L’angelo dell’abisso

L’angelo dell’abisso

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo “L’angelo dell’abisso”, scritto da Pierre Bordage ed edito da Frassinelli Editore, che ringrazio per la copia cartacea.

TRAMA

L’Europa è devastata da una nuova crociata e la pace, in realtà un’effimera tregua, è assicurata solo dalla figura del leggendario Arcangelo Michele, fondamentalista blindato nella sua roccaforte in Romania, e dalle sue legioni, forti del sostegno popolare. La democrazia è solo un ricordo, dall’America in crisi non arrivano più fondi, e i cieli sono solcati da bombardieri che turbano il sonno degli europei. In questo scenario da apocalisse, il dodicenne Pibe, sopravvissuto per miracolo, si ritrova all’improvviso orfano tra le macerie ancora fumanti della sua casa a Parigi. Tra i giovani saccheggiatori accorsi nel tentativo di procurarsi cibo, abiti e denaro, e i miliziani che tentano di eliminarli, Pibe sceglie di seguire la banda degli adolescenti. Incontra così Stef, una ragazzina di pochi anni più grande di lui, dalla personalità bizzarra e dalle risorse infinite: di una bellezza pura e conturbante, scaltra, forse un po’ veggente, misteriosa. Pibe ne resta subito ammaliato e la segue senza sapere perché. La loro meta, Pibe la scoprirà solo dopo un lungo viaggio verso oriente, e verso la verità.

L’Europa che l’autore ci propone è dura, lacerata, spaventata e piena d’odio, un odio reale, tangibile e concreto che ha portato a ferite insanabili, ha portato alla segregazione e alla violenza, al sospetto e alla paura. E’ un continente che spaventa il lettore perchè è verosimile, tratteggia uno scenario ipotetico e futuristico che ha ridotto in ginocchio la nostra Europa, con divisioni, morti, sangue e dolore.

Ci troviamo di fronte all’Europa che ha intrapreso una sorta di nuova guerra santa contro gli islamici chiamati “osama”, una crociata per la cristianità considerata l’unica cura a tutti i mali del mondo; seguendo il dogma della Bibbia, guidata da un fantomatico argangelo Michele, l’Europa sta affrontando una guerra con tanto di trincee, bombe, campi di sterminio e tortura. I rimandi alla Seconda Guerra Mondiali sono lampanti e dolorosamente conosciuti; tuttavia, anche se ora le comunicazioni ed i media sono strumentalizzati, si percepisce una mano “altra” che muove le fila dell’Europa stessa e della guerra in corso.
Chi si nasconde dietro lo sterminio? Che senso ha? Perché è lampante da subito al lettore che vi è un senso perverso e crudele che ha spinto “qualcuno” alla guerra. Ed è anche abbastanza intuibile chi ci sia dietro, la grande potenza assente, l’unica che, con una guerra simile, di trincea e logorante, ci guadagnerebbe qualcosa.

Ma quando arriva, nel finale, il momento della spiegazione, dello svelamento della verità, fa comunque male: accorgersi che gli interessi dei singoli, dei potenti, hanno portato a migliaia di morti e di situazioni psicologicamente devastanti, che il lettore ha vissuto tramite le storie raccontate nel romanzo, colpisce allo stomaco. Colpisce la “facilità” con cui chi comanda, decide per tutti.

In questo scenario suburbano e subumano viene ovviamente fuori il peggio della società, che non ha più nulla di umano, di compassionevole (o quasi): gli esseri umani si sparano a vista, vivono con corrente ed acqua dilazionate, ci sono quelli che devono fingere, inventarsi un’ identità cristiana (tagliando i capelli ricci o falsificando il certificato di battesimo).
Non c’è più la possibilità di scegliere per se stessi, a partire dal controllo del proprio corpo, ed in particolare questo significa, per le donne, l’assenza della contraccezione: paradossale come, gli arcangelici condannino la visione parziale e strumentale della donna attuata dagli islamici, ma ne fanno lo stesso “uso”, ovvero quello di “forni” atti a procreare.
E’ palese come l’Europa si nutra di pregiudizi e di “sentito dire” in merito al mondo islamico, che non è mai stato davvero conosciuto: è una guerra di isolamento e di ignoranza, che porta alla paura indiscriminata e incontrollata. Ci sono i raid notturni e ogni forma di violenza fisica, morale, psichica è accettata, se non condivisa e ricercata; mi ha colpito il pensiero di una giovane sedicenne, che paga il prezzo della sua bellezza nonostante la bruttura del mondo, e chiusa in un campo di sterminio si interroga su quel passato letto sui libri di storia in cui si raccontava di un’altra guerra e di un altro massacro. La ragazza ricorda l’atteggiamento mentale di fronte a tanto odio e dolore, lo sguardo indignato: ma come hanno potuto ridursi così? Non accadrà mai più! E invece la situazione è precipitata ancora, in un baratro senza fondo: quel “mai più”, si è trasformato in “ancora”.

La narrazione segue diversi personaggi, cosa che ci permette di capire come l’Europa si è tristemente trasformata in una fucina di odio e di segregazione razziale. Sono pagine dure e crude, che fanno male perché plausibili, possibili. L’autore non risparmia nulla al suo lettore e denuda la società, denuda la meschinità e la cattiveria, denuda le strategie di sopravvivenza. La voce principale è sicuramente quella di Pibe, un tredicenne, costretto per via delle origini di sua mamma a scappare e a condividere uno spazio angusto con la sorella e i genitori, i quali si dilettano ogni notte, contro la morte, a vivere di amplessi soffocati, di gemiti e sospiri; una notte, tuttavia, il fragile e delicato equilibrio della sua vita viene interrotto da una bomba. Unico superstite della sua famiglia, considerata fino a quel momento ingombrante e iniuile, Pibe può scegliere se essere mandato nelle scuole profetiche per essere poi spedito a combattere (e morire), o unirsi alla teppaglia, alla Croce del Sud, un gruppo di orfani senza tetto che si oppongono agli sbirri. Ma è davvero, una scelta, quando le due alternative conducono inevitabilmente alla morte?

Pibe si ritrova tragicamente solo, alienato e spaventato da una realtà che fino a quel momento gli era sembrata sì brutta, ma non così tanto: il bagno di realtà che è costretto a fare è doloroso e lo porta inevitabilmente a crescere in un lasso di tempo brevissimo. Pibe sarà messo di fronte all’ineluttabilità della morte, all’impotenza, a un mondo violento e senza regole; l’improbabile amicizia con Stef, una ragazza più grande di lui che sarà per Pibe madre, sorella, amica e amante, lo porterà ad essere coinvolto in un viaggio pieno di ostacoli. Stef è un personaggio scomodo, la cui voce narrativa è potente e agita domande e riflessioni, in Pibe e nel lettore; forse, è l’unica che ha un piano per fermare la barbarie. Resta da vedere se ci riuscirà. E quali conseguenze avrà la sua scelta.

L’umanità che l’autore ci mostra si divide in buio e luce, in personaggi che comunque provano a vivere, ad andare oltre le apparenze e i pregiudizi, e personaggi che invece sguazzano nell’odio razziale, e sembrano ingrossare i loro piccoli e fragili ego solo umiliando, colpendo, ferendo l’altro. Ci sono sprazzi di umanità, di tenerezza, ma gli esseri umani che ci mostra sono tutti spezzati, intimamente e forse lo sarebbero anche a prescindere dalla guerra; sono uomini e donne psicologicamente fragili, che cercano, come possono, di sopravvivere, con le loro lacune e le loro convinzioni. L’aspetto politico è spaventosamente presente: è la politica, l’economia, a manovrare le fila di questa guerra, e così come ha permesso che iniziasse, è chiaro che possa anche decidere quando finirla. L’Europa è divisa, ridotta all’osso, la popolazione crede a qualunque cosa le venga detta, e, convinta dai potenti, ha relegato tutto il male del mondo negli islamici: uno scenario devastante, ma, purtroppo, tremendamente plausibile. E l’uomo che sta dietro a tutto, messo a capo di questo nuovo mondo, con l’emblematico nome di Arcangelo Michele, è un uomo piccolo, malato, perverso, vittima, forse, anch’egli di un sistema-mondo che è avido, vittima di un “gioco” che ha come pedine l’intera umanità e come premio il potere.

Lo stile dell’autore è incalzante, potente, capace di descrivere i moti dell’animo umano, la viltà, la paura, il coraggio, la mercificazione del corpo e degli ideali umani, così come la rabbia e l’angoscia che sperimentano i personaggi; una scrittura magistrale per un romanzo distopico da cui è impossibile staccarsi, una storia che fa male ma che deve essere letta.

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