Review Tour: La nube purpurea

Review Tour: La nube purpurea

Buongiorno, lettori! Oggi Review Tour dedicato al romanzo di fantascienza La nube purpurea, scritto da M. P. Shiel ed edito da Mondadori, nella collana Oscar Fantastica. Ringrazio la Casa Editrice per la possibilità di leggere questo titolo in anteprima.

TRAMA

Un vapore mortale – dall’inquietante luce purpurea e dall’inebriante profumo di fiori di pesco – spazza il mondo e annienta tutte le creature viventi. Rimane un unico uomo, Adam Jeffson, medico, reduce da una missione esplorativa nell’Artico. Come un Robinson Crusoe apocalittico, Adam inizia la sua epopea per la sopravvivenza. Ma, a differenza di Robinson, non è relegato su un’isola: a sua disposizione ha l’intero pianeta, un mondo silenzioso e devastato. E se l’eroe di Defoe faceva ricorso a tutte le più sottili doti del raziocinio e dell’intelligenza, Adam sprofonda invece nella follia, passando per i deliri e le allucinazioni della solitudine più profonda. Tuttavia una lucidità visionaria si fa lentamente strada nella sua mente, ed egli diventa infine consapevole che la sua sopravvivenza non è casuale e che il suo destino – e quello della razza umana – fa parte di un piano più vasto. Pubblicato agli albori del Ventesimo secolo, “La nube purpurea” è riconosciuto come uno dei grandi capolavori della fantascienza: un grandioso racconto emblematico dei più sinistri incubi novecenteschi, ma anche un’epica vicenda di rovina e rinascita, fine e principio.

“L’uomo che per primo avrà raggiunto …”, queste le imprecise parole che il signor Stickney lascia come eredità: l’uomo più ricco del mondo dona una fortuna al primo uomo che avrà raggiunto il Polo, creando un’interesse spasmodico, “febbrile”, per l’impervia zona del mondo. Una caccia all’oro e alla fortuna, che potrebbe aprire porte e cambiare lo status sociale del fortunato primo uomo, ma che ovviamente implica un rischio enorme; tante sono le navi che sono partite e le spedizioni che hanno fallito ma si mormora che il viaggio della Boreal sarà differente e votato al successo. Comandata da Clark, la spedizione della Boreal si sta preparando alacremente al viaggio, nonostante predicatori diffamanti e qualche impedimento logistico riguardante la composizione dell’equipaggio, e il 19 giugno la Boreal salpa dal molo di St. Katherine piena di speranza. Tra i membri della spedizione vi è la voce narrante della storia, Adam Jeffson, un medico che per una serie di casualità alquanto improbabili – al punto che in tanti, tranne lui, se ne chiederanno ragione – si trova a partire, sollecitato, supportato, spinto dalla fidanzata e promessa sposa, una donna che appare sin da subito al lettore cinica e ambiziosa. Presto emergeranno una serie di problematiche: il viaggio è lungo, difficoltoso, noioso, e richiede una serie di aiuti quali renne e cani non previsti nella giusta quantità; saranno necessari rifornimenti ma ciò che più fiaccherà il morale degli uomini sarà la lungaggine del viaggio e il paesaggio decisamente piatto. Fame, sonno, freddo, ghiaccio non sono buoni compagni, inizieranno ad emergere dissapori, rancori, offese, ma, fatto ben più ben strano, ancora coincidenze che portano a morti. Adam si troverà dall’essere il membro meno indicato e meno voluto della compagnia, a diventare lui quell’uomo che compie la missione, ma da solo. Finalmente raggiunge l’Artico ma come in una colossale beffa … non c’è nessuno a cui dirlo, a cui raccontare la propria vittoria, la propria rivalsa, nessuno a cui chiedere lumi sul premio. In un crescendo di paure sempre peggiori, di solitudine profonda, Adam si renderà conto che, nel suo viaggio in solitaria è successo qualcosa che ha coinvolto la popolazione oltre l’Artico. Cadaveri su cadaveri. Navi, vele, motori fermi, e silenzio: irreale, inquietante. Solo le zanzare ad accompagnare e ad annunciare una morte sempre accompagnata da uno strano ( e fuori luogo) profumo di pesco/mandorlo e una nube di colore purpureo. Da dove proviene? Cos’è? Ma soprattutto, Adam, è davvero rimasto solo al mondo?

Un viaggio attraverso una geografia prima ostica come quella del Polo Artico, poi terribile, quale può essere quella di un mondo di cadaveri, uccisi dalla nube nei momenti più disparati dell’esistenza, e lo sguardo di Adam, che ipoteticamente racconta questa storia, con una lucidità che, pagina dopo pagina, cadavere dopo cadavere, viene sempre meno. La sua infinita solitudine lo agghiaccia e lo spaventa, in un primo momento: cerca disperatamente conforto in un’eco dolorosa richiamata da quel “c’è nessuno?“, sussurrato e urlato, per paura di una risposta che non arriverà, e poi sfocia nel delirio, nella risata, nell’idea folle del fuoco e di reinventarsi quale nuovo sultano di un mondo di morti. Adam alterna momenti di intuizione a momenti che scivolano in uno scollamento irreale. Manovra mezzi di trasporto cercando di non calpestare i corpi che vengono percepiti e descritti come una moltitudine di cadaveri di cui il lettore immagina i contorni: Adam ne è terrorizzato, ne è sopraffatto. Dorme con la luce accesa per proteggersi dal fantasma di un incubo ancestrale: essere soli al mondo. Ma poi scatta la metodica dell’uomo di scienza, di cultura, che quindi cerca i giornali, che vuole sapere: tutti espedienti narrativi che servono all’autore per orchestrare una trama con un solo protagonista, per farci/fargli comprendere cosa è accaduto. Adam è il grande assente, il superstite: ennesima fortuna, la sua? Eppure, incistata nella sua coscienza, ci sono le sue due voci, che lo guidano sin dall’infanzia e mettono dubbi al lettore sulla sanità mentale del personaggio e che nella mente del protagonista si declinano come istanze contrapposte, “fai questo/non fare questo” e lo assorbono al punto di immobilizzarlo, o i suoi sogni, dall’aspetto di persecutorie premonizioni. E gli svenimenti, le mancanze di Adam, che nei momenti centrali si chiama fuori dalla storia, che colpisce per il suo ritmo particolare. Domande, ipotesi, deliri, tempi lunghissimi e dilatati, idee bizzarre, e la morte, fedele compagna di Adam.

Il senso crescente di straniamento che Adam prova è in accordo  alla situazione che sta vivendo, ma credo, da quel poco che l’autore ci mostra di Adam prima della spedizione, che vada ad aggravare una personalità già di suo fragile; è un personaggio con cui empatizzare potrebbe diventare anche difficile nel corso della lettura. Ammetto che in alcuni punti, la scrittura dell’autore, forse per ricalcare la desolazione che osserva e abbraccia, soffoca quasi il suo protagonista, mi ha disorientata e stranita. Quando Adam resta solo ,incappa ,alternativamente in una pigrizia mentale o in un fare distruttivo, che lo portano talvolta a muoversi in tempi relativamente brevi, talvolta lo costringono a stare in un posto per lunghi periodi, considerando che l’arco temporale trattato attraversa ben diciassette anni durante i quali Adam sconfina sempre più nel baratro della follia.

“Se ora dovessi sollevare gli occhi e vedere un uomo camminare laggiù, proprio laggiù, dietro quell’angolo, svoltando in Oxford Street da Harewood Place: in quel caso che cosa farei, mio Dio? Che cosa farei, senza neppure un coltello da affondargli nel cuore?”

Da lettrice, ho avuto momenti in cui il pensiero e l’animo di Adam mi apparivano chiari, sentivo di comprenderlo, e momenti in cui la sua esaltazione, i suoi ragionamenti e la sua irrequietezza mi erano estranei. Non so se sia stato voluto o meno, ma in un certo senso è stato come se anche io impazzissi come Adam, in un lento e inesorabile percorso fino alla missione finale di un novello Adamo: restaurare, riedificare.  Mi aspettavo una maggior delucidazione sulla nube citata nel titolo, sul motivo per cui si abbatte sul mondo, uccidendo tante creature ma salvando ad esempio pesci e zanzare; il romanzo è in realtà un viaggio visionario nella mente del protagonista che attraversa il mondo, credendosene l’unico padrone, e brucia, distrugge, saccheggia, ed alla fine, in un ultimo moto di follia narcisistica, si fa giudice della vita stessa.

Un romanzo fuori dagli schemi narrativi del suo tempo, uno sguardo disincantato sull’uomo, e l’intuizione dell’autore di narrare una storia nella storia, dove i confini tra i piani di realtà/finzione sono labili, dove tutto è volutamente ambiguo e deviante dalla norma, proprio come il protagonista Adam.

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