Le donne di Dante

Le donne di Dante

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del volume Le donne di Dante, scritto da Marco Santagata ed edito da Il Mulino Società Editrice che ringrazio per la copia.


Da settecento anni la stella di Dante continua a brillare alta nel firmamento degli «spiriti magni» del nostro paese e della cultura occidentale. Con piglio magistrale, Marco Santagata racconta il grande poeta fiorentino attraverso le donne che egli conobbe di persona o di cui sentì parlare, e che ne accompagnarono l’intero cammino. Si avvia così un autentico carosello di figure femminili: donne di famiglia, dalla madre Bella alla moglie Gemma Donati e alla figlia Antonia, che si farà monaca col nome di Beatrice; donne amate, prima fra tutte il suo amore giovanile, la Bice Portinari trasfigurata nella Beatrice della «Vita Nova» e del «Convivio», e poi angelicata nel Paradiso; infine le dame e le gentildonne del tempo, come Francesca da Rimini e Pia de’ Tolomei, che pure trovano voce nelle cantiche della «Commedia». Lasciamoci allora guidare da parole e immagini alla scoperta anche delle zone d’ombra della biografia del poeta e vedremo dipanarsi uno straordinario, fitto garbuglio di vita vissuta e creazione letteraria.


Il volume, riccamente impreziosito di illustrazioni, è un viaggio e al tempo stesso una ricostruzione della vita di Dante; ma non solo, è un affondo e una lettura del suo passato, delle sue radici note e meno note, nonché una contestualizzazione ricercata dell’epoca in cui il poeta visse. Attraverso la sua famiglia, i fantasmi dell’infanzia, l’autore ricostruisce una figura letteraria importantissima, sottolineando le tensioni intime che l’hanno sempre contraddistinta. Il volume di divide in tre parti: Donne di famiglia e dintorni; Le donne amate; Dame, gentildonne e feudatarie.

Come si evince già dal titolo, il punto di osservazione scelto per raccontare Dante è attraverso le donne, il femminile, e non può quindi che iniziare da quella donna “di val di Pado” che diede il nome agli Alighieri, sposando il trisavolo di Dante, Cacciaguida. La tradizione del nome, però, si consolida solo con il bisnonno di Dante, Alaghiero. Nella ricostruzione e nel racconto che Dante fa delle proprie origini, immagina che proprio Cacciaguida fosse stato elevato a cavaliere, inviato addirittura in una crociata; l’alone di mistero che aleggiava sui suoi avi, ha permesso a Dante di immaginare per sé delle radici nobili di cui si gloria anche nel Paradiso. Dante, come sottolinea Santagata, ha sempre sentito di essere “diverso, eccezionale, predestinato“, ed ecco perché forse ha rivalutato nella sua vita la nobiltà di sangue, attribuendosela. Diversamente dal trisavolo, il padre di Dante, Alighiero, era un uomo in disgrazia: radici antiche mitizzate e un presente non proprio facile, Dante è figlio di questo mito famigliare ma è anche figlio di Bella, prima moglie di Alighiero, dalla quale avrà anche due figlie più grandi di Dante. Secondo i dettami della tradizione letteraria, Dante non parla della propria infanzia e della madre. La sorella maggiore, Tana, contrarrà un buon matrimonio che garantirà, assieme al patrimonio e all’influenza dei Donati, una “rete protettiva” per Dante, negli anni dell’esilio. Proseguendo nella ricostruzione, emergono figure sullo sfondo, come dice l’autore “riaffiorano in controluce tracce di vita familiare” che attraverso le sue canzoni e la sua opera letteraria trovano lo spazio, uno spiraglio anche contravvenendo alle regole della poesia cortese che non voleva né nomi né congiunti in scena, per potersi manifestare; spesso, si tratta di immaginazione o di supposizione, dal momento che in Dante, nella sua opera, il confine tra reale e finzione è labile e lui ha più volte attinto ad elementi autobiografici per costruire la sua narrazione. Altrettanto importante per l’uomo Dante, oltre alla sorella Tana – e non soltanto per la ricchezza acquisita tramite il matrimonio ma anche per la devozione che Tana ha avuto per il fratello e che ha trasmesso ai suoi figli – sarà la figura di Gemma Donati, la moglie, promessa a Dante quando aveva dodici anni. Non ci è dato sapere quasi nulla sui primi anni di matrimonio della coppia, e anche dopo l’esilio di Dante da Firenze e i lunghi peregrinaggi del poeta, non sappiamo molto del loro rapporto: si sa che Gemma, parente di Corso Donati il quale aveva affermato la sua supremazia sulla città, riesce alla fine a ritornare a Firenze e che Dante cerca in tutti i modi un perdono dall’esilio, giocandosi anche la carta della parentela e arrivando a scrivere canzoni per avvalorare la sua tesi. E’ pentito, deve essergli permesso tornare in città, ma è anche vittima di fazioni politiche litigiose dove l’odio dilaga e non c’è spazio per il perdono. Nonostante l’esilio e l’agognato ritorno in patria, e nonostante le scarse informazioni, Santagata confuta anche l’idea di un Dante avulso dalla quotidianità quando rintraccia segni di affetto da parte dei figli: non solo Pietro e Iacopo sono tra i primi commentatori della Commedia, ma daranno anche ai loro figli i nomi cari alla genealogia famigliare, segno che Dante, anche esiliato, ha significato qualcosa per loro come figura paterna. Della figlia Antonia, unica femmina, si sarebbero perse le tracce se la sua vita non avesse incrociato quella del Boccaccio, tra le altre cose biografo di Dante: tramite lui scopriamo che Antonia è diventata suora, assumendo il nome di suor Beatrice, altro segno di quel legame con il padre. Se la famiglia nucleare che fonda con Gemma sembra ammirarlo ed essergli devota, più “spinosi” appaiono i rapporti di Dante con il clan dei Donati cui appartiene la moglie e il famigerato Corso; pur esibendo un rispetto formale, in virtù del legame di Gemma con i Donati, scavando, nell’opera di Dante si legge tutta l’acredine per questa famiglia che considera violenta e manipolatrice.

Altrettanto soggetta ad una sorta di copertura, è l’amicizia tra Dante e Guido Cavalcanti, uomo bello, ricco, influente, è un punto di riferimento per Dante, con il quale condivide gli intenti della poesia; ma l’amicizia tra i due si incrina sia per motivazioni politiche sia per il ruolo che l’amore e la figura della donna – Beatrice – avrà nella poesia di Dante. Anche in questo caso, dietro un componimento che vorrebbe celebrare l’amico, Dante riversa un messaggio importante: come la Giovanna di Cavalcanti preannunciava l’arrivo di Beatrice, così la poesia del primo ha fatto da apri pista per quella del secondo, sottendendo che lo abbia poi superato.

Ed è ancora grazie ad un espediente che Dante prova a ricollocare tutta la sua poesia amorosa sotto la luce di parole per Beatrice, unica e sola amata dal suo cuore; com’era d’uso nella poesia dell’epoca, l’amore non può essere cantato mai verso la propria consorte ma deve essere diretto ad un’amante e dal momento che il matrimonio, percepito come un contratto, era inevitabile, appare ovvio che i soggetti di tali poesie fossero donne sposate con altri uomini. Non fa esclusione nemmeno la storia di Bice Portinari, sposata a Simone dei Bardi, musa ispiratrice senza corpo di Dante, il quale dedica alla storia del suo amore l’opera Vita Nova e lega indissolubilmente amore e carriera poetica. E’ proprio la volontà di riunificare sotto l’egida della poesia per Beatrice tutto quanto aveva scritto in precedenza come forma di lirica d’amore a portare Dante ad elaborare una innovativa concezione dell’amore e quindi della poesia; nasce così la poesia della lode all’amata, gratuita e disinteressata, nasce il “dolce stil novo” con il suo manifesto: Donne ch’avete intelletto d’amore. In pieno spirito della tradizione lirica, Beatrice – e con lei tutte le donne della poesia cortese – è figura capace di stupire, di attirare meraviglia e nobilitare chiunque ne venga a contatto e di chi la ama. Non solo, Beatrice è portatrice, proprio per questa sua capacità di far affiorare l’amore anche nei cuori meno nobili, di un miracolo “laico“, introducendo una differenza sostanziale rispetto alla concezione dell’amore nella tradizione della poesia cortese. Ovviamente, Dante a ciò aggiunge una visione di Beatrice paragonata al Cristo, una funzione ecumenica. Dopo la morte di Beatrice, e dopo la conclusione della Vita Nova in cui un Dante con capacità visionarie annuncia un nuovo progetto sulla figura sempre di Beatrice, in realtà cambia registro, e cambia oggetto d’amore, passando prima dalla Donna Pietosa e poi a quella che viene definita Donna Pietra. Si tratta di quattro canzoni in cui la passione è dilagante, cariche di quella sensualità totalmente assente nelle parole dedicate all’eterea Beatrice; per via della ripetizione della parola pietra, tale poesie sono note come rime “petrose”. E’ esercizio di stile o ancora una volta episodio biografico trasporto in forma di rime, si chiede Santagata? Parrebbe vera la seconda ipotesi, e questo costituirebbe l’ennesima innovazione ad opera di Dante: la poesia stilnovista fino a quel momento è sempre e solo stata poesia di lode per una donna dolce, gentile, mentre Pietra sembra fredda e spietata, così anche il linguaggio del poeta cambia. E muta anche l’intento di Dante stesso, introducendovi la passione, il desiderio, il possesso.

Dopo la Vita Nuova, Dante passa al Convivio, opera filosofica, ad opere di carattere morale e dottrinale, fino ad approdare alla Commedia dove Beatrice torna ad occupare un ruolo centrale e fondamentale. L’opera è pervasa da un senso di attesa di quell’incontro tra loro due che arriva solo alla fine del Purgatorio: nella vita vera, sono passati vent’anni dalla Vita Nuova.

Ciò che ho apprezzato moltissimo in questo volume è la capacità dell’autore di riportare elementi che a posteriori potrebbero essere a noi incomprensibili nel contesto socio culturale in cui Dante si muoveva: così la negazione di Beatrice di salutarlo, il suo negarsi, può essere compreso solo muovendosi all’interno di categorie dell’epoca, comprendendo la gerarchia e la società medioevale, e anche i riferimenti personali di Dante, la sua capacità di innovare, di utilizzare la sua vita per scrivere. Il linguaggio che adotta Santagata è immediato ma mai banale: aiuta a fare i collegamenti e fornisce un’adeguata cornice storica per comprendere l’uomo Dante e il Dante poeta, lo loro simbiotica fusione. La società medioevale prevedeva una rigida codifica dei comportamenti a cui erano soggetti tanto gli uomini quanto, in misura maggiore, le donne; le occasioni per gli incontri erano rarissime e limitate, e una gran parte dell’attenzione era puntata sugli occhi, sullo sguardo, in un mondo che limitava drasticamente i contatti sociali. In quest’ottica, allora anche il tanto agognato e celebrato saluto diviene quasi preludio all’amore, corteggiamento e seduzione, arma amatoria, oggetto di poesia. Ed ecco che Beatrice nell’incontro con Dante non solo lo guarda ma lo saluta, lei per prima, mostrando la gratuità di quel suo amore, di quella sua cortesia, carica di quella virtù che Dante non può che contemplare ed adorare. Alla trasgressione di Beatrice risponde Dante con i suoi sonetti relativi alla morte dell’amata: nella poesia dell’epoca, infatti, la morte segna la fine del canto, non esiste ” poesia della memoria“; di nuovo Dante si rivela innovativo segnando la lirica del futuro.

Nell’ultima parte del volume, vengono racchiuse e ricordate le donne citate nella Commedia, nomi e storie, tra “cronaca rosa e nera, fra pettegolezzo e questione di potere“: da Francesca a Pia ( e di conseguenza a Nello Pannocchieschi e Margherita Aldobrandeschi), da Cunizza a Sapia, tante sono le storie personali, gli intrighi politici e le vicende drammatiche che legano questi personaggi. Dall’amore alla lussuria, dall’infedeltà al gioco di potere, i personaggi, come Dante ci ha abituato, sono portatori di messaggi politici e le loro vicende si dipanano tra realtà e finzione.

Il volume, riccamente corredato da illustrazioni che spaziano nel tempo e rendono l’idea di quanto Dante, uomo e poeta, abbia influenzato a fondo il mondo dell’arte ( con dipinti e statue dedicate sia alla sua figura sia alle figure celebri della Commedia e delle sue opere, nel corso dei secoli), si chiude con una cronologia della vita di Dante. Il racconto dell’autore ci lascia una figura multisfaccettata inserita in un contesto ben preciso e sempre affascinante, regalandoci un’opera di grande bellezza.

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