I miei stupidi intenti

I miei stupidi intenti

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo I miei stupidi intenti, scritto da Bernardo Zannoni ed edito da Sellerio Editore, che ringrazio per la copia.


Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usa-no i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.


Archy è una faina appena nata, ma per lui non c’è calore nell’abbraccio materno negato né dolcezza nello sguardo di riconoscimento coi fratelli: sono orfani e poveri e soli, e la madre maledice quel padre ladro che si è fatto uccidere. Zitti, zitti, continua a ripetergli, stizzita quasi della loro presenza, crudele e meschina come la vita con Giosuè prima, con Otis poi e con Cara infine. Leroy, invece, è forte e sano, un punto di riferimento per Archy fino a quando per eguagliarlo, perde tutto. Ora è come Otis, reietto e inutile, “merdoso”, “bastardo”. Solo nei momenti di piacere che ruba con la sorella prediletta e amata, Louise, trova un senso alla sua vita; ma tutto è destinato a cambiare quando la madre e il fratello procacciatore di cibo lo vendono per tre polli al perfido bandito locale, la volpe Solomon.

Relegato in una stanza buio, con una corda al collo, Archy soffre: “pelo di culo”, lo chiama Solomon, disprezzando la sua debolezza e le sue lacrime, i suoi affetti e il suo legame con quella vita che ora non gli appartiene più. Eppure giorno dopo giorno, la volpe insegna e la faina impara, intessendo un rapporto complesso fatto di punizioni e di rispetto, prima estorto, poi spontaneo; Archy osserva e impara il lavoro di Solomon che lo inizia alla scrittura e alla lettura, al libro di Dio, alla sua parola, salvo poi arrabbiarsi e percuoterlo quando la faina la interpreta a suo modo.

Tra clienti e piccole avventure, oggetti dell’uomo e separazioni, Archy cresce con Solomon e Gioele il cane da guardia, diventa adulto, perde e si innamora, bestemmia quel Dio che è così importante per Solomon, affronta il lutto.

Quali sono gli stupidi intenti di Solomon? E di Archy? Forse, comprendere e dare un senso ad un’esistenza animale, leggerla attraverso quelle parole “calde” che da una parte danno una chiave di lettura nuova a ciò che accade ma dall’altra tolgono forse proprio quell’istintualità animale, costringendo, soprattutto Archy, ad una dimensione schiacciata, potenziale. Uomo o animale? Come vive Archy? Come morirà? Arriverà quel Dio sconosciuto, temuto, maledetto o lo lascerà a morire solo, tra dolori e lacrime? E chi è poi Dio per lui? Un altro padrone? Una possibilità? Una maledizione?

Lo stile semplice dell’autore, ma null’affatto banale, ha reso la lettura scorrevole e piacevole: Archy è un personaggio con cui non sempre sono stata in accordo, che qualche volta ho trovato egoista e poco attento agli altri, soprattutto verso la fine della sua storia, durante la sua età adulta, ma è anche il frutto di un determinato contesto di vita che l’autore ci racconta, è il frutto di istinti da cui non può prescindere e sogni che non sa più di chi sono, se suoi o mutuati dal suo Solomon-Dio. Lungi dall’essere una favola con animali antropomorfi, in queste pagine c’è di più, c’è una storia, che a tratti mi ha fatto quasi dimenticare il lato animale della faina, e a volte me l’ha ricordato grazie alla crudeltà del mondo animale; c’è un percorso di vita fatto di dolori, di perdite, di scoperte, di apprendimento e di legami nati dall’odio e dal rancore di amori destinati a durare una stagione o per sempre. Archy mi ha colpito per il profondo senso di solitudine che abita le sue parole, i suoi gesti, i suoi momenti di riflessione, e alla sua solitudine fa eco quella di Solomon, la terribile volpe che diventa, suo malgrado, maestro, convinta di essere uomo, figlio di Dio. Nostalgico, malinconico, pieno di rimpianti per le scelte che ha preso, inevitabili certo ma che hanno comunque segnato il seguito della sua vita, Archy è un personaggio che si erge dalla carta, che soffre e piange, che prega un Dio senza volto e ricorda una famiglia perduta, che si è affezionato al suo aguzzino; ramingo errabondo dei suoi ultimi giorni di vita, ritroverà il coraggio di sentirsi parte del suo mondo animale. Forse, di questa sua parte di vita, del suo secondo amore, della sua paternità e della vecchiaia, avrei voluto leggere di più, vederla messa in luce, nuda e cruda, come avvenuto per le splendide pennellate regalate nella prima parte di storia e di vita della faina.

Un esordio interessante, scritto con padronanza stilistica e linguistica, che parla di vita e di morte, di conseguenze, di dolore e voglia di vivere, di amore e odio, di eredità e Dio.

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