La farfalla d’ombra

La farfalla d’ombra

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo La farfalla d’ombra, scritto da Yali Ou Ametistha, edito dalla Casa Editrice I.D.E.A. (Immagina Di Essere Altro), che ringrazio per avermi dato la possibilità di leggerlo in anteprima. Il romanzo è in uscita oggi 25 maggio, ed è impreziosito da delicate illustrazioni.

TRAMA

La storia di una vita particolare, di un mondo unico, avvolge il lettore facendolo passeggiare per strade e manieri, affronta un viaggio nella crescita dei personaggi e affascina con atmosfere singolari che diventeranno reali, tangibili.

La Farfalla d’Ombra è leggenda, superstizione, mito, ma anche carattere, relazioni e verità. Torniamo nel passato partendo dal linguaggio particolare che evolve con lo scorrere del tempo, troviamo atmosfere gotiche tra sfarzo e decadenza, assaporiamo l’originale figura del vampiro e cresciamo odiando e amando la protagonista.

Yalıhta è la figlia di una famiglia nobile in decadenza, costretta per volere della madre, e tacito accordo dell’amato padre, a sposare un uomo che non ama, pur di garantire alla famiglia stessa un privilegio economico. Nel giorno delle sue nozze, che vengono comunque celebrate, si nasconde con il fratello adorato, affranta ma anche arrabbiata, delusa dai genitori e dalla società, che relega la donna al ruolo di moglie e madre. Sull’impeto dell’asfissiante prospettiva coniugale, compie una scelta estrema, e fugge. Inizia qui un viaggio lunghissimo, un percorso di crescita e di trasformazione che la porterà a perdersi, a smarrirsi e poi a ritrovarsi, tra nuove avventure e vecchie leggende. Yalihta viene salvata da un gruppo di cavalieri, e si insedia in quella che viene chiamata la Corte delle Rose; qui inizia ad armeggiare con le conoscenze mediche affiancando un cerusico che la vorrebbe sua allieva; si infatua di un bel cavaliere, Aalart, devoto e pio alla Dea Madre. Il suo rifiuto instilla in Yalihta una profonda umiliazione che la porta a cercare altrove la propria strada. Nel suo peregrinare, che diviene un pò un suo tratto distintivo, arriva ad un villaggio dove si inizia ad arrabattare lavorando nella locanda come cameriera; si stabilisce in una casupola, priva di un arredamento di valore ma che diviene per lei prezioso perché finalmente ha qualcosa di suo da costruire. Qui si lascia andare all’arte, alla musica, fedele compagna, e abbraccia la decadenza dell’incontro con il rum, i cui vuoti le regalano un suggestivo decoro abitativo. Conosce tante persone, a cui poco rivela di sé stessa, e pagina dopo pagina, il suo racconto in prima persona, un pò diario, un pò ricordo suggestivo, ci porta in un’ambientazione dal sapore del passato e dai contorni fumosi. Tra balli degni di una Venezia decadente, villaggi che sanno di campagna inglese e maniere raffinate alla francese, seguiamo la poesia del volo di una farfalla alla perenne ricerca di se stessa.

Ancora, ancora e ancora
Il volo Blu che non può parlare,
i miei occhi come se mai avessero veduto,
mille muse chiamo a me
ed esse meste mi abbandonano con una carezza sul volto stanco. Ma io son cenere e sono acqua,
io sono una tempesta che deve trovare la sua spiaggia
da devastare

Yalihta è una protagonista complessa, la cui psicologia è piena di sfaccettature: è una donna che non appartiene al suo tempo, che rifiuta il ruolo a cui la mentalità del suo mondo relega le donne, ma al tempo stesso è dotata di un’innata sensualità e femminilità, e lei stessa è rigida e giudicante verso alcune delle altre donne che il destino metterà sulla sua strada. Yalitha è fatta di contrapposizioni quasi inconciliabili: vuole essere libera e non trova pace mentre persegue tale scopo, vuole essere autonoma ma al tempo stessa anela la protezione, il porto sicuro al cui interno potersi rifugiare; è morbida dolcezza e spigoli che arrecano dolore, è struggimento poetico e forza d’animo. Una protagonista spesso contraddittoria con le proprie scelte, che può apparire preda di facili tormenti e pene d’amore, ma la sua bellezza va proprio ricercata in questo precario equilibrio di opposti che la rendono umana, fallace. E’ anche una donna che, nonostante incanti il sesso maschile, si sente profondamente sola: forse, la sua ferita narcisistica va ricercata in quel contrasto con la figura materna, o nella debolezza del padre incapace di proteggerla; sta di fatto che l’abbandono diventa un doloroso fardello che Yalihta si porta dietro. La sua è una storia di perdite ma anche di incontri fantastici che richiamano gli archetipi delle fiabe: fate, boschi, maghi. Yalihta brama l’amore con ogni grammo di se stessa e sperimenta diverse forse di questo sentimento verso cui, come tutti, prova paura e desiderio.

Noi eravamo soci, due strofe senza poeta, che si muovevano nel medesimo spazio; la terra era il nostro palcoscenico e noi recitavamo la nostra sincera parte ogni giorno.

Con il Mago sperimenta un primo amore carnale, una relazione allievo- discepola che sfocia in un sentimento altro, impossibile però da vivere per due personalità come le loro; d’altronde, il Mago – figura affascinante- mette subito in guardia Yalihta. Non è uomo da amare, da sposare, da condividere la vita. Ma Yalihta non è ragazza comune e il fuoco divampa tra loro, tingendo le loro schermaglie verbali del rosso di un preludio d’amore. Ma anche il Mago abbandona la sua farfalla, le dona qualcosa e le toglie ben altro; sarà proprio lui ad avvicinarla all’esistenza di un mondo diverso, e a donarle la bellissima Farfalla d’Ombra, Ita. Ancora una volta, una trasformazione porta Yalihta ad intraprendere un nuovo viaggio e si ritrova ospite in un castello particolare: ad accoglierla una figura inquietante, Galvar, il Nero, signore di Essenthia, accompagnato dalla profetessa Iridia che predice a Yalitha un futuro oscuro, che si connette proprio a questa strana realtà in cui la giovane viene catapultata. Venerata come una dea, diviene la Pietra d’Ametista, attorniata da Crisalidi, affianca Galvar in oscuri progetti che l’uomo non accenna a voler condividere con lei. Di nuovo, Yalitha oscilla tra sentirsi padrona del proprio destino ed essere in realtà prigioniera. Tutti vogliono in qualche modo plagiarla, renderla un simbolo, ma la guerra che Galvar vuole combattere è ben peggiore di quanto si possa credere. Tra segreti e litigi, Yalitha elicita anche in Galvar sentimenti che mutano velocemente da odio e possesso; ancora una volta, si allontana, e poi torna, legata a doppio nodo da ciò che le succede. L’incontro quasi magico con la famiglia dei De Vaurien cambierà ancora le sorti della vita di Yalitha e introduce nel romanzo l’elemento fantasy: chi sono queste creature affascinanti, magnetiche e bellissime, dai ricchi possedimenti e dai modi raffinati? Sono vere le voci che circolano sul bellissimo Raventh, sulla sorella Eleneire e sull’enigmatico Malesh dagli occhi di smeraldo? Mostri o no, assassini o meno, Raventh e Malesh tessono una tela dolorosa fatta di baci di sangue, di affettate cerimonie, di balli e teatri, di missive scarlatte, che inevitabilmente catturano la Farfalla. Una nuova evoluzione in lei, una nuova metamorfosi: dimentica del proprio passato, Yalitha abbraccia questa vita di languido torpore.

Come al solito ero attirata da ciò che contemporaneamente mi attraeva e respingeva.

La relazione complicata con Raventh prima e poi quella ben più tormentata e dolorosa con Malesh, sono spunto per introdurci a rivelazioni e colpi di scena: personaggi apparentemente slegati tra loro, in realtà, condividono parte delle proprie storie; il potere dell’immortalità chiama paure ma soprattutto avidità. Inoltre, gli eterni posseggono bellezza e ricchezza, di cui fanno arrogantemente vanto e mostra; Yalitha si lascia sedurre, anche se non sa a cosa sta andando incontro. Preda o ammaliante predatrice? Chi è davvero la Farfalla d’Ombra? Cosa vuole? Libertà, amore, tutto? Fin dove si spingerà per mettersi alla prova e per capire chi è ? Soggiogata, manipolata, tormentata: Yalitha è impulso del momento,.

La voce di Yalihta è memoria, è ferita di storia da cui stilla un flusso sanguigno fatto di parole, di pensieri e riflessioni, talvolta tangibili, talvolta leggiadri voli pindarici, ipotesi d’esistenza. L’autrice orchestra con mano sapiente la parola, che assume contorni lirici, poetici ed eterei: crea scene che sono suggestioni fiabesche, dove il disorientamento disarma Yalitha per prima e poi il lettore. Lo stile dell’autrice sembra cantare una melodia antica, e il mio consiglio è quello di lasciarvi cullare dalle note che lei stessa ha scelto tramite la sua playlist, perfetto accompagnamento per la storia di Yalitha che prende forma, cresce, come un respiro che diviene più ampio e così fa la scrittura dell’autrice che incatena con le sue descrizioni minuziose e attente, stuzzicando l’immaginazione del suo lettore. I dialoghi che crea sono pieni dell’irriverenza linguistica e caratteriale di Yalihta o della malìa di Malesh: l’autrice gioca con la parola, di cui ha pieno controllo, rendendo la sua storia simile a una commedia d’altri tempi. Atmosfere antiche e senza tempo, creature della notte e patemi del cuore, quindi.

Personaggi di un teatro chiuso ai più, anime contorte che si accartocciano e dispiegano fra mura di piume e seta, sfiorandomi, avvolgendomi o nelle mie carni penetrando, legittimate dal mio tacito assenso. 

Seguendo vorticosamente i tumulti del cuore e della mente di Yalihta, spesso ci si dimentica di tutto il resto: la sua vita è un turbine che volteggia tra momenti in cui sono riuscita ad empatizzare pienamente con lei a momenti in cui proprio non riuscivo a comprendere la sua cecità emotiva. Quasi come se Yalihta si spingesse da sola verso un baratro sempre più fondo, da cui riemerge per poco e in cui poi testardamente ricade. Ma cosa accade attorno a lei? Il tempo che pure lei ci dice sia trascorso, appare sospeso, la guerra impellente di Galvar dissolta nel vento, l’amicizia con la cagionevole Hisako stipata in un cassetto: si ha la sensazione di essere catturati dal vortice di Yalihta, come accade anche alla protagonista. Poi, quasi improvvisamente, ritroviamo personaggi e situazioni che erano state accantonate, e dopo l’ultima pagina, tante sono ancora le domande che restano al lettore. Il focus è chiaramente puntato sul mondo interno di Yalitha, il cui sguardo filtra l’osservazione, la comprensione degli altri personaggi, che hanno comunque le loro voci e personalità, e decide su cosa posarsi; mi piacerebbe che nel secondo volume della duologia tale osservatorio privilegiato si possa allargare includendo quegli affetti e quelle persone che per ora Yalitha si è lasciata indietro, forse in modo egoistico, come lei stessa ammette di essere, o forse no.

Benché la morte vi baci le labbra non è nelle vostre labbra; e per contro v’è vita che prorompente risiede nei vostri occhi, ed è calda e spietata, poiché infiamma al suo passaggio ogni forma, ogni colore, ogni briciola insignificante.

Come sottolineato in precedenza, i punti di forza di questo romanzo sono la grande competenza stilistica e la padronanza della lingua mostrate dell’autrice, che fanno da traino ad una storia oscura, dove i vampiri tornano ad essere seducenti e pericolosi, consapevoli del proprio fascino ma tremendamente volubili e macchinosi, una storia adatta ad un pubblico che ama essere stupito da una prosa aulica e pronto a sostare sul confine che Yalitha e l’autrice costruiscono. Vita e morte, istanze opposte ma contigue: cosa accadrà ora alla Farfalla d’Ombra? Pronta ad una nuova metamorfosi, pronta ad un nuovo volo.

Le prigioni spesso non hanno sbarre ma solo confini.

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