Le porte del mito

Le porte del mito

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del libro Le porte del mito. Il mondo greco come un romanzo, scritto da Maria Grazia Ciani, ed edito da Marsilio Editore, che ringrazio per l’invio della copia.

«Succede spesso di aprire un saggio o un romanzo moderno e trovare una frase, una citazione, un verso che ci par di conoscere. Ma certo: è Omero, è Platone, è Eschilo… E allora mi fermo a pensare. Perché non ho mai colto quei frammenti sparsi come pietre preziose in testi greci dei generi più vari: distillati di una sapienza allo stato puro, trasparente e diretta?». Lettrice, traduttrice e interprete della saggezza antica, Maria Grazia Ciani ha interrogato per tutta la vita la lingua greca, custode del mito per eccellenza. Oggi ne incontra con occhi nuovi alcune figure e storie per consegnarcele in un libro che induce a riscoprire quanto ancora abbiano da dirci queste vicende che sembrano parlare del destino dell’uomo. Partendo proprio dalla lingua e dalle singole parole si approda allo sterminato universo dell’Iliade e l’Odissea, alle immagini più potenti delle tragedie e quindi al passaggio da modelli di vita individuale a quelli collettivi della città, fino alle incursioni nella terra dei morti e alla riscoperta di personaggi cancellati o rimossi a favore di altri. Sotto l’apparente astrattezza del «divertimento raffinato», un deposito di valori e memoria, imprevedibile e ricco di spunti.

Le porte del mito invita il lettore a varcare la soglia metaforica tra tradizione e fantasia, per immergersi in una delle lingue più affascinanti del mondo, ma anche tra le più complesse. La lingua greca è una lingua morta e per questo alcuni passaggi, fondamentali per comprendere l’evoluzione e la crescita del lessico ad esempio, sono intuizioni, ipotesi filologiche che rendono tale lavoro affascinante, sicuramente, ma anche molto vicino al metodo per prove ed errori, per tentativi, non potendo dialogare più con la lingua principale anche perché i testi che restano sono frammenti.

Che cosa abbiamo perso in questo passaggio? Di quale bellezza la morte del greco ci ha privato?

L’autrice ci porta a seguire le illuminanti tracce che il greco ha lasciato e che si possono ritrovare in tanti altri scritti. Le riflessioni che l’autrice induce sono un invito a guardare oltre, alla scoperta di una lingua che si fa comunicazione di un modo di vedere che ha ancora tanto da dire.

Ammetto che l’amore per la lingua greca è nato in me a partire dalle storie del mito, le leggende degli eroi, che mi hanno sempre affascinata. L’incontro vero e proprio con la lingua greca è avvenuto con gli anni del liceo, non senza intoppi: graficamente complicato, il greco è una lingua che richiede studio, dedizione, pazienza, ma che regala in cambio le chiavi per leggere tutto il resto. Parole polivalenti, che raccontano la realtà, reale o immaginata, nei minimi dettagli, e comportano pensieri, visioni del mondo, polivalenti; linguaggi sempre diversi che richiedono un cambiamento costante di approccio alla traduzione, alla comprensione del testo.

Parlare del greco è parlare dei poemi per antonomasia, Iliade e Odissea, intrisi essi stessi di mito, di mistero, di fascino: chi era Omero? E’ mai esistito veramente? L’autrice ripercorre alcune scene dei poemi, invitandoci a riflettere, tramite esse su alcune parole e su alcuni concetti fondamentali per la lingua e la tradizione greca: la bellezza, ad esempio, l’attenzione al corpo, la sacralità, il rito, lo spettacolo, la guerra. E vita e morte, inevitabilmente, unite nella poesia, nella parola, nella celebrazione del canto.

Vita e morte richiamano il tema della memoria, del ricordo dell’eroe, ad esempio, molto presente nell’Odissea: pensiamo all’incontro tra Odisseo e Achille nel regno dei morti, all’importanza della vita per i Greci e all’odio per la morte e per la vecchiaia, all’importanza della fama, del proprio nome come lascito e testamento della propria esistenza. E Odisseo chiama a sé il tema del viaggio, e porta l’attenzione sulla sua figura, che ha avuto interpretazioni diverse proprio a causa di quelle caratteristiche che gli vengono attribuite sin dalla nascita, astuzia e furbizia. Eroe o anti-eroe? Cinico calcolatore, mercante, o saggio? Tante le versioni di Odisseo che sono venute dopo il poema omerico, con l’enigmatica conclusione e profezia di Tiresia sulle sorti del re di Itaca.

Quando penso a Odisseo, a me piace immaginarlo a Ogigia, dove appare per la prima volta ma di spalle, solo sulla riva del mare: il suo volto nascosto è già mistero, ma che cosa vedremmo se si voltasse? Uno dei mille volti o il riflesso di noi stessi?

A chi parla la voce di Odisseo? Quali sensazioni, emozioni, fantasticherie suscita nel suo lettore? Un personaggio che continua ad affascinarmi e ad intrigarmi, sicuramente uno tra i principali dell’Odissea, ma l’autrice ci invita a scoprire anche la storia di colui che Baricco ha definito l’eroe cancellato, Palamede, il quale non esiste per Omero ( e per l’epica classica) ma diviene un personaggio apprezzato dalla poesia tragica. Descritto come astuto e dalla rara intelligenza, si presume avrebbe creato troppo contrasto con la figura di Odisseo, che gli fu preferito. E ancora, seduce la bella Nausicaa come lei stessa viene sedotta dal canto di Ulisse, canto che è racconto dei viaggi, delle peripezie e dei pericoli, canto che è preludio al desiderio carnale, e alla scelta di Nausicaa di compiere pure lei un viaggio alla ricerca dell’ideale amore. Come ogni ideale, però, l’amore di Nausicaa per il protagonista dell’Odissea è destinato a cadere, infrangersi con l’illusione della realtà. Accanto a Nausicaa, non si può allora non parlare di Arianna, la cui mitica corona dono di Dioniso è leggenda quanto la sua vita, il suo rapporto con Dedalo, e l’amore per Teseo. Discendente della stirpe del Sole, Arianna, cugina della forse più celebre Medea, resta avvolta dal mistero del mito.

Tra leggenda e mito, tra tragedia, poesia, trattati medici e poemi corposi, l’autrice ci regala suggestioni attraverso e per mezzo della lingua greca, fonte inesauribile di meraviglia e di bellezza.

Il mito sopravvive nel tempo perché non offre spiegazioni ma si presta a manipolazioni di ogni genere, filologiche, poetiche, metaforiche.

Condividi:

Leave comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *.