Hyperion. I canti di Hyperion

Hyperion. I canti di Hyperion

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo di Hyperion. I Canti di Hyperion. (Libro uno di due), volume che contiene i primi due romanzi della tetralogia scritta da Dan Simmons, e pubblicata nella Titan Edition da Oscar Mondadori. I due romanzi sono “I Canti di Hyperion” e “La caduta di Hyperion”. Ringrazio la Casa Editrice per l’invio della copia.

TRAMA

L’umanità non vive più relegata sulla Terra: è il XXVIII secolo e gli esseri umani si sono espansi nell’intera galassia, distribuendosi in una nuova federazione che unisce tutti i mondi abitati, l’Egemonia dell’Uomo. Tutto ciò è frutto di un’esaltante azione esploratrice resa possibile dalla tecnologia dei teleporter che, sfruttando i portali e le singolarità, consente di muoversi in maniera istantanea; ma è anche l’esito estremo di una diaspora necessaria: l’uomo infatti ha conquistato pianeti remoti, ma ha perso la sua casa, la Terra, distrutta durante un fallimentare esperimento noto come il Grande Errore. In questo scenario, sul pianeta Hyperion, stanno per aprirsi le Tombe del Tempo, misteriosi manufatti provenienti dal futuro nei quali il tempo scorre all’inverso e presso cui abita lo Shrike, mostruosa creatura non soggetta alle leggi fisiche. Verso quel luogo tremendo si stanno dirigendo sette pellegrini, sette personaggi in cerca di risposte. Lungo la strada, come succedeva nei tempi antichi, essi narrano delle storie, le loro storie. E forse proprio in quei racconti si cela la chiave della salvezza per l’universo.

Il mondo che l’autore ci mostra in questi due romanzi, è, per ambientazione, per tecnologia, per scoperte scientifiche, lontanissimo dal nostro; è un mondo del futuro, in cui la Terra per come la conosciamo noi non esiste più, distrutta da quello che viene definito il Grande Errore, in un imprecisato passato. Eppure, echi e strascichi di ciò che era la Terra, dal punto di vista linguistico, sociale, antropologico, ovviamente permangono e prosperano in un universo in cui i pianeti sono facilmente raggiungibili tra loro.

E’ un periodo di pace relativa tra i pianeti e tra i popoli, quello che sta vivendo l’umanità racchiusa nell’Egemonia dell’Uomo, che governa i pianeti, tra i quali ci si può spostare in modo celere per mezzo dei teleporter, complessi portali che favoriscono appunto gli spostamenti, e come tutte le tecnologie più moderne e usate sono sotto il controllo del TecnoNucleo. I viaggi spaziali sono ormai all’ordine del giorno grazie ai complicati e potenti Motori Hawking, ma chiaramente viaggiare in questo modo, ha delle conseguenze: le distanze enormi diventano anche distanze temporali, comportando la necessità di definire la propria ed altrui età su più scale, in base all’età standard e al debito temporale che si accumula. E’ il futuro: l’uomo comunica con tecnologie sofisticate, ha strumenti ed armi estremamente complessi, e dipende in pratica dalla Rete. All’alba di un imminente conflitto con gli unici “disturbatori” (ma sarà davvero così?) chiamati Ouster, un piccolo gruppo di sette individui viene scelto, non si sa bene come né da chi, per intraprendere un viaggio … anzi, IL viaggio.

Il pellegrinaggio sul pianeta Hyperion, estrema Periferia dell’Egemonia, dove solo uno di loro avrà la fortuna di veder esaudito il proprio desiderio, mentre gli altri sei diverranno vittime sacrificali quasi per il terribile e misterioso Shrike, essere in parte fatto di carne e in parto fatto di metallo, in parte credenza e in parte realtà. Chi o cosa è lo Shrike, essere mostruoso fatto di lame, che tortura e massacra chi si reca alle Tombe, impalandoli su un macabro albero? E pensare che l’essere ha persino un suo seguito e una sua religione, chiamata la Chiesa della Sofferenza, che avrà ovviamente un ruolo nella storia. A cosa fa la guardia lo Shrike? Alle Tombe del Tempo protette da potenti campi anti-entropici, che rendono la zona fuori da ogni legge fisica? Per quale motivo?

I Canti di Hyperion si aprono alla vigilia della partenza di questo eterogeneo gruppo che sospetta già quanta importanza ha tale viaggio, ma non fino in fondo. Si potrebbe dire che I Canti di Hyperion sia una sorta di lunga introduzione alle tematiche e al mondo che poi vedremo nello specifico in La caduta di Hyperion, una sorta di preludio assolutamente necessario per provare a entrare nella complessità (e meraviglia, a mio gusto personale) della storia.

Sette personaggi partono. Solo uno, se si crede alla leggenda, ne resterà vivo. I personaggi decidono, tirando a sorte, di raccontarsi, nel viaggio difficoltoso per raggiungere Hyperion, nella speranza che questo auto-svelamento possa servire a comprendere il perché sono stati scelti e che all’interno delle storie si celino magari indizi su come poter sconfiggere lo Shrike. Da qui, parte un viaggio incredibile che il lettore affronta insieme ai protagonisti e che si articola su due piani, la contingenza della storia e quindi dell’effettivo percorso che compiono per arrivare ad Hyperion, con perdite, tensioni, problemi e paure, e il viaggio che il lettore compie all’interno di ogni storia personale dei pellegrini.

Mi sono letteralmente persa tra queste pagine e ad ogni storia mi dicevo: la prossima non potrà mai eguagliare questa! E puntualmente venivo piacevolmente smentita dal pellegrino successivo. In queste vicende umane e personali si racchiude la potenza di un’intera società che si è evoluta, ha esplorato il cielo, ha espanso i propri confini ed è lontanissima nel futuro, eppure, nell’intimo, nel nucleo fondante, riprende archetipi e tematiche che interessano e attanagliano tutti, da sempre.

Ogni pellegrino racconta agli altri la propria storia, si denuda, si apre, rivelando debolezze e fragilità e ciò contribuirà a far sì che questo gruppo, inizialmente slegato, si avvicini, si crei, si leghi, al punto da trasformarsi in altro. Il prete Padre Hoyt, il militare Kassad, il poeta Sileno, lo studioso Weintraub con la piccola neonata che tiene tra le braccia, l’investigatrice Brawne Lamia, il templare Het Masteen, e, a tenere le fila, il Console, enigmatico personaggio. Tra di loro si nasconde una spia. Tra di loro si nasconde l’unico desiderio che verrà esaudito. Tra di loro si nasconde il destino del mondo.

Le origini dei pellegrini spaziano tra i mondi dell’Egemonia e tra le vicissitudini più disparate: maledizioni, ricerche, malattie, vendette, pene d’amore. E ogni storia aggiunge un pezzetto al complesso puzzle che l’autore orchestra con sapienza e con perfezione. Domande, angosce, speranze, incalzano tra le pagine. In alcuni passaggi, le accurate e profonde riflessioni etiche, filosofiche e morali di cui alcuni personaggi si fanno portavoce, mi hanno spinto a fermarmi, a rileggere, a prendere appunti e a pensare.

“Noi rappresentiamo isole di tempo, oltre che diversi oceani di prospettiva. O forse, per esprimere meglio il concetto, può darsi che ciascuno di noi abbia una tessera del puzzle che, da quando per la prima volta l’umanità è scesa su Hyperion, nessuno è riuscito a risolvere.”

Mi sono posta domande sull’esistenza dell’uomo, su Dio, sul libero arbitrio, sulla coscienza insieme allo studioso Weintraub, alla ricerca di una cura per la malattia che ha colpito la figlia proprio su Hyperion, proprio nelle viscere di quelle Tombe del Tempo che attraggono come calamite. Ammetto di aver letto parti della sua storia con gli occhi offuscati dalle lacrime: il suo rapporto con Rachel, unica figlia, i suoi sogni tormentati, il suo amore per la moglie, la sua ricerca ossessiva di una verità superiore, di un Dio che esista e che risponda alle domande della sua creatura, mi ha emozionata. Un padre che è pronto a tutto per sua figlia, a sfidare le proprie convinzioni, a rimettersi in gioco e studiare nuove teorie, a fare il pellegrino … Ma sarà pronto per l’atto finale? Per la grande verità? Per l’ultimo sacrificio?

“Ciao ciao, maramao.” ” A fra poco, bel topo”.

Mi sono emozionata con la storia di Kassad e della sua Moneta: i loro incontri clandestini, pieni di passione, fuori da ogni logica eppure reali e toccanti. Kassad chi è? Un guerriero predestinato, un vendicatore, una pedina all’interno di un gioco che conserva nelle Tombe delle Tempo la sua soluzione.

Ho sorriso – quasi sogghignato – con il poeta Sileno, alla ricerca della sua Musa, della conclusione del suo poema ( a cui tutto il romanzo è intimamente connesso). Un uomo a tratti “disturbante“, ma impossibile non apprezzarne la fine ironia, la visione del mondo e la ricerca del bello, quella finezza di spirito che sembra essersi affievolita ai suoi tempi, così avanti temporalmente ma forse così culturalmente poveri. Sileno vive un tempo in cui tutto era già stato detto, in altri secoli e in un mondo così altrove da essere considerato l’eco di un errore, grande ma pur sempre errore. Cos’è allora la bellezza? Chi è, ancora, Dio? Secondo Sileno, è un poeta, che ha fallito. E nonostante questo, Sileno sa di non poter far altro che scrivere, una sorta di maledizione auto-imposta, che trova nell’esilio sul mondo di Hyperion, prima popolato da artisti, poi, abbandonato, la sua Musa. Chi è la Musa di Sileno? Perché Sileno scrive? Un personaggio irriverente, a tratti tragicomico, che conserva languidamente dentro di sé il seme della genialità.

Ecco l’essenza del genio creativo dell’uomo: non gli edifici della civiltà, non le armi che in un istante possono porvi fine, ma le parole che fertilizzano nuovi concetti come spermatozoi all’assalto dell’ovulo. Si potrebbe obiettare che i gemelli siamesi parola/idea sono l’unico contributo che la razza umana può, vuole o dovrebbe dare all’intricato universo.

Mi sono innamorata con Brawne Lamia di qualcosa che va oltre alla sua comprensione: ho palpitato con lei, ho lavorato con lei, ho sacrificato tutto, insieme con lei. E mi sono ritrovata ancora nei labirinti delle Tombe con padre Hoyt e la sua assurda quanto dolorosa storia, sua e di padre Durè. Di nuovo, la commistione tra fede e scienza, tra tecnologia e conoscenza; di nuovo, tutto porta a quelle Tombe del Tempo il cui uscio sembra aperto, ma lo è davvero? Intorno a questi manufatti ci sono le famose maree del tempo, enigma mondiale a cui solo i pellegrini, e chi verrà coinvolto nelle loro storie, può trovare risposta.

Nei Canti di Hyperion, così amati da Sileno e dall’amante di Brawne, l’enigmatico John Keats, di fronte alla potenza del mistero delle Tombe del Tempo, i personaggi, loro malgrado, si separeranno per poter affrontare lo Shrike, da soli. Ma La caduta di Hyperion si apre su uno scenario diverso e con una voce narrante differente … la guerra per il dominio di Hyperion è inevitabile ormai, le flotte sono schierate ma in un crescendo di tensione narrativa, il lettore scoprirà sia cosa c’è davvero in ballo, sia chi sono gli attori coinvolti, e la scoperta è sensazionale.

Tra navicelle e tute dermoriparatrici, tra portali verso mondi inimmaginabili, storie di epoche antiche e intelligenze artificiali, l’autore mette in scena una storia universale, epica, in cui perdersi e viaggiare. I conflitti narrati nei romanzi non sono solo esterni: la guerra che si è chiamati a combattere è contro nemici reali, ma anche contro i propri demoni interiori. E’ una guerra di conquista contro il Tempo, è una riappropriazione e una ricerca di se stessi. E’ commozione, è rabbia, è tradimento, è vendetta.

Una storia che parla di amicizia e di potere, di lealtà e di scelte inevitabili: l’umanità è satura. Cosa fare quando ci si accorge che la direzione che gli essere umani hanno preso è sbagliata? Chi decide quando tale direzione devia da uno standard? I poteri sono schierati, e tra nuove alleanze e vecchi rancori, le sorti dei mondi devono essere decise. Tra sogni e portali, tra poesia e carneficina, c’è in discussione il destino di tutti.

Ombre e luci, domande esistenziali, futuro e presente. Chi siamo, noi?

La competenza stilistica, la ricerca linguistica, gli approfondimenti che indagano la psiche umana, le relazioni, oltre che il sapere scientifico, accurato e preciso, sono innegabili; probabilmente, serve qualche capitolo al lettore per entrare nella storia e nella terminologia utilizzata, per figurarsi gli scenari e le tecnologie che l’autore ci illustra, familiarizzare, insomma, con questo futuro. Eppure, proprio l’incredibile cultura, la capacità dell’autore di raccontare i suoi personaggi, di renderli vividi e tridimensionali, e le dinamiche di fondo, come la lotta al potere, il peso delle responsabilità, gli intrighi, i segreti, i contatti tra i pellegrini che variano dal sospetto l’uno per l’altro, allo stupore di fronte alla meraviglia spaventosa delle Tombe del Tempo che rifuggono ogni logica, tutta questa articolata umanità “avvicina” un mondo in cui il teletrasporto è praticamente usato da tutti, al nostro. Moderno e antico si fondono in un racconto che seduce, che stimola, che fa viaggiare il lettore, ma alla fine lo riporta nel qui ed ora dell’amore, motore e forza ancestrale. Ho apprezzato i riferimenti colti , a partire dalla scelta del nome di Hyperion per il pianeta che pur periferico sembra essere il fulcro di ogni cosa.

Proteggersi o attaccare? Combattere fino allo stremo o dichiarare resa? Radere al suolo o sperare? Massacro o epurazione? Dio o macchina?

Un finale intenso per una storia unica: Colei che insegna è pronta per nascere. Perdite, lutti, dolori, ma su tutto, la voglia e la capacità di amare, se stessi, il proprio popolo … la vita stessa. Rinascere, pur con le proprie ferite. Modellare un nuovo mondo, si spera, con migliori prospettive e migliori idee.

Sfolgorò ancora …

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