoddisfatta della propria vita: qualcosa le sfuggiva. Un senso profondo e misterioso che le altre donne sembravano possedere e che a lei era precluso. Forse, in quelle madri che venivano a prendere i figli si annidava il mistero dell’universo, della felicità e lei voleva accedervi; così decide di innamorarsi, di sposarsi e avere figli ma la realtà è molto diversa. Nemmeno essere madre colma quel vuoto che ha dentro, anzi, lo esacerba, fino a renderla una madre distante, fredda, una donna che non avrebbe dovuto avere figli ( come si dice a se stessa). Ma al tempo stesso le apparenze la sollecitato verso un modello di donna diverso, timorata di Dio: mentre si allontana emotivamente dalla figlia a cui non insegna nulla se non “fai la brava” ( e non le spiega come esserlo, cosa significhi esserlo, cosa sia il giusto e lo sbagliato), va in Chiesa, si lamenta, facendo del lamento la sua arma. Contrapposto a lei c’è un padre sognatore, un uomo che restituisce la sua terra agli indiani nativi, che conserva mappe per evadere da un mondo ristretto. E ‘ a lui che Meridian si sente più vicina, forse. Sta di fatto che entrambe queste figure portano in luce le istanze dell’accudimento, della solitudine, del modo di vivere l’affetto, delle aspettative. Meridian si sentirà sempre giudicata da una madre ingombrante che da lontano le sembra incarnare la Madre atavica, un modello che non potrà mai essere raggiunto. Negli anni dell’infanzia e adolescenza Meridian si lascia andare alle esperienze sessuali con l’enorme cruccio di non sapere cosa aspettarsi: il piacere è qualcosa che le resterà per molto tempo oscuro, quando non proprio solo appannaggio dell’uomo. Come se la soddisfazione sessuale di lei debba passare solo attraverso quella di lui. Meridian allora ha “il muso lungo”, non sorride, non gode: vive un copione nel quale sbarra caselle senza partecipare ad esse. Una bella bambola nera e vacua. Fino alla maternità , vissuta con ansie e desideri di morte, assenza di riconoscimento nello sguardo del neonato e relativo allontanamento tra Meridian ed Eddie, bellissimo ragazzo. Ancora un copione cui attenersi, fino a quando Meridian scopre la lotta per i Diritti civili, il college, una possibilità di vita diversa. Per farlo, Meridian rigetta tutto ciò che la vincolava a quel mondo, compreso il figlio, per lanciarsi nella lotta, nel futuro.

Parallelamente alla storia di Meridian, l’autrice ci mostra la storia non solo degli altri protagonisti, le loro scelte di vita ed il loro sistema di valori, ma tramite loro ci mostra ciò che sta accadendo in America. E’ un momento convulso in cui ognuno ha le sue ferree convinzioni: mi ha fatto molto riflettere il rapporto che Meridian e Truman hanno con Lynne e con le altre studentesse del Nord. Per Meridian, gli uomini bianchi hanno sempre rappresentato un problema, con le loro mani, con le loro idee, con il loro sbattere in faccia alle donne nere il desiderio di possederle sessualmente. Ma le donne bianche? Questi animali mitologici e alieni? Cosa pensare di loro? Sono vuote? Sono umane? E cosa vogliono da lei, da loro? Su questo si arrovella Truman nei capitoli dedicati a lui e al matrimonio con Lynne la cui “bianchezza” finirà per quasi disgustare il marito: cosa ci vede lei in lui? Un amico di lui – se così si può definire- lo spingerà a credere di essere una cavia, un passatempo nero, un gingillo, un esperimento sociale per la moglie bianca; non solo, Lynne è colpevole di essere bianca e con la sua pelle è colpevole di tutto ciò che i bianchi hanno fatto i neri. Non importa quanto lei sia attivista, simpatica, amorevole, buona e gentile. E’ bianca, tanto basta. Va bene stuprarla, violentare la sua gentilezza, perché comunque è in debito con il popolo nero umiliato dai bianchi.

Non si può leggere Meridian senza riflettere sulla condizione umana a tutto tondo: razza, colore della pelle, status economico, amicizia, amore, rapporti tra i sessi, l’autrice condensa tutto nella sua storia lasciando al lettore un bagaglio su cui pensare e ragionare. Meridian è una donna che cresce attraverso le pagine fino a diventare un personaggio che si interrogherà sempre sul bene e sul male, sulla lotta stessa ai diritti in un momento nel quale farsi domande equivale a disertare. Lei invece si chiede: sarò in grado di uccidere per la lotta? Voglio far parte di una lotta che mi chiede l’omicidio? Prostrata nel corpo ma mai nello spirito, Meridian è polo carismatico delle vicende umane che gravitano attorno a lei, da Lynne, all’amica Anne-Marion, fino a Truman, forse l’unico uomo che ha mai amato. I due sembrano destinati a rincorrersi per tutta la vita, in un gioco al massacro fatto di ripensamenti, da parte di Truman perché Meridian è risoluta e decisa nelle sue scelte, ma non può esimersi dall’accoglierlo come accoglie la moglie, il loro dolore, i loro abbandoni. Meridian si da agli altri quasi prosciugandosi, e lo testimonia il suo corpo martoriato, scheletrico. Che cosa vuole Truman da lei? I personaggi paiono tutti inseguire le proprie idee che si scontrano con le aspettative altrui, con la vita: Truman vuole una donna remissiva come gli appare Meridian ma quando capisce che in lei c’è altro, la scoperta lo inchioda in un’ossessione che divora tutto. Meridian rappresenta un porto sicuro ma anche una possibilità, una sfida; i rapporti interpersonali sono appesantiti dal carico di pregiudizio insito nella natura umana in un momento storico fatto di sangue e lotta, in cui i diritti sono qualcosa da conquistare e non un dato di fatto. Un romanzo intenso, crudo, assolutamente da leggere, attualissimo

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