31 aprile – Il male non muore mai

31 aprile – Il male non muore mai

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo 31 aprile – Il male non muore mai, scritto da Giuseppe Cesaro ed edito da La Nave di Teseo, che ringrazio per la copia.


Vera Stark ha quarantacinque anni, una figlia di venticinque, un ex marito che la tormenta ma ha ritrovato l’amore con Alex, un docente di dottrine politiche all’università. Ma Vera è soprattutto una giornalista di razza e ha da poco cominciato un’inchiesta sulla crescita del neonazismo in Germania e, in modo particolare, sul gruppo “31 Aprile”, che vuole riprendere il progetto nazista là dove il Führer lo ha lasciato. Grazie alle sue ricerche e all’aiuto di due anziani antinazisti capisce ben presto che l’orrore non è alle spalle e che qualcosa di strano accade a Villa Redenzione, una casa di cura che nascondeva un tempo un lager. La villa è stata da poco trasformata in un museo da Edna Schein, anziana filantropa, figlia del fondatore di Villa Redenzione, il colonnello delle SS Mäher, processato e giustiziato per i suoi crimini alla fine della guerra.
Ma qual è il rapporto tra Edna Schein, Villa Redenzione e il “31 Aprile”? Come mai molti anziani antinazisti stanno scomparendo? E cosa c’è dietro a questo ritorno alla ribalta dell’estrema destra? Sono le questioni a cui Vera dovrà trovare risposta, rischiando la vita e mettendo in discussione tutto quello che crede di conoscere.
Giuseppe Cesaro, con un romanzo ricco di suspense e colpi di scena, riflette sul fascino che esercita, ancor oggi, la dottrina nazista e sui pericoli che rappresenta per il nostro mondo.


Vera Stark è una giornalista d’inchiesta di quarantacinque anni: professionale, determinata, affascinante, si è occupata di tanti argomenti scottanti ma per la prima volta deve scrivere un articolo sull’attuale scena neo-nazista. Il suo contatto è un giovane appartenente al gruppo che si fa chiamare appunto 31 Aprile, giorno che non esiste sul calendario ma ha un significato simbolico perché è il giorno successivo alla morte di Hitler, come a dire che il gruppo si pone l’obiettivo di riprendere le idee naziste e il progetto di Hitler. Ismaele, così si fa chiamare, è un mix letale di freddezza, violenza, e rigida ideologia: Vera che è una grande appassionata di cinema, lo paragona a Robert Redford e al Nicholson di Shining, notando, sin dal loro primo incontro, che qualcosa fa scattare nel ragazzo una sorta di scintilla che trasforma il suo sguardo in quello di uno psicopatico folle. Ma Ismaele, come sottolinea Vera, è tutto fuorché stupido, e lo testimonia il riferimento a Moby Dick nella scelta del suo nome – che, ovviamente non è quello vero. Tramite lui, Vera fa la conoscenza del suo gruppo, giovani arrabbiati contro la società e la politica attuale, contro il potere e il cambiamento che la Germania ha, secondo loro, assunto dopo la Seconda Guerra Mondiale, da capo a serva dell’Europa. Nonostante Vera, con la sua logica infallibile, conoscenza della storia e ricerca accurata della verità cerchi di smontare punto per punto le loro teorie e affermazioni, il gruppo non si lascia convincere; il gruppo ha bisogno di un riflettore, di una luce per farsi conoscere da un pubblico più ampio, certi che le loro idee troveranno una certa eco. Inoltre, lasciano intuire la messa in atto di comportamenti violenti giustificati addirittura dalle Sacre Scritture e dai diktat di Hitler.

Per la prima volta nella sua relazione d’amore che dura da due anni con un professore universitario di storia delle dottrine politiche, Vera sente che il suo lavoro sta diventando causa di litigi: il compagno, infatti, la invita a riflettere sulla pericolosità dell’inchiesta e della sua tendenza a farsi coinvolgere del tutto da quanto deve scrivere, arrivando persino a pungolarla su argomenti per lei importanti come appunto l’integrità del suo lavoro. Vera è fermamente convinta delle sue azioni e della necessità di portare alla luce verità, scoprirà che spesso tali verità sono scomode e dolorose.

Nella sua inchiesta viene misteriosamente avvicinata da un anziano avvocato, testimone di uno dei grandi processi contro un colonnello delle SS: la guerra lo ha segnato profondamente. L’avvocato non solo avvicina Vera ma si reca anche nella famigerata Villa Redenzione, meglio conosciuta nell’immediato dopo guerra come “il lager della porta accanto”, struttura che affiancava alla facciata di una casa di cura per benestanti nazisti, un sotterraneo fatto di orrori, torture e forni crematori. Una realtà aberrante, attualmente riconvertita in museo proprio dalla figlia di quel colonnello, una donna che ha amato il padre sopra ogni altra cosa, una donna che ricorda tutto di quel processo, le parole del padre e del giudice, la sentenza, i volti dei testimoni, anche se aveva dieci anni. E soprattutto ricorda l’uscita del padre dell’aula, fiero e determinato, un uomo che non si è mai chinato dinanzi alla Storia ma l’ha attraversata a testa alta, un uomo che non ha dedicato nemmeno un ultimo sguardo all’unica figlia. Nel ricordo di Edna, dolore e rabbia si mescolano all’odio e alla convinzione cieca nei valori paterni, in una sorta di autoconvincimento che, tenendo vivi quegli ideali e quell’interpretazione della Storia, potesse mantenere vivo anche il legame tiepido avuto con il padre; un amore tenuto in piedi dalla voglia di vendetta, di riscattare una storia. Nei dialoghi tra lei e l’avvocato, i due personaggi affrontano proprio il tema della Storia e della storia: quando la Storia universale diviene storia individuale? Quanto anche l’offuscamento dei propri legami e affetti influenza la lettura di eventi che non si possono cancellare? E oltre al dato personale, intimo, c’è la Storia universale incontrovertibile, tranne per i negazionisti.

Cos’è davvero Villa Redenzione: un museo o un mausoleo? Per uno dei protagonisti, rappresenta l’emblema del negazionismo quasi, la riduzione in finzione di una verità orripilante, la trasformazione di “tragedia ridotta a farsa” e il conseguente svilimento di tutto ciò che in quei sotterranei maledetti veniva fatto.

Nella stesura di questo articolo che sta diventando monumentale, Vera, tramite l’avvocato, si imbatte anche in un altro testimone di quel processo, un uomo che ha vissuto la sua vita con la paura di essere braccato, con il terrore di quegli sguardi bassi che la gente aveva dopo la guerra, con la colpa di chi sente che avrebbe potuto fare qualcosa di diverso in un mondo devastato da un regime folle; tutto sembra ricondurre Vera alla figura di Edna e a quella villa degli orrori, ma quello con cui la giornalista dovrà scontrarsi è ben più di un tuffo nella storia. Le verità che tramite l’avvocato apprende gettano uno sguardo nuovo sulla vicenda dell’ascesa di Hitler, suggerendo alla giornalista nuove piste da seguire e l’intricato e complesso rapporto tra politica e potere; non solo, la scomparsa di alcuni protagonisti mettono in allarme Vera: qualcosa sta succedendo. Quello che non sa è che la verità più scomoda è quella più vicina: ancora una volta, la Storia e la storia si fondono in un doppio colpo di scena finale.

Con una grandissima competenza filosofica e morale, l’autore ci conduce, attraverso una narrazione tesa , in una trama che prende le mosse da una delle pagine più buie della Storia; le riflessioni, che tramite i dialoghi del professore, dell’avvocato, di Edna e di Vera mi sono portata dietro, sono tantissime. La Storia è o no una questione personale? Il male davvero non muore mai ma trova, grazie al suo fascino proibito, il modo di perpetrassi a fronte di un bene che invece sembra non apprendere dall’esperienza? Questa è la via che sembra prendere questa storia: l’uomo è spinto sempre dalle stesse motivazioni, in una coazione a ripetere infinita, in un’equazione in cui il male è potentissimo, si insinua nel linguaggio comune, in parole che lo evocano istantaneamente e creano rapporti anche tra chi non si conosce. Così fa la neo-lingua: come sottolinea l’avvocato, erano parole belle, che facevano sentire tutti potenti, importanti, partecipi. Nel romanzo l’autore metta in scena anche lo scontro, quanto mai attuale, tra generazioni: se è chiaro che Vera nutre una forma di rispetto per gli anziani di questa storia, è altrettanto evidente lo sprezzo e l’accusa intrisa di rabbia e violenza che il gruppo del 31 aprile e Kristen ( la fidanzata di Ismaele) nutrono per la generazione a loro precedente, colpevole di essersi “sistemata” ai danni del futuro. Soprattutto nel dialogo tra Vera e Kristen emerge l’angoscia e la rabbia di una giovane donna contro il potere, contro la società, entità però troppo vaghe e senza corpo per rappresentare un utile vittima: ecco allora che il dito viene puntato contro l’estraneo, lo straniero, e di conseguenza c’è l’aderenza a un’ideologia che vuole recuperare parole come patria e supremazia. E’ nei capitoli finali, a mio avviso, che si rivela un ulteriore scontro tra mondi, intimi e personali quanto generali: c’è chi crede davvero in quelle parole, e chi le usa manipolandole, sapendo quanto facilmente faranno preda in momenti di disagio sociale e difficoltà. E alla fine di tutto, nocciolo pulsante della questione, c’è una storia di vendetta e di amore, quello di una figlia che vuole riscattare agli occhi dell’umanità la figura di un padre che ama follemente ma che non riesce a riconoscere come l’assassino che è stato; c’è l’amore per la verità che va detta e conosciuta a tutti i costi. Le dissertazioni etiche, filosofiche, storiche e sociali che vengono affrontate nel romanzo spaziano dalle ragioni della guerra, alla veridicità della storia, dalla religione alla politica, dalla società al revisionismo; coniugando verità storiche e finzione narrativa, vicende dolorosamente verosimili ed elementi di suspence, l’autore ci regala un romanzo da leggere tutto d’un fiato, i cui echi, però, rimarranno anche dopo l’ultima pagina, ponendo al lettore questioni imprescindibili e senza tempo.

Il linguaggio dell’autore è ricercato, sofisticato, perfettamente aderente non solo alla storia che racconta ma anche ai personaggi che delinea; nelle sue pagine, si leggono tematiche forti e importanti, affrontate con estrema lucidità e competenza. Che cos’è l’odio e fin dove spinge e pungola l’essere umano? Che cos’è il male? Perché è così pericolosamente affascinante? Qual è il compito degli umani dopo una tragedia come quella della Guerra? Come si fa ad andare avanti dopo quell’orrore? Nello scontro tra bene e male, chi vince alla fine se anche il bene si deve macchiare di male?

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