Blog Tour: Nurah. Il Gioco delle Torri di Luce – Intervista a Marco Oggianu

Blog Tour: Nurah. Il Gioco delle Torri di Luce – Intervista a Marco Oggianu

Buongiorno, lettori! Oggi sono felice di ospitare la seconda tappa del Blog Tour dedicato al romanzo Nurah. Il Gioco delle Torri di Luce, scritto da Marco Oggianu, ed edito dalla casa editrice Bookabook. Ringrazio l’autore e la Casa editrice per questa possibilità!

Prima di passare all’interessante intervista con l’autore del romanzo, vi invito alla visione di questo video, che dà un’idea di ciò che si trovavano davanti i protagonisti durante il Gioco, anche se naturalmente bisogna immaginarselo intero, oggi è un sito archeologico: 

https://www.facebook.com/aldobandb/videos/237388013941673/  

Nel video, vi è uno degli scenari più imponenti del romanzo, la Nurah di Antinè, oggi Nuraghe Santu Antine.

E ora, iniziamo con le domande!

– La storia si svolge in Sardegna, terra che fa da sfondo e da cornice, e che è presente in modo forte e predominante nel romanzo: quanto c’è di mito e tradizione e quanto l’autore ha creato? 

Direi che le scene si svolgono su uno sfondo reale, più o meno come doveva essere la Sardegna ai tempi dei Nuraghi, più di tremila anni fa. I riti, soprattutto quelli dell’acqua e del fuoco si svolgono in parte ancora oggi seppur cristianizzati. I simboli, gli amuleti, gli oggetti sono tutti reali, dalle statue ai bronzetti, si possono tranquillamente vedere nei musei archeologici della Sardegna, in Toscana e persino al British Museum, a Londra. La storia e il Gioco sono frutto della fantasia dell’autore, seppur ispirati dalle statue.


– Nel corso della storia, mi ha colpito l’idea del gioco come sostituto della guerra, come modalità per contenere gli impulsi aggressivi, per trasformarli in altro, ma ad un certo punto il gioco trascende se stesso ed il proprio compito divenendo sfida senza esclusione di colpi, pretesto per un’ideale di perfezione che qualcuno vuole perseguire… Da dove nasce l’idea del Gioco, cosa lo ha spinto ad ambiente poi questo Gioco nella Sardegna “rivisitata”?

L’idea del Gioco e dell’utilizzo dei nuraghi come Templi e allo stesso tempo come arene nasce dall’ “incontro” coi Giganti di Monti Prama, le statue scoperte negli anni Settanta, restaurate ed esposte per la prima volta intorno al 2010 nel Museo di Cabras. L’esempio più antico di statuaria a tutto tondo nel Mediterraneo occidentale. Esse non rappresentano Dei o Re ma atleti: arcieri, pugili e lottatori, sullo stesso modello di molti personaggi rappresentati nei bronzetti. L’ispirazione diretta però è venuta da una scultura, portata alla luce insieme alle statue, che rappresenta uno strano personaggio che si arrampica su un bastione nuragico (vedi foto).

La Sardegna poi, come ambienti e paesaggi, ma anche come toponimi, si adatta benissimo al fantasy, anche se pochi fino ad ora ci hanno provato. Per esempio il nome Porta del Vento non è nient’altro che la traduzione italiana di Janna e’ bentu, da cui poi per un errore di trascrizione dei geografi militari (non Sardi) venne fuori Gennargentu, il massiccio montuoso più ampio e elevato dell’Isola. Il passo più importante della catena è l’Arcu de Correboi, il Corno del Bue. Ecco perché Ilian per raggiungere il sud dell’isola deve “passare la Porta del Vento attraverso il corno del bue”. Sembra Star Wars ma erano reali toponimi di sentieri di pastori e contadini.


– E da dove nasce, poi, la complessa struttura sociale e organizzativa dei vari Regni?

E’ ispirata ai Giudicati, i quattro Stati, o Regni, nei quali la Sardegna era divisa durante il Medioevo. Il Judike, o Giudice, era il Sovrano, che veniva eletto dalla Corona, l’Assemblea dei Majores del Regno e durava in carica a vita. Nel romanzo invece viene sancito ogni anno attraverso il Gioco. L’esercito Giudicale era l’Ardia. Il Judike più famoso è guarda caso una donna, che regnò nel XIV secolo: Eleonora d’Arborea, ancora oggi riconosciuta come eroina nazionale da tutti i sardi.

– Nel romanzo, ambientato in un ipotetico e lontano passato, sono presenti diversi personaggi, la maggior parte dei quali è giovane anagraficamente: come ha coniugato quindi, anche da un punto di vista di scelte linguistiche, queste due anime?

Sono solo apparentemente due anime, perché in quel periodo pare si divenisse precocemente adulti, e quindi l’età giusta per partecipare al Gioco fosse più o meno quella dei protagonisti. Personaggi come Balar e Loh ad esempio, che vengono considerati quasi anziani, sono poco più che trentenni. Quindi praticamente una scelta obbligata. I nomi sono reali. Vengono utilizzati ancora oggi, seppur “italianizzati”, ad esempio Gunnar oggi è Gonario. Gonare II di Torres era anche un famoso Giudice del XII secolo. Buona parte degli altri nomi sono presenti e testimoniati in molti documenti medioevali sardi.


– Infine, ma non meno importante, anzi motore primo di tutte le cose e non si fa eccezione nel romanzo: l’amore. Amore per la propria terra è quello che traspare leggendo il romanzo, amore per la Lingua Sarda (utilizzata e tradotta), ma amore e’ anche il sentimento forte che lega Ilian e Gunnar, tesi tra Eros e Thanatos: come ha incanalato, gestito e pensato la loro storia proibita?  

E’ un clichè molto utilizzato in letteratura, quello dell’amore proibito, dai classici greci fino a Hollywood, passando per Shakespeare. In Sardegna abbiamo avuto i romanzi di Grazia Deledda che ricalcavano questi modelli. Io mi son semplicemente rifatto a queste storie tragiche per renderle fruibili secondo i canoni dei Manga giapponesi anni ottanta (Conan e Lana, Uomo Tigre, Holly e Benji), gettando gli amanti in avventure alla Salgari o la più moderna saga Hunger Games, col Gioco mortale e i tributi. In realtà poi i tributi umani ritornano anche nel mito Minoico con la storia di Teseo, Arianna e il Minotauro.

Ringrazio l’autore Marco Oggianu per la cortesia e la disponibilità, per le sue risposte esaustive e molto interessanti, e la casa editrice Bookabook per questa opportunità!

A presto, Viviana.

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