Il diritto di sognare

Il diritto di sognare

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Il diritto di sognare, scritto da Sarah Pellizzari Rabolini ed edito da Mondadori Ragazzi nella collana Oscar Primi Junior, una collana caratterizzata da un progetto grafico ad alta leggibilità. Ringrazio Elena Simoncini e l’autrice per questa collaborazione.


Bea a scuola è brava, ma non è la numero uno e questo la infastidisce. Così scrive di chi, come lei, è un’eterna seconda. Come Claudette Colvin, che negli anni Cinquanta si rifiutò di lasciare il posto sull’autobus a una donna bianca. Nove mesi dopo, Rosa Parks compì lo stesso gesto e divenne l’emblema del movimento per i diritti civili. Conoscere la storia di Claudette è l’occasione per Bea di fare pace con le classifiche.

Bea ha appena terminato la seconda media, a scuola è brava ma mai abbastanza, fa pattinaggio ma arriva seconda, troppo spesso indossa abiti smessi dalla sorella maggiore, una pelle che non sente sua, un’inadeguatezza che le attanaglia lo stomaco e un amore viscerale per le parole, ricercate, annotate, appuntate. Tutto il mondo, interno ed esterno, rappresenta un vocabolario capace di darle il la per il giusto incipit, perché è da quello che una storia cattura, come le dice l’amata prof. di Lettere. Bea scrive, ha un’amica del cuore con cui condivide tutto e a ridosso delle vacanze estive inizia a conoscere Alex, un suo compagno di classe; sono gli anni in cui, come sottolinea la protagonista, l’amicizia tra un ragazzo e una ragazza viene subito bollata dagli altri compagni come storia d’amore ma lei invece trae un piacere puro ed autentico dalla compagnia di questo ragazzo che eccelle negli sport ma in segreto ama leggere. E tramite Alex, Bea scopre una storia che la cambierà …

La prima cosa che mi colpisce di Bea è la sua rubrica su cui annota parole, idee, concetti su cui vuole riflettere o che le servono da spunto per costruire le storie che ama tanto scrivere, e la cosa mi colpisce perché anche io, nella mia vita, ho iniziato ad appuntare parole su una rubrica. La seconda cosa che mi ha fatto sentire vicina a Bea, nonostante la differenza di età, è la sensazione di inadeguatezza che prova, un tratto che comprendo e che l’autrice ha saputo dipingere con semplicità e grande competenza: Bea non soffre solo della sindrome da eterna seconda, Bea sente di poter essere, di voler essere di più, e si infastidisce quando le dicono di accontentarsi perché lei non può farlo. Ha aspettative elevate su di sé, ha una famiglia sana in cui crescere, con una madre presente e attenta che cerca di insegnare a lei e alla sorella maggiore, Angelica, quanto il risultato finale conti relativamente e quanto sia invece importante l’impegno, il percorso, ciò che si impara durante il viaggio. Ma Bea non è la sola adolescente di cui parla questa storia perché la ragazza tramite l’amico Alex scopre la vita di Claudette, quindicenne nera che nasce nel 1939 in Alabama, una ragazza che viene definita “emotiva, chiacchierona, vivace” ma che in realtà è piena di coraggio, di una voglia di vivere travolgente, che, come dirà Bea a sua madre, vuole solo avere il diritto di sognare un mondo uguale per tutti, un mondo in cui anche i suoi desideri sono possibilità reali. Un mondo in cui bianchi e neri possono prendere l’autobus insieme, in cui non esiste la scuola “segregata”, in cui si può sorridere a un ragazzo bianco senza avere paura delle ripercussioni, in cui si può godere del gioco tra bambini senza che una mamma nera si senta in dovere di chiedere scusa per il gesto di un tocco di mani. Un mondo in cui tutti possano avere gli stessi diritti, costituzionali in primis, ma anche i diritti ai sogni, al futuro. La storia di Claudette mi ha fatto rabbia, rabbia per un mondo in cui i diritti vengono violati e restano inascoltati, per una realtà in cui una ragazzina di quindici anni deve giustificare a voce alta il suo diritto a sederti su un autobus, il suo posto nel mondo; ma non solo, assieme a Bea anche io ho sentito un groppo alla gola per l’associazione “straniero-nero-pericolo”, per un mondo che non tutela, o che lo fa solo apparentemente.

Claudette non vuole fare la rivoluzione, vuole solo che la sua voce venga ascoltata, che i suoi sogni abbiano lo stesso valore di quelli dei bianchi, che i suoi diritti non vengano calpestati: eppure, va in prigione. A quindici anni, perché non ha ceduto il suo posto in autobus ad una bianca che le urla indignata “nigger, alzati”. Come può esistere un mondo simile?

E per la prima volta, tramite la storia di Claudette, Bea, che non smette di essere competitiva, partecipa ad un concorso letterario ma con la voglia che la sua storia venga ascoltata, per Claudette, per Alex, per dar voce a chi non può parlare. Bea, che si stupisce per un mondo in cui la gentilezza deve essere nominata e riconosciuta e non data per scontata, che deve confrontarsi con le aspettative, soprattutto quelle che lei ha su se stessa, che deve capire quanto il processo di crescita passi anche attraverso il secondo posto, che non equivale a una sconfitta ma a un’opportunità, quella di sbagliare, di riprovarci, di ridare il massimo. Bea che ama le parole, che ama l’amicizia: una protagonista positiva con cui empatizzare e relazionarsi per il giovane pubblico cui la storia si rivolge ma capace di offrire emozioni anche agli adulti.

Con uno stile immediato l’autrice ci racconta la storie di due ragazze, appartenenti a due epoche differenti ma unite dalla voglia di vivere e di sognare; un romanzo adatto al pubblico cui si riferisce e pieno di spunti di riflessione, di parole e idee da aggiungere alla propria rubrica personale, a prescindere dall’età.

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