Volevo solo dipingere i girasoli

Volevo solo dipingere i girasoli

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Volevo solo dipingere i girasoli, scritto da Fabrizio Altieri ed edito da Il battello a vapore che ringrazio per la copia.


Italia centrale, 1943. Agostino e Stefano sono amici ma sono figli di un partigiano e di un fascista, anche loro amici in gioventù eppure oggi impegnati su due fronti opposti: Aldo è sui monti a combattere, Sergio ha sostituito la divisa da ferroviere con la camicia nera. Un giorno i due ragazzi vedono transitare per la stazione un treno merci stipato di persone. Sono uomini, donne e bambini e hanno i volti sconvolti e impauriti, paiono tutti vecchi. Seguendo la pista di un biglietto lanciato di nascosto da una finestrella del treno, Agostino e Stefano trovano una ragazzina, che li segue con una valigia dipinta con un cielo stellato che sembra un mare. È ebrea e l’unica sua speranza di salvezza è che qualcuno la prenda con sé. Erica non parla, ma ha un talento quasi magico: è bravissima a immaginare e dipingere come doveva essere un luogo prima che la guerra ci passasse. Ne nascerà un’amicizia che andrà oltre le barriere imposte dalla guerra. Insieme, Erica, Agostino e Stefano si scontreranno con il mondo crudele degli adulti e con una domanda che rimarrà senza risposta: perché sta succedendo tutto questo?


Sergio e Aldo sono due ragazzini, legati da una grande amicizia pur se caratterialmente molto diversi: il primo all’apparenza più sottomesso, vittima prescelta dei bulletti della scuola, l’altro impavido e coraggioso, che addirittura salva l’amico dalla potenza del mare, una delle tante cose che amano i due e che li accomuna almeno fino a quando, cresciuti, si troveranno su due fronti. Un’amicizia stroncata dall’appartenenza a principi e valori opposti: uno fascista, l’altro partigiano. Eppure, proprio come aveva sperato Aldo, i loro figli, Agostino e Stefano sono diventati amici, pur temendo di dire ai rispettivi padri del loro legame. Agostino non vede suo padre da un anno, anche se riceve da lui delle lettere: sa che è costretto a nascondersi per via dei fascisti; il padre di Stefano, invece, è sempre presente e scambia la divisa nera per quella da ferroviere, nulla è cambiato dall’infanzia perché continua ad essere vessato da quel bullo, ora suo caposquadra. I due ragazzini amano pescare nel fiume, ascoltare clandestinamente la radio del padre di Stefano, amano quelle canzoni americane di cui non capiscono né sanno riprodurre il testo ma ne assaporano le atmosfere, e passano il tempo alla stazione a guardare i treni che passano. E proprio guardando un treno – merci passare, l’atrocità della guerra – che pure conoscono bene – li colpirà duramente portando con sé una valanga di domande: perché quelle persone sono rinchiuse in un treno – merci solitamente destinato agli animali? Dove mai porteranno vecchi, donne, bambini? Cosa possono aver fatto di male? Quelle mani lasciano cadere una nevicata di bigliettini, di speranza, di testimonianza che i due ragazzi raccolgono e decidono di spedire, pur dovendo farsi in quattro per trovare i soldi. Agostino è più determinato, mentre caratterialmente Stefano è sempre più riluttante inizialmente salvo poi cambiare idea; lui chiederà a suo padre cosa sta succedendo senza ricevere risposta. L’atmosfera è tesa, pesante, gravata da una guerra devastante. Quando nel consegnare a mano uno di quei bigliettini in un paese vicino al loro, Stefano e Agostino faranno la conoscenza di Erica, una ragazzina più o meno loro coetanea, ebrea, sfuggita alla cattura che ha fatto prigioniera tutta la sua famiglia perché si è nascosta, i due ragazzi dovranno decidere come comportarsi con questa strana ragazza che non parla ma scrive e dipinge. Come nasconderla?

Mentre l’amicizia tra i tre ragazzi si consolida, nei monti viene affidato ad Aldo un incarico che è un esame impossibile da superare. Questa è una storia dei tempi di guerra, e la guerra chiama sempre a sé la morte, il dolore, il cambiamento. In un battito di ciglia, Agostino e Stefano – come tanti ragazzi della loro età in quell’epoca buia e disastrosa – passano da ragazzini ad adulti.

Quello che mi ha colpito di questa storia è ciò che l’autore dissemina tra le righe, potente e intenso come l’amicizia che nasce tra questi tre ragazzi. Ad esempio, quando Erica dipinge un pino non ingiallito come nella realtà ma rigoglioso: “ lo aveva dipinto come avrebbe dovuto essere, come sarebbe stato giusto che fosse”, vi ho scorto un rimando all’idea di giustezza della vita, dell’infanzia, che questi tre ragazzi provano a loro modo a vivere ma è evidente alla me lettrice attuale quanto fosse ingiusto crescere preda di paure, di odio. E anche la potenza della bellezza: uno scorcio così abituale per Stefano e Aldo viene immortalato sulla tela da Erica e la loro prospettiva cambia. Erica riesce a vedere oltre le distanze del tempo, oltre la sua azione di erosione e decadimento restituendo la bellezza a quei luoghi; è un talento incredibile. Grazie a loro i due ragazzi scoprono Van Gogh ed è incredibile come seppure sia sempre presente la paura serpeggiante dei nazisti e dei fascisti, riescano a godere di brevissimi momenti di autentica meraviglia, come quando portano Erica a vedere le sue amate stelle, il suo cielo blu di Prussia. E persino il comandante del panzer ha quasi un momento di straniamento dalla realtà contingente quando la vede, simile a uno spaventapasseri, a dipingere in un campo di inaudita bellezza, un campo di girasoli, il regalo che Erica vuole lasciare agli amici prima che attuino il loro piano. Questa è una storia di amicizia, di amore, di bellezza, raccontata con parole semplici ma potenti che mi hanno colpito: lo stile dell’autore riesce a rendere le atmosfere di paura, di angoscia provate dagli adulti, e quel bisogno di spensieratezza che i protagonisti giovani hanno; il suo linguaggio si adatta al pubblico di riferimento. Lo ammetto: ho pianto, tanto, ed è stato inevitabile, perché il periodo della guerra viene raccontato dagli occhi di questi ragazzi che cercano una normalità nel buio. Ho pianto perché l’amore è così forte da girare la sedia di un amico per permettergli di riempirsi l’ultimo sguardo di mare, prima di morire; ho pianto per la rabbia provata, per la cattiveria di Mosca, per le speranze e i sogni distrutti.

“La guerra aveva trasformato tutti, e quasi mai in persone migliori”

Agostino e Stefano si porteranno dietro delle domande senza risposta, una su tutte: perché? Ma i perché della guerra sono inafferrabili per due ragazzini che vogliono vivere ed essere amici, liberi, senza barriere. Erica, come noterà Stefano, è forte, così forte da dipingere quelle stelle, accanto ai suoi amici perché: “ questo non potranno portarmelo via“.

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