M.T.V.M.

M.T.V.M.

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo M.T.V.M., seguito di 83500, scritto da Michela Monti ed edito da Triskell Edizioni, che ringrazio per l’invio della copia!

TRAMA

Melice Redding ha capito. Dopo dieci anni trascorsi in carcere per difendere Richard Bell, ha capito che non vale la pena di morire per lui, e ha scelto di combattere. I passi da compiere sono chiari: trovare Richard, preparare la propria difesa al meglio, e aspettare fino alla data del processo. Il destino della detenuta sembra roseo, eppure l’attesa si rivela più complicata del previsto. Ci sono troppi spettri del passato a intralciare il riscatto di Mel, troppa rabbia da frenare e neppure un Guardiano d’Anime a proteggerla da quella follia. Perché i desideri sono più forti delle buone intenzioni, e nessuno scorpione muta la propria natura.

Ritroviamo Melice dove l’avevamo lasciata alla fine del primo romanzo: scossa e scioccata dalla serie incredibili di rivelazioni che hanno caratterizzato i capitoli finali del precedente volume, Melice sa solo una cosa, vuole vivere e vuole farlo ad ogni costo. Per una casualità su cui non vuole soffermarsi più del necessario, ha avuto una seconda possibilità, ha capito, ha guardato in faccia il proprio passato e ha ricordato. Ora è determinata a non cedere: resistere è la sua parola d’ordine e deve farlo perché la libertà e la vita ora hanno il sapore di una maternità ritrovata. Melice vuole farcela, anche quando è tremendamente difficile, anche in un contesto davvero tremendo; e proprio il contesto è l’elemento che non aveva considerato nella sua sottile equazione per la vita e per la sua personale rivalsa. Il carcere ReBurning è protagonista di una improvvisa e imprevedibile rivolta delle detenute, assassine pericolose, rese ancora più terribili dal semplice fatto che, a differenza di Melice, non hanno nulla da perdere e proprio per questo vedono in lei un facile nemico su cui scaricare colpe, insulti, orrori e violenza, verbale ma soprattutto fisica. Coinvolta suo malgrado in questa ribellione, servirà comunque a Melice per capire come gli altri la vedono e la percepiscono, epicentro di qualcosa che lei nemmeno conosce per via della carcerazione: è divenuta un simbolo, un potente mezzo che nelle mani giuste potrebbe decretare spostamenti e influenze dell’opinione pubblica da un lato piuttosto che da un altro. Melice tutto questo fatica a comprenderlo, sia perché non ha gli strumenti per poterlo fare a causa dell’isolamento, sia per via del suo temperamento che la rende per natura restia a riflessioni e soprattutto a calcoli di interesse. Se avesse agito per interesse personale, sicuramente non si troverebbe a rivivere in maniera dolorosa ed incessante una spirale di violenza da cui sembra non poterne uscire mai.

Dolore e violenza sono estremamente presenti nel romanzo: l’autrice ha compiuto un passo avanti notevole migliorando ulteriormente la sua scrittura e attingendo ad una innata capacità di empatia e conoscenza dell’animo umano. Ne viene fuori una Melice diversa rispetto al primo romanzo, seppure mantiene ancora gli elementi cardine della sua personalità e del suo carattere; la nuova Melice ha una complessità che spesso maschera con il suo solito sarcasmo e proprio non riesce a tenersi fuori dai guai. Il problema è che a ReBurning i guai portano lividi, fratture, sangue, lacrime e nessuna consolazione; interessarsi agli altri in un mondo crudele e meschino comporta la generazione di atteggiamenti violenti che l’autrice ha saputo rendere e contestualizzare con estrema chiarezza. Eppure, il carcere, per forza di cose, diviene una replica parziale di un mondo, un microcosmo dotato di proprie regole, avulse da quelle condivise nel mondo esterno e forse anche seguite da detenute ed agenti al di fuori di esso, ma ora vigenti e forti; il carcere diventa realtà, e quindi bisogna pur mettere in atto delle strategie per poter vivere in esso, ben consapevoli della condanna che grava sulle teste. Così c’è il sarcasmo, c’è l’ironia, c’è l’urlarsi contro, c’è l’atto inconsulto di gettarsi contro le sbarre elettrizzate: ognuna, come può, cerca di “adattarsi”. Il lettore può restare turbato da questo atteggiamento che però è calzante con l’idea della reclusione e con la realtà stessa: anche in questo caso, ho apprezzato la capacità dell’autrice di lavorare con un dato di realtà, trasportarlo in un contesto letterario, e renderlo comunque credibile nella sua brutalità.

Stesso procedimento avviene per il processo in cui si dovrà decidere la colpevolezza o l’innocenza di Melice: ma, trattandosi di lei, non andrà nulla come dovrebbe! In tale occasione, Melice si troverà ad affrontare altre e nuove verità: scendere a compromessi e guardare in faccia la sua nemica e scoprire che la guerra che ha intentato contro di lei è decisamente personale, connotata da una rabbia talmente viscerale da non potersi estinguere. La sua rivale non può accettare altro se non la distruzione totale di Melice che percepisce come l’artefice della distruzione della sua vita affettiva e sentimentale: richiede sangue, vuole sangue. Ma il processo è anche il momento in cui si riscatta il padre di Melice che la difende con tutte le sue forze seppure anche lui non riesce proprio ad abbandonare certi atteggiamenti manipolatori che metteranno in discussione il rapporto tra Gabriel e Melice; finalmente, abbiamo un breve scorcio della vita di Gabriel pre-ReBurning e pre-Melice e devo dire che mi ha molto intrigata la cosa! Sarebbe interessante approfondire la questione e osservare la situazione dal suo punto di vista nel prossimo capitolo del romanzo, considerato soprattutto l’epilogo pazzesco di questo secondo volume!

Tante le domande che restano nella mente del lettore: una su tutte, riguarda quella sorta di sogni/desideri/memorie/ricordi che Melice ogni tanto vive … cosa significano? E soprattutto, perché Melice è diventata il capro espiatorio della situazione?

Melice è a tutti gli effetti una protagonista che divide, che piace o non piace: scomoda, nel suo personale modo di intendere la relazione con l’altro e le emozioni. L’autrice ci guida all’interno della sua mente e non sempre è un viaggio facile o leggero, com’è giusto che sia, poiché entrare nell’intimità emotiva di una persona richiede apertura e comprensione; così Melice si pone e ci pone interrogativi etici e morali in un mondo spregiudicato e aggressivo. Sicuramente la sua indole innata impulsiva la connota anche nel secondo romanzo: spiazza, invita a riflettere e ragionare sulle sue decisioni cercando di comprenderne origine e finalità.

E’ scomoda perché ama nel braccio della morte. Perché odia nel braccio della morte. Perché si spoglia e si commuove, non si controlla e dilaga nell’emozione (come nel breve ma intenso incontro col padre di Bea).  E’ scomoda perché la realtà del carcere e della sua vicenda l’ hanno indurita e resa più cinica ma alla fine non resiste e la sua scorza cede: la sua sensibilità è la sua condanna. Regge il peso delle storie altrui di cui non riesce a non farsi carico: così stringe Pete tormentato dal sentimento che prova per Eliza, spaventato. Cerca di contenere ma si perde nell’abbraccio, nel desiderio puro di contenimento e conforto emotivo che lei stessa per prima brama.

Lo abbracciai, sperando di mantenerlo intero almeno per un pò.

Melice desidera amare ed essere amata, desidera proteggere; lungi dall’essere un personaggio debole, la sua capacità di sentire le emozioni la espone al giudizio, al pregiudizio, alla violenza e al fraintendimento ma nulla possono, alla fine, sul suo cambiamento. Lei è così e resta così; Melice sa che deve odiare Richard ma comunque non ci riesce, sa che dovrebbe detestare Pete ma non riesce. In un mondo violento che fa della tortura, del sopruso, della manipolazione e della corruzione il suo marchio distintivo, Melice è umana e la sua umanità disarma e indispone, è pericolosa.

Ammetto di essermi commossa durante la visita di Sadie alla madre: con Melice che trattiene, che sorride, che cerca di essere forte e solida per sua figlia nonostante la frattura del dolore data dal vetro distanziante e dalla domanda lecita e dolcissima della bambina: esci presto, mamma? E l’immobilità a cui è costretta, senza possibilità di sfogare quel carico di frustrazione e di tormento che ha dentro, a meno che non scelga la violenza, cosa che Melice dubito farebbe.

E cosa dire del complicato rapporto con il suo cyborg? Un personaggio che sempre più va delineandosi e che in questo secondo capitolo riusciamo a iniziare a leggere: affascina e incuriosisce, chi è davvero?

Un secondo capitolo che appaga le aspettative alimentate con il primo romanzo, per trama, per ambientazione e per approfondimento psicologico e caratterizzazione dei personaggi. Ancora una volta l’autrice ha saputo parlare di argomenti importanti e delicati con una penna consapevole, intelligente e sensibile. Uno stile incalzante che spinge il lettore a non volersi mai fermare, che lascia l’emozione vivida nella sua mente ed emoziona.

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