Febbre da fieno

Febbre da fieno

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Febbre da fieno, scritto da Stanislaw Lem (traduzione di Lorenzo Pompeo), ed edito da Voland Edizioni , che ringrazio per l’invio della copia.

TRAMA

Una serie di morti inspiegabili, un enigma dal gusto intellettuale in cui le regole del gioco sembrano chiare, eppure qualcosa sfugge sempre, le certezze divergono, i dati raccolti si contraddicono e il quadro generale rimane oscuro. L’ultima risorsa è un astronauta in pensione che, coinvolto nelle indagini, viaggerà tra Napoli, Roma e Parigi mettendo più volte a repentaglio la propria vita nel tentativo di risolvere il mistero. Uscito in Polonia nel 1975, arriva anche in Italia “Febbre da fieno”. Stanislaw Lem, autore dalla sconfinata cultura scientifico-umanistica, costruisce un racconto a tratti allucinante che fa tremare la solidità del mondo e, in un certo senso, mette in discussione le leggi che crediamo lo governino.

In una Napoli movimentata, si svolge la storia di un’astronauta cinquantenne di origini canadesi, una riserva per meglio dire, eppure, o forse proprio per quel fallimento cocente, l’uomo si ritrova in Italia, tra Napoli e Roma, prima, e poi in Francia, a Parigi, coinvolto in qualcosa di terrificante ed estremamente pericoloso. Braccato, seguito, il protagonista racconta in una prima persona incessante, la sua storia: una sorta di flusso di coscienza, a tratti intimo, a tratti frammentato, delirante quasi. Come lettrice, ho provato di riflesso un senso di angoscia devastante e un grande disorientamento: seguendo il protagonista nella sua rocambolesca fuga, sventando un attacco terroristico nell’aeroporto di Roma, mi chiedevo chi fosse, quale fosse il suo segreto. Dopo, quindi, un disorientamento iniziale, quando arriva sul suolo francese, la situazione diventa, apparentemente, più chiara: l’astronauta sta indagando su una serie di morti che colpiscono turisti in visita a Napoli e ai bagni sulfurei, uomini che fino ad un attimo prima svolgevano attività di routine e all’improvviso sembrano impazzire. L’ex astronauta è quindi in missione, è stato scelto per rivivere l’esperienza, calarsi nello stesso ambiente in cui si sono svolte queste morti assurde e strane, accomunate dal soffrire di quella febbre da fieno che da il titolo al romanzo.

In Francia, si rivolge al dottor Barth, un informatico che sta lavorando con un team alla creazione di un computer investigativo, e gli racconta la serie di undici morti su cui sta indagando; la discussione con l’informatico fa da ponte per un confronto, potremmo dire, tra scienza e caso, perno fondamentale nello svolgimento della vicenda. Ci sono elementi che potrebbero predire le morti? Ci sono dati che potrebbero aiutare a risolvere il caso? Variabili quale età, patologia pregressa? O un movente? Matematica o fatalità? Si incunea su questo punto un giallo intellettualmente stimolante per il lettore, in cui il protagonista si mette per primo in gioco e rischia la propria vita pur di risolvere un mistero che sembra quasi impossibile da risolvere. Il protagonista dimostra una serie incredibile di competenze, antropologiche, mediche, chimiche e non ultime filosofiche: il caso, infatti, lo porterà, tramite il dottor Barth, a conoscere eminenti intellettuali che ancora una volta si dividono tra chi evoca il caso e chi un modello ben preciso. Sarà proprio grazie a quest’incontro, però, che l’astronauta – ora detective – verrà a conoscenza di un vecchio caso avvenuto proprio in Francia e tenuto segreto per le implicazioni ad esso connesso: un ottico squattrinato ma ligio alle regole e docile di carattere, impazzisce subito dopo le visite di un chimico … che correlazione c’è tra il lavoro di quel chimico e lo stato alterato dell’ottico?

La paranoia, gli attacchi aggressivi, contro se stessi e contro gli altri, sembrano essere una caratteristica costante delle ultime ore di vita delle undici persone morti: la risoluzione del caso sarà un abile colpo di scena magistralmente orchestrato dall’autore, il quale, con uno stile incalzante, fa riprovare al lettore la sottile quanto pervasiva angoscia di morte, asfittica e spaventosa, che prova il protagonista, disposto a tutto pur di risolvere il caso. Le sue riflessioni, inoltre, politiche e sociologiche, aprono sprazzi sul pensiero dell’autore: mi ha colpito, in particolare modo, l’osservazione che il protagonista compie su se stesso e sugli astronauti, sul come possano proseguire le loro vite in modo normale dopo aver visto lo spazio, la Terra, da una prospettiva destabilizzante e privilegiata. Il contributo finale a cura di Lorenzo Pompeo aiuta a contestualizzare il romanzo all’interno dell’opera e della vita dell’autore e a coglierne gli aspetti più innovativi.

Si può sconfiggere un nemico che usa strategie casuali solo con la sua stessa strategia.

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