La scomparsa di Adèle Bedeau

La scomparsa di Adèle Bedeau

Buongiorno lettori! Oggi vi parlo di un romanzo appartenente al genere poliziesco e thriller psicologico: La scomparsa di Adèle Bedeau scritto da Graeme Macrae Burnet, ed edito da Neri Pozza, che ringrazio per l’invio della copia.

TRAMA

Manfred Baumann è un solitario. Personaggio scomodo e perennemente a disagio in società, passa le serate a bere e a osservare di nascosto Adèle Bedeau, la scontrosa ma seducente cameriera di uno scialbo bistrot nell’insignificante cittadina francese di St. Louis. Ma, quando la ragazza all’improvviso scompare nel nulla, l’esistenza di Manfred, principale sospettato, viene stravolta e scandagliata da George Gorski, un detective perseguitato dalla triste fama di essere un incapace nel risolvere tutti i casi di omicidio che gli sono stati affidati. Sarà difficile, a quel punto, per Manfred, continuare a celare l’oscuro segreto che grava sul suo passato. Dall’affilata penna dell’autore di Progetto di sangue, La scomparsa di Adèle Bedeau è un romanzo poliziesco letterario e, al contempo, un avvincente thriller psicologico.

E’ nell’assenza che, Adèle – icona di un femminile primitivo -, viene notata: a lei, si dedica una seconda occhiata, che esula dalla facciata del corpo procace e istigatore di lussuriosi pensieri (e gesti), solo nel momento in cui non è al suo posto; occhiata che, però, verrà eseguita con il tarlo del sospetto, della paura, della curiosità persino e , infine, con l’occhio della Giustizia che scandaglia, esamina, disseziona. Nell’indifferenza apparente, Adèle svanisce nel nulla; ma, pur dando il titolo al romanzo, pur essendo il motore della trama, la ragazza è quasi personaggio secondario nella sua stessa ricerca, poiché il narrato si concentra su una serie di altri attori.

In una sorta di Commedia delle Parti, ognuno dei protagonisti del romanzo, accarezzati dalla penna abile del narratore, ha il suo ruolo e la sua parte: un tacito copione sembra essere impartito all’intera cittadina, sonnecchiante, noiosa ed annoiata, dove nulla e nessuno risaltano. Un luogo di passaggio dimenticabile, in cui però tuttavia la vita scorre nella sua quotidianità, quasi un non-luogo fuori dal tempo, che procede secondo precisi dogmi e rituali. Così, il Restaurant de la Cloche, fulcro del paesotto e rappresentazione simbolica dell’isolamento dello stesso, è il posto in cui nulla cambia: dal menù, all’atteggiamento del proprietario, le cui battute sono sempre uguali, al rituale del giovedì sera con la partita a carte. Tutto procede secondo il canone ed è in questo contesto che lo sguardo privilegiato di Manfred osserva, spia, preda di un disagio sociale che rasenta la paranoia. Manfred passa la sua esistenza a chiedersi “e se ?“, se cambiassi ordinazione, se urlassi, se cambiassi strada, se dicessi di no; ma il pensiero non si concretizza mai in atto, tranne quando la sua mano consolatoria sostituisce un barlume di rapporto umano. L’immagine di Adèle gli sussurra moti di ribellione e di intensità, velleità di carattere che non possiede, ma soprattutto lo rendono osservatore attento, che suo malgrado si invischia nella scomparsa della giovane cameriera. Manfred è la tipica persona che tende a considerare le relazioni più intime di quanto non siano in realtà, un “ciao” rivoltogli per educazione e cortesia, diviene nella sua mente un invito a fantasticare su progetti futuri.

Vittima di una timidezza che rasenta la fobia sociale, non sostenuto da nessun membro della sua famiglia che anzi, nella figura del nonno gli affibbia il terribile soprannome di Nosferatu, Manfred si convince di essere inadeguato alla vita sociale e di conseguenza se ne sottrae, finendo per svalutarla e ridicolizzarla. Manfred opera una separazione chirurgica tra i due mondi, tra la versione reale di sé e quella immagine idealizzata che offre agli altri: emblematico, si presta all’atto sessuale pagato , ma in un posto “altro” rispetto a quello dove vive e lavora.

I suoi tentativi di relazionarsi agli altri, specialmente alle donne da cui è affascinato al limite dell’ossessione (ma anche terrorizzato in modo insano), appaiono grotteschi e il lettore, nei panni delle sue interlocutrici, proverebbe lo stesso disagio e fastidio. Pieno di manie e paranoie, Manfred sembrerebbe il sospettato ideale per la scomparsa della cameriera … ma sarà così?

Ho trovato molto adeguata la visione che di lui ha Gorski, l’investigatore chiamato a lavorare sulla scomparsa della ragazza: di lui dice che “era un represso”, ma al tempo stesso lo incurioscisce per il suo essere “al contempo evasivo e cerimonioso, come se volesse piacere a tutti i costi, o quantomeno cercasse l’approvazione altrui”.

Capitolo dopo capitolo, l’analisi attenta che l’autore fa della psiche , dell’animo di Manfred, riporta il lettore indietro nel tempo e ripercorrendo il suo passato, scopriamo scheletri celati e misteri.

Parallelamente anche l’ispettore si “spoglia” e ricorda i suoi esordi ed i primi casi … in particolare uno, apparentmente risolto ma il cui tarlo del sospetto aleggia nel ricordo di Gorski. Pian piano si dipana una storia congeniata alla perfezione che intriga e affascina.

L’autore la affronta con una scrittura matura, elegante e cruda quando necessario: non cela al lettore nulla, anzi, denuda la carne e l’anima dei suoi protagonisti, ritratti nei loro momenti di intimità, vissuta quasi sempre con goffaggine, una sessualità acerba e “svelta”, che colpisce il lettore. I personaggi sono così umani, e quasi surreali nella loro fallace umanità, da provocare nel lettore una vasta gamma di sentimenti, dal rispecchiamento alla commiserazione. Il giudizio e il sospetto, il pettegolezzo e la vergogna: in questo romanzo giallo dalla forte connotazione psicologica c’è tutto. Sul filo dell’ossessione e dalla mania, si declina un romanzo colmo di quell’angoscia primordiale di violazione ed invasione. E vi aggiunge un ulteriore dose di follia.

Cosa accade quando l’ uomo, sentendosi attore, realizza di non esserlo, di non avere pubblico né seguito? Quando la recita ( ma è davvero così?) non ottiene il consenso atteso, tutti gli artifici decadono e restano i gesti vuoti, resta l’amarezza e la rabbia, la solitudine sconfinata. Un uomo che arriva a questo punto, che sarebbe capace di fare? 

“Le sue azioni non sarebbero state sottoposte a giudizio in un tribunale. I suoi comportamenti riguardavano solo ed esclusivamente lui stesso”

Lo stile del romanzo è incalzante: la subdola paranoia e angoscia pervade il testo ed arrivano dirette al lettore, il quale, una volta iniziata la lettura, deve portarla a termine per scoprire cosa è successo, ma anche perché sviluppa una maniacale curiosità verso la cittadina alsaziana. Come un sipario che si apre sulla scena, l’autore ci invita a sbirciare nelle quotidiane fragilità dell’animo umano, in desideri irrealizzabili, nella perversione dell’uomo mediocre.

Ecco che emerge il demone, la deviazione dalla norma, il crimine.
L’epilogo, singolare, chiude una storia a tratti cupa, angosciante e surreale, e lascia il lettore a riflettere sulla condizione umana e sulla terribile ironia della vita. Toccante, infine, la postfazione, assolutamente da leggere e che ci lascia un dubbio sottile tra realtà e finzione.

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