La gloria del sangue. Libro primo.

La gloria del sangue. Libro primo.

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo La gloria del sangue. Libro primo. Il clan della Immanem, l’Immortale, scritto da Giulia Coppa ed edito da Europa Edizioni. Ringrazio l’autrice per l’invio della copia.

TRAMA

La morte di Davide le piomba addosso come la lama di una ghigliottina, l’anima fugge nel disperato tentativo di raggiungerlo e il corpo, ormai ridotto a una carcassa in cui rimbombano i ricordi, si trascina inerme per gli angoli bui della città. Alessia ha perso l’amore e si smarrisce nei torbidi dedali della vita, cercando di appagare l’istinto, non avendo altro desiderio che sparire dalla faccia della terra. Un mondo fantastico, cui si accede come in un gioco di scatole cinesi; la fine di un amore segna l’alba di una catarsi, l’abbandono dell’io nella perversione, poi la purificazione e la trascendenza. La ferita è rimarginata e al posto della cicatrice sta l’impronta di una nuova, sublime identità. Una storia in cui convergono più generi, dal fantasy all’horror, dal giallo al nero, con la costante presenza di una sfumatura rosa che a tratti si tinge di rosso carminio.

Alessia è una giovane ragazza devastata dal dolore di una perdita: il suo fidanzato, Davide, è morto; la loro relazione durava da qualche anno, ed era iniziata al ritorno della ragazza dalla parentesi di vita familiare condotta in Francia, assieme a sua madre, suo padre e suo fratello. Da circa tre anni, tuttavia, solo lei, la mamma Claudia e suo fratello Sam hanno fatto ritorno a Biella, dove la storia è ambientata, città che fa da cornice ad una storia di dolore e di rinascita. Davide ed Alessia si sono conosciuti da bambini, si sono separati poi negli anni che lei ha trascorso in Francia per ritrovarsi, finalmente, e scoprire un amore e una passione nuova: Alessia stessa, ricordando la sua storia, rivive un amore nato giorno dopo giorno, che, alla fine è esploso. Per lei, la relazione con Davide non è un qualcosa di adolescenziale, è il Primo Amore, e lo piange disperata, pronta anche a perdere la propria vita perché ormai nulla ha senso senza Davide.
Il lettore conosce Alessia proprio nel cimitero cittadino, devastata, che cerca un conforto palliativo con le sigarette che fuma in continuazione e con una bottiglia di vodka: la ragazza accende e aspira incessantemente, e cerca la sbornia per non pensare. Si allontana da amici e parenti, convinta di essere l’unica a soffrire, anelando quasi anche lei la morte, un lento spegnimento e ottundimento sensoriale.
Proprio mentre piange sulla lapide dalla scritta dorata, incontra un ragazzo misterioso che si arroga il diritto di volerla redarguire sulle sue condizioni di vita, sulle sue scelte e le mette in tasca un bigliettino con il numero di uno psicologo; Alessia si arrabbia, si ritrae da lui, ma al tempo stesso quel ragazzo ha un qualcosa che la spinge a sfogarsi e a lasciarsi andare. Stranamente, il ragazzo incrocia molte volte la strada della ragazza, fino a diventare una presenza quasi inquietante, una sorta di angelo custode di Alessia, che però di angelico ha poco. Alessia è scossa, e reagisce al dolore passando al contrattacco, si difende nascondendosi da quelli che erano i suoi amici, si crea una trincea fatta di strafottenza e isolamento, fino ad arrivare a cambiare il proprio aspetto. Vuole dare un taglio netto alla sua vita di prima: via il biondo, via le felpe, per abbracciare il rischio e il limite, ma ecco che di nuovo incrocia il suo cammino con quel ragazzo, Simo, anche lui ferito in passato da un grande dolore: potrà la loro travagliata relazione aiutare Alessia? Chi è davvero Simo? Un amore malato o una valvola di sfogo? E chi è Alessia: cacciatrice o preda?

La prima parte del racconto è una totale immersione nei comportamenti sempre più distruttivi di Alessia che cerca, ossessivamente quasi, di provare a sentire qualcosa, di provare a sentirsi viva pur nell’autodistruzione: tra serate alcoliche, fumo e sesso istintivo, tra relazioni interpersonali connotate da un suo comportamento quasi scostante e un linguaggio che denota rabbia e aggressività latente, Alessia prova ad affrontare la vita. Stupisce l’assenza di legami autentici in una città che appare superficiale e in una famiglia che sembra distaccata: la madre, sempre molto impegnata al lavoro, è di larghe vedute, talmente larghe che permette a Simo di trasferirsi praticamente in casa sua, incentivando quasi un relazione tra i due, nella convinzione che cio’ possa tirare fuori la figlia dal baratro. L’idea che Alessia ha di sua madre non è delle più positive, anzi, la etichetta in malo modo e pensa di lei cose terribili; tuttavia, credo che andando avanti nella storia e scoprendo il proprio passato, Alessia possa vedere Claudia, la madre, sotto una luce nuova che sicuramente non giustifica l’allentamento emotivo dalla figlia, ma può aiutare a comprendere meglio il suo personaggio.

Alessia è una solitaria, lasciata a se stessa, che prova ad inventarsi una nuova esistenza, un nuovo lavoro; è bella, talmente tanto che tutti gli uomini che incontra sembrano volere altro da lei, e lei un pò se ne approfitta, un pò non riesce proprio a concepire che possano essere così prevedibili. E’ una ragazza alla deriva fino a quando qualcuno insinuerà che la morte di Davide è legata a lei e al paranormale: Alessia scopre di essere una Fonte, scopre un legame con un luogo a lei caro come la Valle d’Aosta e recupera ricordi legati alla figura paterna. Il ricordo di lei bambina che gioca con suo padre è intriso di nostalgica tenerezza e Alessia deve fare i conti con una realtà che sembra una fiaba, a cui non vuole assolutamente credere, eppure … Alessia/Aletcsa non si sentirà sicuramente meglio nello scoprire le sue origini, anzi, quella ferita che sente dentro di sé, quella voragine di solitudine, si spalancherà ulteriormente sotto ai suoi piedi: sente di non appartenere a nessun luogo, anche se tutti la reclamano. Si sentirà mai libera? Si sentirà mai in equilibrio?

Cosa vuoi tenere per te, Aletcsa?

Il mondo nascosto cui Alessia appartiene non è un mondo fatato, ma è cupo, rigido e rigoroso; diventa per la ragazza una prigione ulteriore, l’incarnazione di un incubo che si nutre delle sue angosce e dei suoi desideri inascoltati e impossibili. Alessia ricerca la morte per sfuggire ad una vita che la soffoca, ma si renderà conto forse per la priva volta che ciò che aveva era un’esistenza senza responsabilità e diventare allieva della Cattedrale è, invece, una grande responsabilità. Ma quali sono i suoi doni? Chi è davvero? Accettare le conseguenze della sua nuova identità non sarà affatto facile, inoltre, dovrà affrontare una sconcertante verità.

Intorno alla metà del romanzo avviene un cambio di registro con l’inserimento di una svolta fantasy, che attendevo e ricercavo sulla base della trama, e che ha permesso al romanzo di assumere una nuova sfumatura. Il fatto che nella nuova vita di Aletcsa non sia tutto eccessivamente buono e buonista, non solo si allinea alla sua personalità, ma ha aggiunto carattere alla storia: i personaggi che incontra nella seconda parte del romanzo, come Aubert e Miniey, non sono necessariamente accoglienti, quanto piuttosto risultano essere maestri severi. Cosa vogliono da lei? Chi è davvero Alessia e quale il suo destino? Tra rivelazioni sconvolgenti e colpi di scena, una storia iniziata nel dolore diviene l’inizio di una nuova vita.

Il suo Sangue si è manifestato.

La narrazione in prima persona e molto descrittiva permette di immaginare nel dettaglio gli scenari e le situazioni che Alessia vive; anche le emozioni della protagonista emergono con forza, pur se complesse ed intricate. Non sono sempre riuscita ad empatizzare con lei o a comprendere del tutto alcune sue scelte, né le sue esternazioni, talvolta troppo impulsive e connotate da un linguaggio rabbioso e, a tratti, eccessivamente colloquiale, per il mio gusto personale. Complici diversi refusi nel testo, davvero fastidiosi, in alcuni punti la lettura è risultata poco scorrevole e in alcuni dialoghi il linguaggio è risultato molto vicino al parlato.

Sicuramente, Alessia è una ragazza la cui sofferenza fa eco ad una grande rabbia, verso la vita che le ha tolto l’amore, verso gli amici che sembrano non condividere con lei questo dolore; questa rabbia rasenta l’autodistruzione, e spesso si tramuta in atteggiamenti capricciosi, in un sarcasmo e cinismo verbale aggressivo, che mascherano la sua fragilità: queste sue caratteristiche caratteriali non l’hanno resa sempre un personaggio facile da leggere, e anche le sue vicende personali mi hanno fatto riflettere anche sulla condizione dei giovani, sulle strategie messe in atto per sfuggire al dolore.

Ho apprezzato l’idea e la scelta dell’autrice di ambientare la sua storia tra Biella e la Valle d’Aosta, regalandoci scorci paesaggisticamente belli e una città ammantata di ricchezza e di giovani alla ricerca di loro stessi, una cornice in cui si incastra l’elemento fantasy.

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