Review Tour: Il nome del vento

Review Tour: Il nome del vento

Buongiorno, lettori! Oggi vi parlo del romanzo Il nome del vento, scritto da Patrick Rothfuss e pubblicato in una nuova veste grafica per l’edizione del decennale da Mondadori, che ringrazio per la possibilità di leggerlo in anteprima!

TRAMA

“Ero distante solo due dozzine di piedi, lo vedevo perfettamente nella luce del tramonto. La sua spada era pallida ed elegante, tagliava l’aria con un suono freddo. La sua bellezza quella perfetta della porcellana. Era un Chandrian, un distruttore, e aveva appena massacrato la mia famiglia.” Per ritrovare quella mostruosa creatura e vendicare la sua famiglia, Kvothe è pronto a tutto. Costretto ad affrontare la fame e qualsiasi tipo di pericolo, il ragazzo sente crescere dentro di sé un potere magico che lo porterà all’Accademia, una spietata scuola di magia in cui nessun errore è permesso. Ma chi resiste ai duri anni dell’apprendistato poi sarà in grado, forse, di affrontare i propri spietati nemici e gli incubi peggiori.

E Kvothe ora è pronto a vendicare il popolo nomade di attori con cui è cresciuto, massacrati insieme ai genitori dai demoni Chandrian, è pronto a diventare quello che sarà: potente mago, abile ladro, maestro di musica e spietato assassino, l’eroe che ha ispirato migliaia di leggende.


Ho sottratto principesse a re dormienti nei tumuli. Ho ridotto in cene- re la città di Trebon. Ho passato la notte con Felurian e me ne sono andato sia con la vita, sia con la sanità mentale. Sono stato espulso dall’Accademia a un’età inferiore a quella in cui la maggior parte della gente viene ammessa. Ho percorso alla luce della luna sentieri di cui altri temono di parlare durante il giorno. Ho parlato a dèi, amato donne e scritto canzoni che fanno piangere i menestrelli.
Potresti aver sentito parlare di me.

Se amate le storie di magia, dovete leggere questo libro. Anzi, se amate le storie di avventura e misteri, dovete leggere questo libro. Meglio, se amate le storie fantasy con un personaggio che vi rapirà il cuore, dovete leggere questo libro. Insomma, scegliete un motivo, uno qualunque, ma leggete questo romanzo! Il nome del vento è una di quelle storie che colpiscono – e affondano – sin dall’incipit del prologo che anticipa una grande prosa narrativa ma soprattutto una bella storia.

E’ notte, e si sa, le storie migliori iniziano di notte; l’ambiente è quello di una locanda, dall’emblematico nome de Pietra miliare – e badate bene che in questo romanzo nessun nome è mai troppo casuale!- qualche avventore beve e racconta la sua giornata, mentre il locandiere Kote pulisce il tavolo. Quanti anni ha, davvero? Sprigiona un carisma, un magnetismo unico, anche con le poche pennellate che l’autore gli dedica, si capisce già che Kote è molto, ma molto di più. Un uomo spezzato, ma da cosa? Stralci di conversazioni con il fido Bast, pensieri e riflessioni su se stesso, Kote è alla ricerca di un posto in cui nascondersi, è alla ricerca di un silenzio che va ben oltre le tre parti. Tuttavia, esistenze come la sua sono destinate a non essere accontentate in questo e ben presto il mondo intero verrà a reclamare la vera natura di Kote, nella figura di Cronista che scuote l’uomo dal torpore e gli chiede di narrare la sua storia. E Kote, smascherato, comincia il racconto incredibile della sua vita. Nato nella comunità degli Edema Ruh, la sua è una famiglia composta di artisti di corte, ben oltre gli artisti di strada, i bardi o i girovaghi; la sua infanzia è quanto di più sereno un bambino possa desiderare, amato dalla sua comunità e dai suoi genitori, esempio a loro volta di un grande amore, e cullato dai viaggi, dall’incontro produttivo con culture e tradizioni diverse. Forse per questo o forse per un’innata attitudine alla domanda, Kote il cui nome vero è Kvothe, cresce curioso, brillante e con un’intelligenza vivace. L’incontro in tenera età con l’arcanista Ben cambierà per sempre la sua vita. Se fino a quel momento le sue abilità erano state stuzzicate su usi e costumi, sull’arte del canto e dello strumento, ora Kvothe conosce l’esteso e affascinante mondo della magia.

La legge della simpatia è una delle parti più elementari della magia. Essa afferma che quanto più due oggetti sono simili, maggiore è il legame simpatetico, più facilmente si influenzeranno a vicenda.

Ben diviene il primo maestro del giovanissimo Kvothe che dimostra un amore e una competenza per le materie proposte che vanno oltre le più rosee speranze di un’insegnante: chimica, logica, matematica, grammatica, in modo sottile Ben comincia a preparare Kvothe all’Accademia, il suo sogno più nascosto. Musica, medicina, veleni e rimedi, Kvothe non trascura nessun aspetto dell’educazione; e intanto conosce la geografia, in modo esperenziale, attraverso i viaggi e la potenza della tradizione orale, e le lingue, per mezzo del contatto umano con gente di ogni posto. La religione e le credenze accompagnano i suoi viaggi e le notti intorno al fuoco, ed è proprio su una diceria popolare che si incista pericolosamente l’attenzione del padre di Kvothe, il quale vuole scrivere una canzone sui temuti Chandrian: chi sono? Personaggi di favole per spaventare i bambini? Retaggio culturale? Terribili demoni esistenti? Ogni popolo ha una sua versione della storia, e il padre di Kvothe vuol cantare la propria, ma a che prezzo?

L’infanzia tenera e serena di Kvothe sta per giungere al termine e nel peggiore dei modi: quel mondo perfetto ai suoi occhi, sta per crollare. Solo, senza soldi e senza più la sua musica, il giovane ragazzo deve capire come sopravvivere a un mondo che è molto lontano dalla sua carovana di amici, deve scontrarsi con la realtà di un Impero corrotto e marcio, dove la divisione sociale ed economica è decisamente marcata. Sconforto e dolore si susseguono come un’onda nella giovane vita di Kvothe ma il destino ha in serbo ben altro per lui. La sua incredibile capacità di adattamento lo aiuteranno, ora e sempre nel corso della sua storia, ad ottenere il meglio anche dalle situazioni più terribili. E così, dopo tanto penare, si apre un capitolo nuovo per il ragazzo che finalmente giunge all’Accademia per diventare Arcanista … ma un dubbio, come una crosta fastidiosa, pungola l’animo di Kvothe: chi sono i Chandrian? E cosa c’entrano con lui?

Seguendo due archi narrativi, uno relativo al presente e uno che rivive le avventure di un giovane Kvothe dai capelli rossi e dagli occhi cangianti, l’autore ci guida in un mondo meravigliosamente complesso, intriso di magia e di creature magiche. Il lettore si troverà catapultato in una trama avvolta dal mistero e dal sentimento, facendo il tifo per un protagonista che non si può dimenticare: Kvothe ha in sé tutto l’ardore giovanile del mondo, talvolta pecca di presunzione ai nostri occhi ma il suo peccato va anche contestualizzato all’interno di una struttura sociale chiusa e rigida, come quella dell’Accademia, dove conta più il denaro che il talento. Kvothe è povero ma è davvero bravo e dotato di un talento incredibile; le sue capacità di apprendimento sono sorprendentemente rapide e non ha paura di sporcarsi e lavorare più duramente di altri. In un mondo, però, che tiene in grande considerazione la nobile nascita, è costretto spesso a dover “alzare la voce” per farsi ascoltare. Non che il nostro Kvothe abbia un carattere mite! Determinato, ostinato, orgoglioso, negli anni giovanili, quanto apparentemente scontroso, ombroso e fragile negli anni da locandiere. Un mistero interessante per il lettore: scoprire dove sia finita l’energia dello studente brillante che eccelle nelle materie scolastiche e scala la gerarchia accademica alla velocità della luce; scoprire cosa possa essergli capitato o cosa possa aver fatto Kvothe per imporsi un isolamento tanto restrittivo. Lui, così consapevole dei nomi e del proprio nome, una leggenda di cui si dice:

Questo è l’uomo il cui nome all’Accademia è diventato sia lode, sia imprecazione.

Un mistero legato al fuoco blu dei Chandrian? O ai tesori nascosti negli Archivi? E’ stata forse la faida con il ricco Ambrose a costringerlo a fuggire? O l’amore tormentato per la bella Denna?

Mi è piaciuta la scelta di mostrarci un Kvothe ragazzino e poi giovane uomo alle prese con la ricerca di se stesso e del proprio posto nel mondo, con passioni così tipicamente legate alla sua età; un ragazzo capace di vincolare elementi tra loro ma in difficoltà dinanzi alle faccende sentimentali. Tutto questo lo rende affascinante, credibile e simpatico, agli occhi del lettore, che un po’ empatizza, un po’ lo invidia, temendo per lui in alcuni momenti e sospirando in altro. L’autore riesce a tenere la tensione narrativa sempre alta, e nonostante la corposità del romanzo, riesce ad introdurre elementi sempre nuovi per calamitare l’attenzione del suo lettore. Si vuole conoscere il prossimo guaio in cui sicuramente si caccerà, si vuol chiacchierare con Wil e Sim, attraversare la Sottovia con Auri e si vuole assistere alle lezioni. Lo ammetto, sono stata del tutto affascinata da questa Accademia e dal sistema magico che l’autore ha ideato: l’uso della simpatia, del vincolo, la sigillomanzia e l’onomanzia, ma più di tutto il concetto dei nomi, portatori di magia e di vita, che fornisce poi il titolo al romanzo stesso. Il nome del vento, evocato per la prima volta da Ben, chiama a sua volta Kvothe.

I nomi sono l’espressione del mondo, e un uomo che sa pronunciarli è sulla strada per il potere.

Le parole sono pallide ombre di nomi dimenticati. Come i nomi hanno potere, le parole hanno potere. Le parole possono accendere fuochi nelle menti degli uomini. Le parole possono far uscire lacrime dal più duro dei cuori. Ci sono sette parole per far innamorare di te una persona. Ci sono dieci parole per spezzare la volontà di un uomo risoluto. Ma una parola non è nient’altro che il dipinto di un fuoco. Il nome è il fuoco stesso.

Il nome del vento, la capacità di evocarlo, soggiogarlo, comandarlo, è uno dei motivi che hanno spinto Kvothe a voler frequentare l’Accademia e diventare Arcanista; il ragazzo, tuttavia, compie una scalata al “potere” mai vista prima e, immagino, dovrà stare molto attento a preservare il proprio animo dalle minacce che, appunto, derivano dal potere dei nomi.

Questo primo romanzo contiene al proprio interno tutti gli elementi che ne hanno fatto un capolavoro: scrittura magistrale, trama sapientemente ordita e personaggi multisfaccettati. L’autore non ha lesinato su nulla: amore, amicizia, tradimento, onore, famiglia; pienamente calato nel genere di riferimento, il romanzo attinge a schemi e ad archetipi narrativi tipici quali il viaggio e la centralità del percorso evolutivo dell’eroe ma lo fa con un’originalità tale e una profondità narrativa sbalorditiva. Ha creato un mondo, e leggendo le note finali dell’autore stesso sono chiari i riferimenti letterati che ha bene in mente, e lo ha fatto partendo dalla geografia fisica e politica dell’Impero aturiano; ogni elemento è stato studiato, dalla lingua, alla religione, all’economia, alla pronuncia dei nomi. Un lavoro epico per un romanzo altrettanto epico.

Ho girovagato, amato, perso, ho avuto fiducia e sono stato tradito.

Come tutti, caro Kvothe, e forse è per questo che dopo l’ultima pagina ho faticato tanto a lasciarti andare. Mi hai emozionata, lo ammetto; volevo essere te e volevo essere Denna, per essere guardata da te con quello sguardo che la penna dell’autore ha reso così poetico e suggestivo che è impossibile resistervi.

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