Il declino dell’impero Whiting

Il declino dell’impero Whiting

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Il declino dell’impero Whiting, scritto da Richard Russo (traduzione di Paola Bertante) ed edito da NeriPozza che ringrazio per l’invio della copia.


L’Empire Avenue, la grande arteria di Empire Falls, nel Maine, un tempo brulicava di gente, auto e attività commerciali, ora la si potrebbe percorrere sparando sventagliate di mitra senza far male a una mosca. Un viale deserto che lo sguardo può abbracciare fino in cima, là dove troneggiano le imponenti sagome delle vecchie fabbriche abbandonate. Prima che i Whiting – la famiglia dalle cui alterne fortune dipende la vita in città – vendessero i loro stabilimenti alle multinazionali, sull’Empire Avenue e sulle strade circostanti prosperava una florida comunità di lavoratori e lavoratrici. Ora, quelli bisognosi di lavoro si sono trasferiti altrove e all’esigua popolazione di Empire Falls non resta che trascorrere il tempo nella mera condivisione di speranze e illusioni, sogni e disinganni. Sogni e disinganni che caratterizzano puntualmente i giorni di Miles Roby, il gestore dell’Empire Grill, il ristorante che, con le sue ampie vetrine, spicca lungo il viale principale della città. Sono vent’anni che Miles prepara hamburger, venti lunghi anni in cui sono svanite le sue speranze – l’università, un’esistenza eccitante, piena di libri e di idee – e, con esse, anche una buona parte del rispetto di sé. Che cosa lo trattiene al bancone dell’Empire Grill, in mezzo ad avventori che non mancano di affliggerlo con consigli sulla gestione del ristorante? Tick, forse, la sua brillante e sensibile figlia che ha bisogno del suo aiuto per poter continuare gli studi? O, forse, Janine, la sua ex moglie che si è data all’insegnamento dell’aerobica nella palestra di Walter Comeau, un vanitoso galletto ruspante coi capelli grigi impomatati, stile anni Cinquanta? O, forse, è l’imperiosa Francine Whiting, che possiede tutto in città e sembra credere che «tutto» includa lo stesso Miles?


Empire Falls, Maine: una cittadina dal passato prospero e glorioso che si crogiola nel ricordo di quei momenti di ricchezza, smembrati e venduti da chi è rimasto della potente famiglia Whiting, la signora Francine Whiting matriarca apparentemente senza cuore e poco affezionata alla cittadina stessa. E’ stata la famiglia del marito, tra i più ricchi di quella parte di America, a dare lavoro quasi a tutti con le diverse fabbriche edificate; eppure, sembra che sui maschi di casa Whiting incomba una perversa maledizione, sposare donne che sono destinate a farli soffrire, a ucciderli per giunta, nonostante i tentativi dei mariti di essere loro i primi ad uccidere le consorti! Non fa sconti a questa dinastia nemmeno C.B. Whiting, ultimo erede, le cui inclinazioni personali lo conducono in Messico alla ricerca di un’identità fatta di poesia e bellezza, ma il richiamo paterno è qualcosa a cui sa che non può sottrarsi e il ritorno nel Maine rappresenta l’inizio di una nuova vita e di una nuova era per Empire Falls.

Il passato si mescola al presente: la signora Whiting spadroneggia sui cittadini che tiene in pugno grazie ai possedimenti e ai soldi, legandoli al suo volere. Ma cos’è che vuole questa signora così lontana dalle dinamiche cittadine? Lei con la sua autorità incute soggezione in tutti, soprattutto nel buon Miles Roby, gestore dell’Empire Grill di proprietà, ovviamente, della signora Whiting. Curiosamente, il legame che c’è tra i due è qualcosa di complesso, frutto di non detti e di una volontà integerrima di Miles di fare la cosa giusta, sempre, anche andando contro i propri interessi. E’ stata proprio la Whiting a dare lavoro a Grace, bellissima madre di Miles e David, e sempre lei ha richiamato il maggiore, contro la volontà della madre, per dirgli della malattia di Grace. Da momentaneo, il ritorno a Empire Falls si è tramutato in qualcosa di concreto, un luogo da cui Miles forse sogna di andare via ma che lo tiene ancorato lì, in hamburger da cucinare e personaggi locali da gestire, come una sorta di rituale cui non può sottrarsi. All’Empire Grill tutti sembrano infatti recitare un copione consumato ma necessario senza il quale altre domande dalle risposte ben più dolorose affiorerebbero. E Miles, un pò regista, un pò attore a sua volta, si ritrova a quarantadue anni ad affrontare un divorzio, con una figlia sedicenne e un ingombrante nuovo futuro marito di Janine, la sua ex moglie.

Il caleidoscopio di personaggi ritratti da Russo in questo corposo romanzo è un affresco di un’America che lotta, che cerca come può di sopravvivere al progresso, di stare al passo col tempo, rispecchiandosi nella cittadina di Empire Falls, un tempo ricca, fiorente, importante, e che ora fa i conti con un declino totalizzante e paralizzante. Dell’impero della famiglia Whiting, il cui prestigio è stata la linfa che ha permesso all’economia locale di espandersi, restano vestigia, scheletri di edifici e l’anziana matriarca che non cede il passo su nulla e veglia – benevola o malevola, ognuno a Empire Falls, Maine ha una sua teoria al riguardo – sui possedimenti della famiglia che ha sposato tanti anni prima. La popolazione continua a sperare che quei vuoti locali, un tempo brulicanti di attività e denaro, vengano acquisiti da qualcun altro e con essi si possa dare una nuova mano di smalto e vitalità alla cittadina, ma così non accade. Empire Falls vivacchia.

In questo contesto, si snodano le vite di generazioni di personaggi sapientemente riprodotte da uno stile e un linguaggio capaci di adattarsi ai contesti sociali , di vita dei vari protagonisti: così il lettore fa la conoscenza di Miles, di suo fratello David, del peculiare genitore Max, di sua figlia Tick e della futura ex moglie Janine; ma non solo, ci sono Bea, madre di Janine, e Walt, l’uomo che ha fatto riscoprire i piaceri della carne alla quarantenne Janine, c’è Otto Meyer jr, preside della scuola e amico d’infanzia di Miles, il giornalista Horace, gli amici di scuola di Tick, il poliziotto Jimmy Minty, Cindy Whiting. Ogni voce trova spazio in una storia corale che affronta il tema delle radici, dell’accettazione o meno delle proprie scelte, e, come dirà la Whiting, il tema della volontà e del controllo.

Una delle caratteristiche che più mi ha impressionata in merito alla scrittura di Russo è la sua capacità di affiancare momenti di introspezione, svolte di vita, eventi che emergono con potenza e si stagliano nella memoria individuale, capaci di cambiare il corso di un’esistenza intera, accanto a momenti francamente esilaranti, divertenti, irriverenti (su tutti: la scena della prima guida di Miles!). Ne sono risultati, a mio avviso, personaggi estremamente dinamici, sagaci, qualcuno con uno spiccato senso della battuta come Max, ad esempio, un settantenne che oggettivamente ha delle carenze, delle fragilità caratteriali che lo hanno reso e lo rendono un adulto da non prendere come modello eppure ci sono momenti in cui proprio questa sua caratteristica lo rende esilarante. Come se la sua distorta coscienza morale gli permettesse di dire ciò che vuole in opposizione netta alla accortezza estrema di Miles; Max è libero, si sente libero di essere ciò che è, senza alcuna velleità di sorta circa il proprio cambiamento. Lui è così, o lo si accetta o meno, non fa nulla per modificarsi, per adeguarsi e adattarsi all’interlocutore, anzi, quando può lo pungola, lo provoca, tutto per i propri interessi personali. Dirà bene un personaggio: la famiglia Roby è composta da quattro membri, ognuno con caratteristiche che funzionerebbero bene solo se fuse. Miles è più simile alla madre, Grace, donna di chiesa, ligia al dovere morale e religioso, che ha plasmato l’identità del figlio sommergendolo, fino ad un certo punto della sua vita, di attenzioni e regole; Miles si crogiola nel ricordo della sua figura, eppure scoprirà che anche una donna come Grace nascondeva dei segreti – e che segreti. 

Fulcro della storia sono i rapporti tra le persone, la loro interdipendenza: quanto lo sguardo dell’altro condiziona a scegliere in un determinato modo, ad essere in un certo modo? Quanto contano e pesano le aspettative? L’idea di deludere gli altri, il ricordo di una madre, la sua aspettativa, il doloroso riscontro di non essere come ci si aspettava che si fosse, come e quanto influisce sulla propria autostima, sul modo in cui si vive la vita e gli affetti? Miles sembra schiacciato quasi dal peso di queste aspettative genitoriali che sente di aver disatteso, non solo, ha la sensazione costante di aver deluso tutti, di essere un fallimento come uomo, figlio, marito, padre e fratello, eppure sembra al tempo stesso inchiodato in quel punto, incapace di muoversi. Viene definito disfattista e passivo, troppo gentile da risultare poco attraente, un uomo che vive nel passato e nel futuro, senza concretizzare il presente. Di cosa ha paura? Forse, di essere felice, di accorgersi che gli basta ciò che ha per stare bene o forse di accorgersi che ha sbagliato tutto. Domande che, come sempre, possono avere risposte disarmanti. Meglio non porgerle a se stessi e tergiversare. Meglio gettarsi a capofitto in una nuova avventura, anche se frutto dell’orgoglio, come Janine, un personaggio che mi ha colpita molto e che di primo acchito ho francamente detestato, salvo poi ragionare e riflettere su di lei; una donna che mi ha suscitato molte emozioni, tra cui rabbia e tenerezza. Anche lei, come molti altri personaggi, alla ricerca della propria identità.

Il tema della felicità sembra essere centrale in queste vite: tutti sono alla ricerca della propria oasi felice, qualcuno la ritrova in un luogo, qualcuno crede di trovarla in una relazione, tutti si dovranno scontrare con la disillusione, con la caduta del mito, con il crollo delle proprie aspettative, reagendo ad esso in maniera personale. C’è chi si rifugia nell’alcol, chi ha così paura di quella stessa felicità da porsi nella condizione di non accarezzarla mai, chi preferisce non pensarci per paura che possa sfuggirle anche quel tenero lembo che tiene tra le dita. E ovviamente accanto al tema della ricerca della felicità, non può non esserci il rimpianto, il rimorso, le occasioni perdute, i sogni spezzati; la definizione di se stessi che per qualcuno passa attraverso l’ancoraggio radicato in quel luogo che gli ha dato i natali mentre per altri è il trampolino di lancio verso una vita potenzialmente altrove.

La città, i suoi abitanti, sono cornice e sfondo ad un romanzo di vita che la indaga, la scandaglia da molteplici punti di vista; al termine della lettura, Empire Falls è diventato un luogo per me reale, i suoi abitanti, le sue vie, tangibili e concrete. I personaggi di Russo sono diventati conoscenti che non volevo abbandonare, qualcuno più di altri: mi hanno emozionata, mi hanno inevitabilmente portata a riflettere sulla mia di vita, sulle scelte compiute, rimandate, cancellate, acquattate al limite dei sogni, sulle giustificazioni che spesso ci diamo, o dobbiamo darci per dormire la notte, per avallare le nostre azioni.

Sono stata Miles, ho riso con Max, sono stata adolescente con Tick e donna rinata con Janine. Sono stata Grace, ho covato la speranza dell’amore e la sua caduta; sono stata, anche se per poco, C.B. Whiting e mi sono chiesta con lui se cambiando solo una piccolissima scelta avrebbe avuto una vita diversa per se stesso, per il suo amore e per la sua città; mi sono chiesta quanto conti la vendetta, il piacere di fare male, di sottrarre a qualcuno che si odia tutto ciò che ama. E quando credevo di aver visto tutto, l’autore introduce un nuovo elemento di rottura, potente e attuale, dolorosamente reale, che ha messo in luce lati nuovi delle personalità dei suoi protagonisti. L’epilogo gioca sul concetto distorto di ironia della sorte e mi ha strappato un sogghigno dolce e amaro al tempo stesso.

I personaggi sono verosimili, ritratti nella autenticità delle scelte quotidiane, dalla lotta per conquistare il cuore della donna amata, alla consapevolezza di aver sbagliato ancora e ancora, al desiderio di un futuro diverso; dall’adolescenza, quella attuale di Tick e quella del ricordo di Miles, necessaria per comprendere fino in fondo i risvolti emotivi di questa storia, l’autore svela paure legittime e non, dubbi e tensioni vitali, pulsioni e istinti, delineando un affresco di personaggi incredibili. Empire Falls è memoria, malinconia, ricordo, rimpianto, possibilità; è crescita, è sogno, è punizione, è gabbia.

A quanto pareva, diventare adulti significava semplicemente questo: acquisire la capacità di seppellire le emozioni più a fondo, lontano dagli occhi e, se possibile, lontano dal cuore.

Miles Roby è il protagonista principale della storia, ma in quanto individuo perfettamente calato in un contesto, la sua vita si intreccia a quella dei suoi affetti, dei suoi conoscenti, degli avventori del suo locale; è il frutto di tutta l’educazione impartitagli dalla madre, quasi troppo carico del peso di quelle parole materne, di quelle aspettative che lo hanno reso l’uomo che è, buono, onesto; sono forse dei difetti, questi? Certamente no, ma nell’impianto di vita che ha condotto lo hanno reso quasi fragile agli occhi altrui, specialmente a quelli della moglie che vede nel modo di fare accomodante del futuro ex marito qualcosa di sbagliato, qualcosa che la disturba. Viene da chiedersi se questo dica qualcosa più su di lei che su Miles. Eppure, Miles certe pulsioni le ha, certi sogni li ha avuti, ma cosa può fare ora a quarantadue anni, con un padre da gestire, un fratello di cui prendersi cura, una figlia e una ex moglie? E’ questa la sua giustificazione morale a restare a cucinare hamburger da vent’anni ad Empire Falls, Maine? E’ qualcosa a cui crede o dietro cui si nasconde?

Che cos’è questo mondo, infatti, se non un luogo in cui la gente rincorre i propri desideri più impossibili, finché questi non prendono corpo a dispetto di ogni logica, della plausibilità e persino dello scorrere del tempo, come marmo eterno e levigato?

Tra segreti, rivelazioni, sogni e amore, l’autore ha la capacità di raccontare le vite dei suoi personaggi con naturalezza, con un linguaggio semplice, incisivo, credibile, con descrizioni precise, attente, doverose che rendono tutto così reale da non poter che restare nella mia mente, rendendo la sua Empire Falls anche un pò mia.

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