La luna che uccide

La luna che uccide

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo La luna che uccide, scritto da N. K. Jemisin (Traduzione di Laura Scipioni) ed edito da Fanucci Editore. Il volume è primo di un dittico che si è concluso con la pubblicazione de Il sole oscurato.


Nella antica città-stato di Gujaareh, la pace è l’unica legge. Sui suoi tetti e tra le ombre delle sue strade acciottolate vegliano i raccoglitori, i custodi di questa pace. Sacerdoti della Dea del Sogno hanno il compito di raccogliere la magia della mente addormentata e usarla per guarire, calmare… e uccidere chiunque giudichino corrotto. Ma quando viene scoperta una cospirazione nel grande tempio di Gujaareh, Ehiru – il più famoso raccoglitore della città – dovrà mettere in discussione tutte le sue certezze. Qualcuno, o qualcosa, sta uccidendo i sognatori in nome della dea, e insegue le sue prede sia nei vicoli di Gujaareh che nel regno dei sogni. Ehiru ora deve proteggere la donna che era stato mandato a uccidere, o vedrà la sua città divorata dalla guerra e dalla magia proibita.


Gujaareh è una delle più grandi città- stato esistenti, dove vige la pace che deve essere rispettata ad ogni costo; si fonda su una storia antica quanto complicata, la cui origine ha a che fare con la leggenda, il folclore e la fede in una dea, Hananja, divinità dei sogni, della morte e di ciò che si colloca dopo. Ogni capitolo è introdotto da un versetto della Legge o della saggezza popolare che aiuta il lettore a capire come funzioni qui la questione del sacro, dei sogni, della magia, a cui tutto sembra apparentemente connesso. L’autrice, come sempre, non svela da subito le proprie carte ma ci lascia addentrare nel suo mondo con calma, rivelandoci pagina dopo pagina dettagli attraverso gli occhi dei suoi protagonisti. La pace tanto osannata in realtà si rivela essere effimera perché una guerra, enorme, è alle porte. Lo scoprirà presto, e nel peggiore dei modi, Sunandi, oratrice – voce del protettorato di Kisua, altra grande città- stato che non condivide con Gujaareh alcune regole sociali, politiche e religiose. Mandata a fare la spia, cosa comunque molto diffusa, la donna scoprirà che la verità su ciò che si sta muovendo in gran segreto è ancora più oscura e terribile della “sola” guerra.

La questione del rispetto per la morte e per l’anima è uno dei temi fondanti tutta la narrazione e la cultura stessa di questo mondo, che richiama e ricorda paesaggi realmente conosciuti: la morte è qualcosa di sacro, e bisogna garantire un passaggio alla terra dei sogni, come viene chiamata, bisogna fare in modo che le anime possano ritrovarsi lì, che non si smarriscano, rendendo di fatto vana la loro permanenza terrena. Il modo in cui ciò viene garantito è affascinante e originale, e, insieme alla questione della magia, uno degli aspetti che ho più apprezzato in questo romanzo.

E’ un mondo politicamente e socialmente complesso e finemente stratificato che prende spunto dai grandi imperi del passato, inserendo però innesti di originalità e le tematiche care all’autrice. Vi sono le caste, un potere politico che nel tempo si è stabilizzato, e un potere religioso altrettanto forte: il problema risiede proprio qui, è tutta una questione di apparenze, di equilibrio e di controllo del potere. E’ un mondo con la magia che nasce dai sogni, il cui controllo, la narcomanzia, permette di praticare appunto l’arte magica, molto diffusa e pervasiva a Gujaareh.  . Gli elementi della Natura sono sempre presenti nei romanzi dell’autrice: l’età si misura attraverso le inondazioni, i momenti del giorno e della notte scanditi dal passaggio del Sole, della Luna Sognante e della Luna Vegliante, che a loro volta rappresentano delle divinità cui si fa risalire l’origine del mondo, Negli interludi, l’autrice, nel suo consueto stile, ci aiuterà a ricostruire a ritroso la storia del suo mondo, le prime guerre, il bisogno della fede, lo scontro con il potere del sangue onirico.

La morte è considerata anche la benedizione di Hananja, che avviene per mano dei suoi sacerdoti che seguono il Cammino di Raccoglitori; tramite una commissione, vengono in un certo senso “chiamati” per dare la morte ma non si considerano assassini, anzi. La morte comporta la Raccolta, e per quanto possano donare pace, i Raccoglitori fanno paura perché la morte è morte. Ai Raccoglitori viene comunicato quali persone devono morire ricevendo la morte dei sogni, e i sacerdoti crescono all’ombra di insegnamenti a cui credono ciecamente. Ma quando Ehiru, il più anziano tra i Raccoglitori dal passato misterioso, e il suo apprendista Raccoglitore Nijiri si troveranno coinvolti in morti segnate dal marchio dell’orrore e in una guerra,  si renderanno conto che il dubbio non solo è necessario, ma è l’unica strada per scoprire la verità e impedire la guerra, ovvero il fallimento di tutto ciò in cui credono, di ciò che si sono votati a proteggere.

I personaggi sono psicologicamente approfonditi e alle prese con diverse tematiche e sfide personali: non è facile accettare la caduta del mito, comprendere di essere stati usati e manipolati da persone amate; non è facile non manipolare, in un gioco di specchi, a propria volta, forti del potere dell’amore. Ma qual è questo potere? Cos’è l’amore? In che rapporto sono tra loro?

Una storia affascinante che parla di avventura e mistero, di amore e di famiglia, di tradimenti e di scelte, di passato e di futuro, di segreti e avidità, in un contesto come sempre sapientemente tratteggiato, che porta in sé echi di mondi reali intessuti con l’incredibile fantasia dell’autrice.

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