Factory
Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di Factory, scritto da Tim Bruno ed edito da Rizzoli, che ringrazio per l’invio della copia.
TRAMA
La Factory è uno stabilimento di animali sottoposti alla più grigia routine produttiva. Da molte stagioni Scorza, un ratto solitario, ha scoperto il modo di entrarvi, aprendosi un varco in una grata di ferro arrugginito. È così che riesce a rubare il foraggio destinato agli animali d’allevamento. La Factory è diventata la sua dispensa privata: cibo a volontà e tepore anche in inverno. Ma un giorno il ratto cade sul tapis roulant che riempie i trogoli e si ritrova muso a muso con A550, un vitello chiazzato da una macchia bianca proprio al centro della fronte. Scorza scopre così che quel corpo fumante di vapore è in grado di parlare e di provare emozioni. È l’inizio di un’amicizia e l’amicizia, si sa, fa la rivoluzione.
Scorza è un topo dal pelo grigio scuro, solitario e sempre alla ricerca di cibo, motivo che lo ha spinto a cercare mangime e riparo nella Factory, uno stabilimento che dispensa, a orari specifici, proprio quel foraggio che gli riempie la pancia. Non è mai stato avvezzo alla vita di comunità, preferendo la solitudine a inutili combattimenti amorosi, e, anche per via del suo carattere scontroso, oramai è un ratto che si diletta in soliloqui con la sua Vibrissa, una sorta di coscienza che prova a dirgli cosa fare. L’incontro fortuito con uno dei bovini chiuso nello stallo della Factory, cambierà per sempre la vita del nostro ratto.
Fiore, questo è il nome che Scorza affida ad A550 perché come dirà “è una parola speciale … una parola che dice chi sei”, il tenero vitello con una macchia bianca a forma di stella in fronte, scalfisce con la sua genuina ed ingenua curiosità la corazza ispessita dal silenzio e dalla solitudine di Scorza. Il mondo di fuori è l’argomento principale delle conversazioni tra i due: il ratto prova a descrivere a Fiore le nuvole, la pioggia, gli uccelli, gli alberi e il vitello pende letteralmente dalle sue labbra. Eppure, come è facile immaginare, mentre Scorza può entrare ed uscire a piacimento dalla Factory, Fiore non può farlo, anzi è destinato ad attraversare una misteriosa porta che non sa dove condurrà … La sua speranza è che possa portarlo al mondo di fuori, ma Scorza intuisce prima e scopre poi, la crudele verità nascosta nelle viscere dello stabilimento.
Allontanatosi dall’amico Fiore, Scorza incontra la maialina, Aurora, e l’agnello, Nuvola: la Factory infatti ha diversi piani, dedicati ad animali diversi. Quanta curiosità in quelle domande, quanta sete di vita, di conoscenza, di libertà. Scorza fa da mediatore tra i tre che giocano a immaginarsi reciprocamente, si scambiano catene di parole in una quiete che è solo illusoria. Il ratto sa, e questo sapere che inizialmente lo ha inasprito verso Fiore, ora è amara consapevolezza di avere la possibilità di alleviare gli ultimi giorni di quei tre animali, amici.
Quando la situazione precipita, Vibrissa metterà Scorza di fronte a quella natura che lui stesso ha sperimentato per tanto tempo: l’indifferenza. Gli animali, seppure allertati, non gli danno ascolto. Per loro, alla fine, la Factory è l’unica realtà che conoscono e che accettano: il mondo di fuori, ammesso che esista, fa paura. C’è cibo? C’è riparo? Scorza è costretto ad ammettere che non sempre tali diritti sono garantiti ma di fronte alla libertà, bisogna fare qualche rinuncia, no?
Scorza lotta con tutto se stesso per salvare i suoi amici e dare inizio a una rivoluzione, si spera, per avere un mondo migliore. Il gigante, la Factory va fermata ad ogni costo e con un rocambolesco gesto, Scorza mette in gioco la sua vita, la vita di un ratto, per salvare quella di Fiore, Aurora e Nuvola, nomi belli, nomi che parlano di futuro e di possibilità, di inizi. La sua scorza è stata intaccata da questi giovani che lo guardano ammirati, per cui diventa un saggio quasi, un riferimento, un portatore di doni meravigliosi, di vita, di prospettive.
Una storia di amicizia e di coraggio, intensa nella sua semplicità e immediatezza, che mi ha commosso e mi ha lasciato tanti spunti su cui riflettere; Scorza, nomen omen, è il ponte tra un dentro e un fuori, e cerca con tutte le sue forze di far capire che la Factory rappresenta la fine, la morte, anche se calda, accudente, accogliente, metafora di un mondo che sembra dare tutto, ma chiede in cambio molto, una realtà che, vista dalla prospettiva di Scorza appare limitante, mentre per gli abitanti della Factory è tutto, è il solo universo che conoscono. Scorza racconta ed emoziona, incanta e incuriosisce, con la sua visione del fuori, con la neve e le nuvole, regala sogni di un futuro migliore, a tutti i costi.
Renderli felici, fino all’ultimo istante della loro breve vita. Riempire la loro testa di sogni, il loro cuore di speranza.