Il sangue della lupa – Romulus vol.1

Il sangue della lupa – Romulus vol.1

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Romulus Libro 1- Il sangue della lupa, scritto da Luca Azzolini ed edito da HarperCollins, che ringrazio per la copia.


Molti secoli fa, ottocento anni prima della nascita di Cristo, le Terre dei Trenta sono stremate da una lunga siccità. Il Lazio arde, i campi hanno smesso di dare frutti, e i villaggi mormorano. La colpa è soltanto di re Numitor. Il sovrano di Alba Longa e della Lega dei Trenta è un vecchio a cui gli Dei si rifiutano di parlare, sordi davanti a ogni sua supplica. Per questo è stato convocato d’urgenza un consiglio dei popoli albani. Se Numitor sarà dichiarato indegno di regnare, a succedergli dovranno essere i suoi giovani nipoti: due gemelli tanto diversi tra loro quanto legati da un affetto autentico e senza precedenti. Enitos, forte e impulsivo, appassionato, istintivo, e Yemos, riflessivo e cauto, ma capace di profonde intuizioni. Nonostante la giovane età, potrebbe essere giunto per loro il momento di salire al trono. Non sono però i soli ad attendere con trepidazione il giudizio degli Dei. Nel tempio abitato dalla Dea Vesta e dalle sue sacerdotesse, una di loro, la tormentata Ilia, figlia di Amulius, fratello minore di re Numitor, ha il cuore dilaniato da una profonda passione e da un terribile senso di colpa.
Teme di essersi macchiata di un peccato che l’ha resa indegna agli occhi di Vesta. Mentre gli Dei giocano con le vite e i troni dei mortali, nella vicina Velia, un’altra delle trenta città della Lega Albana, un nuovo gruppo di giovani è pronto per affrontare i Lupercalia: sei mesi da trascorrere nei boschi, al termine dei quali o torneranno uomini, o non torneranno affatto. Tra loro c’è Wiros, un orfano gracile e solitario, che osserva con timore la selva in cui dovrà vivere. Pare sia infestata da una divinità crudele e selvaggia che è stata bandita da tutti gli altri Dei. Rumia, la Madre dei Lupi. Luca Azzolini racconta la storia dell’origine di Roma in un modo assolutamente originale e senza precedenti, unendo all’accuratezza storica lo stile contemporaneo e diretto che ricorda quello dei grandi maestri del romanzo storico e fantasy degli ultimi anni, da Ken Follett a George R. R. Martin.


VIII secolo a.C.: le Terre dei Trenta, nel Lazio, soffrono strette in una morsa di caldo asfissiante ed estenuante. Velia e Alba sono piegate dalla siccità, latrice di morte e di presagi funesti. Mentre nel primo territorio si appropinqua il momento dei Lupercalia, ad Alba, il re Numitor sa che il suo trono sta vacillando. Gli Dei ormai sembrano averlo abbandonato, voltando le spalle alle sue preghiere: né Giove Laziale, né Vesta, sembrano ascoltare i lamenti di questi uomini, così Numitor sa che la Lega dei Trenta chiederà un confronto, un’ interpretazione dei segni da parte di àugure, aruspice ed aeromante, per leggere il volere divino.

E’ colpa del re, infatti, se la pioggia non bagna i campi inariditi, e se il divino avallerà tale ipotesi, il re dovrà essere deposto, con tutta la brutalità che ne conseguirà.

Nel tempio di Vesta, triplice dea, madre del fuoco e senza volto, la giovane Ilia non crede alla voce della divinità: il suo destino le è stato rubato in tenera età, quando il re l’ha rinchiusa nel tempio. Una benedizione, per gli altri. Quasi una maledizione per lei. Così piena di voglia di vivere, di conoscere, di vedere, sentire. Amare. Un anfratto segreto e uno sguardo, il tocco di una carezza rubata, sussurri tra le piante, questo è ciò che è riuscita ad ottenere, ma a che prezzo? Ben presto, la voce della Dea si farà sentire proprio da lei che non ci crede più: parole di sangue e morte, terribili, letali.

La narrazione segue diversi punti di vista collocati in altrettanti diversi scenari: solo durante la lettura, si scopriranno le convergenze di queste voci. L’autore dosa i colpi di scena e le rivelazioni che mettono in relazione tutti i tasselli della storia, narrata con un linguaggio asciutto e lucido, quasi cinematografico. Le scene sono descritte con frasi brevi ma precise, intense, vivide: immaginare ciò che ho letto mi è risultato molto facile, così come, al tempo stesso, entrare in sintonia con i personaggi. Il linguaggio utilizzato, pur non snaturando il contesto di riferimento e ambientazione della vicenda, appare moderno, scorrevole.

Sicuramente, la cosa che ho maggiormente apprezzato è stato il modo in cui l’autore ha ricreato un contesto storico credibile e interessante. La società è complessa e stratificata, politicamente e culturalmente: il destino, il fato anzi, dei personaggi è nelle mani di divinità volubili, se non francamente terrificanti. Il loro volere è oscuro e l’interpretazione dei loro messaggi e presagi è ad appannaggio di figure particolari, quasi sempre isolate dal resto della comunità, come le vestali o gli aruspici, i quali ad esempio sono considerati dai re della Lega dei Trenta come “meno mascolini” perché non combattono attivamente. Sulla base di ciò che gli Dei sembrano suggerire, si decidono re, si decide della vita e della morte di persone; le conseguenze del tradimento agli Dei sono tremende, micidiali. Eppure, con lo scorrere delle pagine, più di un personaggio si dovrà confrontare con i dogmi impartiti sin dalla tenera infanzia: dicerie o verità? Davvero gli Dei guardano ai mortali o ridono soltanto di loro, come si chiederà qualcuno?

I timori degli uomini non muteranno di un passo il sentiero che gli dei hanno tracciato per loro. Ma se dimostriamo di avere fiducia e coraggio, ardire e intraprendenza, allora sì, gli Dei ne terranno conto.

Il rapporto con il piano del divino, del sacro è qualcosa di complicato e arcaico al tempo stesso: gli umani possono cambiare la propria sorte o devono soccombere dinanzi agli Dei senza possibilità di redenzione? La religiosità si intreccia innegabilmente alla morale e all’onore, altre istanze fortemente importanti per i diversi popoli che qui vediamo. Chi si macchia di tradimento, paga, ed esiste quasi una scala di gravità del crimine, ma invariabilmente, la punizione consiste nel disonore e nella morte. La morte avviene in solitaria, senza quei rituali che invece vengono tributati a chi muore nel giusto, comunque; che accadrà a tali anime?

Gli Dei non fanno favori. Gli Dei non ci amano e nemmeno ci odiano. E’ una la cosa che fanno … ridono di noi.

Centrale è la questione del potere, che muove alcuni dei protagonisti di questa storia, in particolare Amulius e sua moglie Gala, che appare manipolatrice e avida e si pone interrogativi circa il ruolo delle donne e delle mogli nella società. Amulius si lascia attrarre dalla voce suadente del potere, incarnata da Gala: ma è davvero così? Gala, dal canto suo, sa che, in quanto donna, deve lottare il doppio rispetto agli uomini per ottenere una parvenza di libertà; deve essere forte, accettare ancelle, compromessi e lutti, otterrà ciò che anela?

Enitos e Yemos sono i due gemelli nipoti del re di Alba, destinati al trono e a comandare sulla Lega; diversi tra loro caratterialmente, sono molto legati pur nascondendo dei segreti. Entrambi molto amati dalla madre Silvia e uniti nel ricordo del padre Ascanius, si troveranno a dover affrontare il peso di responsabilità enormi per due ragazzi della loro età. Dovranno mettere in discussione tutto ciò in cui hanno sempre creduto, soprattutto l’importanza dell’appartenere allo stesso sangue.

Infine, c’è la voce di Wiros, giovane orfano che prende parte ai Lupercalia, un rituale difficile in cui un gruppo di giovani di Velia deve vivere per sei mesi nei boschi, arrangiandosi per sopravvivere e diventare, così, uomini. I Lupercalia sono quasi un micro-cosmo, governato da proprie brutalissime regole: il bosco sembra esacerbare comportamenti senza decoro, spingendo questi giovani al limite della propria resistenza fisica e psichica. Il branco si fa beffa dei deboli, ma i luperchi sembrano dimenticare quanto è facile passare da predatori a prede. Wiros sembra essere l’unico a credere davvero sino in fondo alla leggenda della Dea che non va invocata, Signora dei boschi, Rumia. La sua è una paura infondata o quegli sguardi che sente addosso, quelle ossa che trova nel bosco, sono i segni tangibili della famelica divinità? Il bosco è solo uno degli elementi simbolici citati nel romanzo: luogo ancestrale, di passaggio e di formazione, di cambiamento, casa di spiriti notturni e foriero di smarrimento.

Buio e luce, vita e morte: queste le istanze in gioco nelle esistenze dei protagonisti che si devono confrontare con il potere, con il destino, con la violenza ed il sangue; mitologia e storia, sangue e morte, amore e onore, si intrecciano in questo promettente primo volume.

Il tempo non è altro che un vetro smerigliato attraverso il quale valutare vite, volti e storie. Il tempo ferisce e sana; vela e mostra.

Può una profezia segnare il corso della storia? Con uno stile capace di coinvolgere il lettore, l’autore ci guida nella rilettura della nascita di un mito che appartiene alla nostra storia e alla collettività; lo fa con competenza e padronanza del genere, regalandoci un esordio ben riuscito, a mio avviso. Sempre interessanti da leggere, i ringraziamenti conclusivi ci parlano anche dei riferimenti dell’autore.

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