Giro di vite

Giro di vite

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Giro di vite, scritto da Henry James ( traduzione di Chiara Messina) ed edito da Nua Edizioni, che ringrazio per la copia.


«Non fidarti di ciò che vedi.»

Una giovane donna al suo primo lavoro.
Due piccoli orfani dall’aspetto angelico e dall’indole stranamente silenziosa di cui prendersi cura.
Una dimora isolata all’interno della quale si aggirano, minacciose, due presenze, forse i fantasmi di due vecchi servitori morti in circostanze misteriose che sembrano determinati ad attirare i bambini in un’oscura trappola, possedendo le loro menti e corrompendo le loro giovani anime innocenti.
Ma nella scrittura avvolgente e perturbante di Henry James nulla e ciò che sembra e il lettore, lentamente, sprofonda in un’oscura nube di dubbio e inquietudine.


E’ la vigilia di Natale e un gruppo di persone sta trascorrendo insieme la serata quando viene proposto di raccontare storie spaventose; Douglas promette di averne una davvero perfetta e si fa mandare il diario personale della protagonista della storia, un’istitutrice che lo stesso Douglas ha conosciuto e che si è con lui confidato. Attorno al focolare, allora, racconta dell’incontro tra questa giovane istitutrice, proveniente da una classe umile, e il padrone di una tenuta antica nell’Essex, rimasto l’unico a prendersi cura dei due nipotini, mandati appunto nella proprietà di Bly per il clima salubre. Sedotta dall’aria attraente del padrone, dal denaro e dalla responsabilità che l’uomo sta di fatto posando sulle sue spalle, la ragazza accetta il lavoro, clausole comprese: mai disturbare il padrone, per nessun motivo. Che se la sbrighi lei, da adesso in poi. Chissà come mai, eppure la ragazza non riesce a dare troppo peso a queste informazioni perché la sua partenza è repentina; il vortice di euforia e meraviglia sembra incessante e sembra toglierle quasi ogni capacità di raziocinio anche davanti alla tenuta stessa che le appare incredibile. Tutto sembra avvolto da un’aura di fascinazione che soggioga la ragazza: anche i due bambini, Miles e Flora, sembrano due angeliche creature, bellissime, educate, composte, intelligenti. Perfette, troppo perfette. Ma sarà davvero così?

L’istitutrice è sempre più felice di aver accettato il lavoro, anche perché incontra la signora Grose con cui instaura subito un’innata sintonia e un rispetto reciproco; tuttavia, sin dalla prima notte trascorsa a Bly, qualcosa inizia a turbare la ragazza, una sensazione che le viene difficile, ora, descrivere, ma che la porta a stare all’erta e a sviluppare una maniacale attenzione verso i bambini che percepirà sempre più come suoi, come fragili creature affidate alla sua protezione. Le giornate si stendono serene e piene, complete, mentre si intrattiene con Flora e Miles, ma qualcosa stona. Prima, una lettera del collegio del signorino, inaudita per la ragazza; poi, l’apparizione di un personaggio sulla torre della tenuta. Chi è? Perché li osserva? Il lettore è chiamato ad un doppio compito: capire cosa vede l’istitutrice con i suoi occhi e leggere le azioni e i pensieri che come un flusso ininterrotto di coscienza quasi delirante, l’autore ci consegna. Perché non parla subito alla signora Grose di ciò che ha visto? Perché ne diviene quasi logorata, ossessionata, terrificata ed è subito portata a dare una connotazione negativa alla figura? A ciò si aggiungono gli strani silenzi della signora Grose, appunto: che misteri nasconde? Non appare chiara e limpida e anche i dialoghi tra le due spesso danno per scontato diversi retroscena. Quello dell’istitutrice è un racconto a ritroso che quindi anticipa, incuriosisce, cattura mirabilmente il lettore; un romanzo da leggere tutto d’un fiato, dalle atmosfere cupe e cariche di suspence, impossibile da interrompere.

Chi sono le figure spettrali che appaiono alla ragazza? Cosa vogliono? Misteri, segreti sconvenienti contro la rigida morale dell’epoca, e dubbi che si insinuano prima nell’istitutrice e poi nel lettore, fino all’epilogo spiazzante e terribile che lascia ancor più domande. La penna di James è magistrale nello scandagliare la psiche dei suoi personaggi, nel dipingere un contesto inquietante, ricco di quella calma che precede le più terribili tempeste. Chi è davvero l’istitutrice? Cosa vuole da questi bambini per cui sviluppa un’ossessione? Perché il padrone non vuole essere disturbato? Si percepisce nell’aria un passato fatto di segreti taciuti che rende ancor più carica di ansia la lettura: la tensione palpitante culmina nelle pagine finali quando, almeno in apparenza, tutti i nodi vengono al pettine, nella scena del lago. Cosa vogliono gli spettri? Corrompere i giovani padroncini? E a loro volta, Flora e Miles sono davvero così perfetti come sembrano all’inizio o anche loro sono abili attori? E a che fine mentirebbero? Delirante, onirico, dai contorni sfumati proprio come le atmosfere isolate e nebbiose in cui la storia si svolge, cariche di isolamento e silenzi infiniti, desolanti, spaventosi.

Con il cielo grigio e le ghirlande di fiori appassiti, con i suoi spazi deserti e le foglie morte sparse ovunque, il luogo somigliava a un teatro dopo lo spettacolo, con i programmi spiegazzati sparpagliati sul pavimento.

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