La notte di San Valentino

La notte di San Valentino

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del volume La notte di San Valentino, romanzo d’esordio di Elizabeth Wetmore (traduzione di Tiziana Lo Porto), edito da Ponte alle Grazie che ringrazio per l’invio della copia.


È l’alba del 15 febbraio 1976. Nei pressi di Odessa, cittadina petrolifera del Texas dove dominano misoginia e razzismo, Gloria, giovane donna messicana, aggredita e violentata nella notte dall’operaio Dale Strickland, fugge di soppiatto dal suo camion e raggiunge – in uno degli incipit più riusciti e tesi della letteratura recente – una casa isolata in lontananza. Mary Rose, incinta e madre di una bambina di nove anni, le dà riparo e, nonostante le minacce, si rifiuta di consegnarla a Dale. L’incontro delle due donne cambia la vita di entrambe e dà l’avvio a uno dei più convincenti esordi della letteratura americana degli ultimi anni, baciato in patria da un grande successo critico e di vendite. A Gloria e Mary si aggiunge poi Corrine, un’anziana vedova, fra le poche persone illuminate e aperte della città, che convincerà quest’ultima a testimoniare nel processo contro Dale, nonostante l’ostracismo di tuttala comunità. Attraverso narrazioni alternate, che coinvolgono altri personaggi indimenticabili, Wetmore ci offre una potente storia di ribellione al sessismo e al razzismo che colpiscono non solo il Texas degli anni  Settanta ma purtroppo l’intero mondo ancora oggi; una storia che non teme di attraversare la disperazione e il terrore né di offrire il dono della cura e della riscossa; una storia che rimarrà a lungo nella memoria di ogni lettore. Notizia di gennaio 2021: La HBO sta producendo una miniserie tratta dal libro, voluta da Jennifer Schuur, produttrice esecutiva de “L’amica geniale”, e “Salma Hayek”.


Una ragazzina sa che sta violando tutte le regole, ma non le importa: ha quattordici anni e vuole sentirsi libera, donna, grande. Cosa ha da perdere seguendo quello che le sembra solo un ragazzino più grande di lei nel suo furgone? Nulla. Tutto.

Una madre veglia la figlia piccola, ha un altro piccolo nella pancia e un fucile di famiglia per proteggersi nelle lunghe notti in cui il marito lavora; chi può bussare alla sua porta con tanta aggressività sul limitare del giorno? Deve aprire? Chi è la giovane donna, una bambina poco più grande della sua, piena di tagli, di lividi, che chiede fieramente dell’acqua e di tornare da sua madre? Perche’ quel ragazzo, come una furia, rivuole indietro la fidanzatina?

Una vedova ancora non accetta la perdita dell’uomo che ha amato, con alti e bassi per tutta la vita, la malattia improvvisa, quella quotidianità che ora sa di cenere, riempita malamente da alcol e sigarette. E una figlia lontana, un rapporto difficile, una chiusura sul proprio dolore che esita in un ritiro sociale: non vuole vedere nessuno, non vuole essere nessuno. Sola.

Una bambina che si sforza di essere brava per quando la madre tornerà – perché deve tornare – e si occupa del padre, della casa, di uno sconosciuto: di tutti, tranne che di se stessa, dei suoi capelli sporchi e lunghi, del suo corpo martoriato da pulci e tigna.

Gloria, Mary Rose, Corrine, Debra Ann; e poi Suzanne, Ginny, Karla, Lauralee, in un vortice di voci al femminile che si stagliano su Odessa, città petrolifera del Texas occidentale dove tutto puzza di quel gas che paradossalmente toglie l’ossigeno ma permette di mangiare; donne che lottano per trovare se stesse entro i confini netti e decisi da una società maschilista, che vede le donne relegate al ruolo di angeli del focolare, buone per sfornare figli. Eppure, quando c’era la guerra e gli uomini erano impegnati sul fronte a combattere con i loro demoni che si portano tutt’ora dietro, sono state le donne a lavorare, a rimboccarsi le maniche e a crescere i figli, a lavorare la terra. Ora, però, il loro compito è rendere allegri questi uomini. Tacere o cercare un modo per essere appagate senza urtare troppo il maschio. C’è rabbia, c’è dolore, c’è sottomissione; c’è silenzio, e voglia di riscatto. C’è bisogno di giustizia, di credere in qualcosa di più grande che conti davvero, che punisca davvero chi sbaglia a prescindere dalla razza o dal sesso. Ma non è ancora quel tempo – se mai è arrivato. Il diverso spaventa, deve essere relegato fisicamente altrove, deriso, vessato, umiliato, plagiato. Così Glory può essere stuprata – che parola orribile, siamo proprio sicure di volerla usare? dirà una donna a Mary Rose – da un ragazzo che in fin dei conti è un bravo ragazzo. Rovinargli la vita perché una madre messicana non è stata capace di tenere a bada la figlia quattordicenne che mette nei guai un bravo ragazzo lavoratore: chissà la pena della madre del ragazzo … di Alma, madre di Glory, non importa a nessuno, anzi, meglio farla sparire.

Piano piano, pagina dopo pagina, l’intreccio delle loro esistenze si definisce, scavando nelle routine, negli incontri furtivi, negli sguardi altezzosi e giudicanti, nelle piante da annaffiare e nelle cene da preparare: cosa hanno in comune queste persone? Vicine di casa, certo, ma possono dirsi amiche? Solidali mani tese insieme nello sforzo di affrontare le peripezie della vita? Scopriranno con calma cosa le lega, una ferocia – parola che inevitabilmente ricorre nel testo e che associo a questo romanzo -, una fame di sopravvivenza che non tutte sapevano di possedere, al di sopra di quella paura per sé e degli altri che le ha barricate, emotivamente e fisicamente, in case che non sempre sono servite a proteggere da ricordi e memorie difficili.

Violenza, affermazione di se stessi, lotta per i propri diritti e per quelli altrui, maternità, amore: questi alcuni dei temi trattati magistralmente in questo esordio che ho letteralmente divorato; ho pianto, mi sono arrabbiata, ho sofferto. Questo romanzo mi ha spezzato il cuore e poi l’ha ricomposto, passando dalla solitudine lancinante di Corrine, a quella di Suzanne e Mary Rose; la solidarietà, quando nasce, lo fa con rabbia quasi, controvoglia, lo fa caricandosi di silenzi, di frasi non dette, di sensibilità che non possono essere sbandierate ma vanno ricercate tra una nuvola di fumo e uno stufato, in un prendersi reciprocamente cura che è spesso mascherato da aridità, come quella terra che fa da sfondo a tutto. Come se chiedere aiuto equivalesse ad aver fallito, come donna, come madre, come essere umano. Sono donne bellissime, nella loro dignità conquistata con denti e morsi; donne a cui nessuno ha concesso nulla. Sono bambine che stanno crescendo, con la curiosità di un’amicizia e con la paura di una madre che non capiscono e non possono capire. La scrittura dell’autrice è lucida, nitida e dolorosa: non fa sconti, così come la vita non ne ha fatti alla carrellata di donne su cui il suo romanzo si sofferma creando un’armonia di voci intense, destinate a restare con me anche dopo la lettura del romanzo.

Ogni capitolo è dedicato ad una protagonista e l’autrice ci riporta avanti e indietro nel tempo, costruendo un passato, anticipando un futuro, a tratti devastante, a tratti carico di una piccola speranza. Le parole si piegano alle atmosfere soffocanti che ricrea, non solo per il clima assolato, di un’aridità devastante, che fa immaginare luoghi in cui tutto ciò che cresce può solo strisciare, destinati ad un’arsura profonda e inappagabile, ma anche per la società bigotta, chiusa, rigida, intollerante, contro cui qualcuna di queste donne prova a lottare. Sono donne che amano ferocemente: madri, mogli, figlie, bambine, sorelle, dalla vita difficile in un luogo complicato, dove la deviazione dalla norma equivale alla bollatura, al marchio scottante della diversità, che non solo non può essere contemplata ma nemmeno osservata, aiutata.

La ferocia, appunto, è un tratto che mi sembra possa accomunare le voci di queste donne: madri alle prese con l’amore totalizzante per un figlio, amore che spaventa, che toglie il respiro, notti insonni e capezzoli doloranti, figli desiderati, figli gravanti, figli per cui si desidera ardentemente un futuro diverso. E figlie, giovani donne che vogliono fuggire da una realtà claustrofobica, logorante, noiosamente uguale; figlie che rinnegano le origini, figlie che pagano scelte sbagliate commesse da loro o dalle loro madri. Rabbia e dolore, desiderio frustrante di cambiare un mondo che non vuole essere modificato: come può Mary Rose perdonarsi per quei pensieri che fa sull’uscio di casa quando vede Glory bambina? Come può perdonare l’aula di Tribunale, il sigillo definitivo dell’onta, che colpevolizza una bambina e assolve uno psicopatico, solo perché appartengono a due etnie diverse? La sua rabbia ha fatto eco alla mia, il suo scagliarsi contro tutto e tutti ha fatto eco al mio urlo soffocato: dove e come può sentirsi di nuovo al sicuro? La sua paura diviene ossessione maniacale, di controllo, della vita sua e dei suoi figli, lasciati completamente soli da un padre e marito che accetta e avalla il sistema; Mary Rose vive con il suo fucile, con le telefonate notturne cariche di insulti a farle compagnia, con la sua colpa che si carica sulle spalle e negli incubi in cui Glory diviene sua figlia, Aimee. Arrivata al limite, Mary Rose deve fare qualcosa per liberarsi da questa paura: ogni uomo è male, ogni donna e bambina è vittima che lei deve salvare, che lei questa volta può salvare.

Le strade di Debra Ann, Aimee, Mary Rose e Corinne si incontrano, si intersecano; ciò che accade nella notte di San Valentino nel 1976 alla giovane Gloria, cambierà per sempre le vite di tutti, inevitabilmente toccate dal dolore e dalla violenza, dalla paura generata da un mostro che diviene fonte di incubi, sempre più pervasivi, sempre più orribili. Una storia di donne che devono armarsi, letteralmente e non, per vivere, per camminare a testa alta, per proteggere ad ogni costo chi amano. Un esordio capace di scuotermi, una scrittura vivida, concreta, che apre ferite necessarie; un ritratto di una terra spaventosamente arida, fatta di deserti fisici ed emotivi che vanno percorsi e che lasciano segni indelebili.

Siamo colpevoli? Siamo colpevoli come il peccato, colpevoli quanto è lungo il giorno. Se mai ci fermassimo a ragionarci sopra a lungo, e cerchiamo di non farlo, la nostra colpa sarebbe luminosa e intensa come la luce del sole in agosto. Venite a sedervi al bancone e date una lunga occhiata intorno a tutti noi peccatori impenitenti – artisti della truffa, bugiardi e sognatori, bigotti, bari e assassini – e scoprirete che c’è ancora tempo perché ognuno di noi venga salvato, perché i nostri cuori siano benedetti. Ma Dio vi aiuti se avrete la disgrazia di imbattervi in uno di noi prima che accada.

Condividi:

Leave comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *.