La ragazza con la colomba

La ragazza con la colomba

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del libro La ragazza con la colomba, scritto da Sally Bayley ( traduzione di Giada Diano) ed edito da Edizioni Clichy che ringrazio per la copia.


In una casetta in riva al mare nella provincia inglese, Sally cresce con la madre, la nonna e tanti fratellini. Un giorno dell’estate 1976, uno di loro, lasciato in giardino accanto alle rose, sparisce all’improvviso. Dopo quell’episodio terribile, la mamma di Sally «andrà a dormire» per molto tempo, e niente sarà più lo stesso. A casa loro si trasferisce la carismatica Zia Di, e iniziano a verificarsi fatti sempre più misteriosi, impossibili da comprendere per la mente di una bambina: chi sono le persone dai vestiti colorati, che cantano e pregano? Cosa è successo al piccolo David e alla donna chiamata «Povera Sue»? Per fuggire da una situazione tanto dura e inquietante, Sally si rifugia in un mondo fatto di libri e letture, costruendosi una realtà alternativa. Al suo fianco compaiono i protagonisti dei grandi classici della letteratura, da Miss Marple, a Jane Eyre, a David Copperfield, che prendono vita e diventano per lei punti di riferimento, amici, membri di una famiglia alternativa che le permette di resistere e superare i momenti più difficili. In questo memoir Sally Bayley ripercorre la sua infanzia in una famiglia disfunzionale, fornendo al contempo un’intensa testimonianza del potere trasformativo e salvifico della lettura e dell’immaginazione.


La lettura è una forma di fuga, e un lettore avido è un artista della fuga. Ho iniziato a fuggire nel momento in cui ho cominciato a leggere“, questo è l’antefatto della storia di Sally, di una vita in cui i libri e i personaggi di carta hanno avuto il potere salvifico di diventare amici, fantasmi immaginari, confine di sovrapposizione tra persone reali e personaggi di finzione, necessari per affrontare l’esistenza difficile in una casa di un paesino vicino al mare, popolata da una famiglia senza uomini e da fratelli, cugini, zie. Sally non ha mai visto sua madre con un libro in mano, come dice nella Postfazione, eppure c’è stato un tempo in cui la madre, Angela, non solo leggeva ma coltivava il sogno di diventare insegnante: era il tempo del “prima di tutto questo“, un concetto quasi tangibile che Sally sente ripetersi ma non afferra del tutto. Ed è la nonna materna ad insegnarle a leggere, intessendo quel rapporto con le parole che Sally inizia a quattro anni e la porta a frequentare dai cinque ai quindici anni assiduamente la biblioteca del suo paese: passando rapidamente dai libri per bambini, pieni di parole “lente” perché ripetute e ripetitive, Sally si approccia al mondo delle letture “per adulti“, iniziando dai gialli di Miss Marple che divora e impara a memoria. Jane Marple e i personaggi del suo villaggio diventano elementi che Sally inserisce nella sua quotidianità: è nel paragone tra queste pagine di carta attraverso cui, dirà, impara tutto ciò che sa e gli incontri reali, che Sally legge e interpreta le situazioni. Nel suo racconto, Miss Marple, Bertha, Greta e gli altri a volte sono “solo” i personaggi letterari, altre si fondono con la madre, con le due zie, con la nonna, dando corpo a un universo narrativo i cui confini non sono spesso rintracciabili, uscendo fuori dalle caselle della letteratura. Il linguaggio che l’autrice usa per questo racconto personale ondeggia tra conversazioni reali, dialoghi immaginari, passaggi tratti dai romanzi letti, rivelazioni profonde che spesso prendono spunto da collegamenti arbitrari che l’autrice compie: ho letto queste pagine tutte d’un fiato lasciandomi travolgere e guidare dalle libere associazioni di Sally bambina – lettrice – adolescente, seguendone il filo non sempre chiaro eppure poetico e suggestivo. Pur non svelando mai del tutto cosa è accaduto nella sua famiglia, c’è un’angoscia di fondo che non può essere non notata: la storia di Sally si carica dell’oscurità dell’abbandono, dell’isolamento; in alcuni passaggi, l’autrice ci lascia intravvedere il sudiciume dietro alle tende, le porte chiuse e ciò che accade dietro tali porte, dove l’uscio incontra il fantasmatico quasi onirico dell’immaginazione. Persone e fatti sono ammantati quindi da questo mistero: sono reali? E se lo sono, cosa sta accadendo davvero? Cosa si nasconde sotto le preziose e amate rose della madre? Cosa è successo al fratellino scomparso? Alla Donna del Piano di Sopra? Alla Povera Sue? Spesso mi è sembrato di trovarmi dinanzi al racconto di favole, di miti tramandati con l’idea di spaventare, di atterrire i bambini dal fare determinate cose; altre volte, invece, mi sembrava di toccare con mano le brutture che Sally ha vissuto e che nasconde, omette. In quelle omissioni, c’è tutto il tormento di una vita: c’è una madre assente, un padre inesistente, una famiglia che vive non si sa bene come, in cui si ha la sensazione che Sally e i fratelli vengano lasciati a loro stessi. Senza guida, alla deriva, la giovane Sally si aggrappa voracemente e tenacemente ai personaggi dei libri, incontrando Jane Eyre e la sua determinazione, David Copperfield, ricercando in quelle figure l’accudimento che le manca, fino a quando scardina ogni silenzioso patto famigliare: Sally consulta un dottore, mai nessuno nella sua famiglia ne ha visto uno.

E il dottore, che conosceva la madre di Sally da giovane, la spinge a parlare con un’assistente sociale: la ragazza è adolescente, non potrebbe mai immaginare la reazione della sua famiglia, della zia in particolare che usa parole dure, durissime, per connotare il suo atto. Sally viene allontanata: è la terza ed ultima parte del libro, dove ci sono meno voli pindarici e più rabbia, dolore, abbandono. Dopo Colwood, un luogo tetro fatto di routine e di infermieri, devono trovarle una nuova sistemazione. Quest’ultima Sally parla con una voce più asciutta, ha perso quel tono leggiadro e simbolico delle pagine precedenti, quasi a simboleggiare un passaggio da un mondo dell’infanzia a quello adulto. Sally ricorda i lunghi periodi a letto della madre dopo la morte del fratellino, il suo amore per la poesia e il suo rapporto con la religione, anch’esso avvolto dal mistero. Sally ci racconta come è stato crescere in una famiglia complessa, e lo fa parlandoci dei libri che ha amato, dei personaggi che l’hanno aiutata ad affrontare momenti di crescita in un continuum tra pagine e contingente, come se quei personaggi fossero più concreti dei reali, fossero delle lenti capaci di spiegarle il rapporto con gli altri e con se stessa, delle guide capaci di portare ordine nel caotico della sua vita; come un flusso di coscienza, Sally si racconta ed inevitabilmente ho ripensato alla mia infanzia, al mio rapporto con la lettura, con i libri.

Penso di essere molto diversa dal resto della mia famiglia. E’ questo il problema. Non ci capiamo. A volte è come vivere in uno zoo. Io sono l’animale strano che non trova il suo posto… la cosa nell’angolo.

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