Una spia americana

Una spia americana

Buongiorno lettori! Oggi vi parlo del romanzo Una spia americana, scritto da Lauren Wilkinson ed edito da Frassinelli, che ringrazio per l’invio della copia.

TRAMA

È il 1986, il muro di Berlino non è ancora caduto e la Guerra fredda non è ancora finita. Blocco occidentale e blocco sovietico combattono sul terreno delle guerre locali, accrescono gli arsenali nucleari, ma soprattutto si spiano. E la CIA recluta le menti migliori. Marie Mitchell, giovane e nera, è un’agente in gamba, ma al momento le tocca un monotono lavoro d’ufficio. Perciò, quando le offrono di unirsi a un gruppo in missione in Africa, non esita un istante ad accettare. La missione è far cadere il carismatico presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara, il Che Guevara africano, troppo rivoluzionario e comunista per piacere agli americani. Marie partecipa alla missione, anche se in realtà ammira Sankara e quello che fa per il suo Paese. Marie parte anche se ha appena perso la sorella, che amava tanto da seguirne le orme professionali. Accetta nonostante sappia in cuor suo che è stata reclutata più per l’aspetto fisico che per il talento. Perché, prima di tutto, vuole essere una brava americana. Nei mesi che seguono, avrà modo di osservare Sankara da vicino, fino a entrare nella sua sfera più intima, fino a guadagnarsi la sua fiducia, forse il suo amore. E allora dovrà decidere verso chi essere leale. Dovrà scegliere se superare o no un’altra sottile, profondissima linea d’ombra. Con il ritmo e le sfumature una spy story alla Le Carré, Lauren Wilkinson conduce il lettore dietro le quinte della Guerra fredda, mostrando, attraverso lo sguardo ancora ingenuo della sua protagonista, il vero volto del potere. Quello nascosto.

E’ il 1992 quando Marie Mitchell, nel cuore della notte, viene svegliata da un rumore sospetto: qualcuno si è introdotto nella sua casa con intenzioni cattive, le punta una pistola contro, ma lei non esita, anzi, non si fa trovare impreparata e colpisce. Nella stanza accanto dormono i suoi due figli di quattro anni con i quali Marie fugge, e torna da sua madre, nella speranza di risolvere una faccenda che per essere compresa va raccontata dall’inizio. Scritto come una lettera aperta ai bambini, immaginato come una sorta di diario, che possa spiegargli cosa ha spinto Marie ad agire, è in realtà un pretesto per raccontare una storia potente ed emozionante. Il lettore torna indietro nel tempo attraverso lo sguardo di Marie, che cresce e matura pagina dopo pagina. Il romanzo si trasforma così in uno spaccato approfondito della condizione non solo individuale di Marie, ma anche della sua etnia e offre un interessante punto di vista sull’America, sulla Guerra Fredda e sui Servizi Segreti. Gli argomenti trattati sono vastissimi e l’uso della prima persona per narrare le vicende, rende il romanzo molto coinvolgente emotivamente per il lettore, che empatizza, soffre con Marie.

Un flusso di coscienza attraverso il quale Marie chiede perdono per tante cose, e, quasi presentendo un suo distacco dai figli, chiede di essere compresa e si racconta. Marie ha tante cose da dire loro, cose che ha taciuto per via della loro giovane età ma cose che in un certo senso ha taciuto anche a se stessa: scrivere il diario destinato ai figli diventa un modo per rimettere in ordine la sua vita, i tasselli del suo puzzle, provando a vederli in modo più distaccato, per quanto possa esserlo un racconto autobiografico. Marie non ha paura di rivelarsi, di spogliarsi, anzi ne sente quasi inconsciamente l’esigenza: ed è solo andando a scavare nel suo passato che riesce a farlo del tutto, svelando anche le ultime bugie che si porta dentro e che possono essere la chiave di lettura per capire come mai si ritrovi a fuggire.

Marie ha una storia familiare complessa ed articolata: sua madre è di origini caraibiche, suo padre è un poliziotto. I rapporti tra i due sono molto tesi, anche a causa dell’approccio alla vita profondamente differente tra i due: sono gli anni delle lotte sociali che coinvolgono anche le persone di colore. Bisogna decidere se omologarsi per essere accettati, anche se l’omologazione spesso esita in una profezia che si autoavvera al negativo: tanti coetanei di Marie e di sua sorella maggiore Helene, vengono isolati ed esclusi, e finiscono per aderire ad un modello di illegalità. Ma la pressione che le due ragazze sentono non riguarda solo il mondo esterno, bensì soprattutto la loro realtà contingente: un giorno, all’improvviso, la madre torna a Martinica, l’isola da cui proviene, e loro due restano a vivere a New York, nel Queens, con il padre, rigido e determinato a crescerle in un certo modo. La sua amicizia con Mr Ali, membro dei servizi segreti, avrà un grande impatto su Helene che deciderà di arruolarsi; Marie, invece, prosegue gli studi al college. Diverse come il giorno e la notte, Marie vive all’ombra della sorella maggiore, ritenuta più bella, più amata e più intelligente; lungi dall’essere invidiosa di lei, Marie nutre per Helene un amore viscerale. E’ forse l’unico legame autentico che ha nella sua infanzia, è il suo punto di riferimento e la sua migliore amica. Le pagine dedicate alla loro crescita, a ciò che fa Helene per proteggere Marie, al loro rapporto e alla loro dinamica che continuerà ad influenzare il pensiero di Marie, sono state intense: mi sono emozionata tanto. Ed è proprio per sopportare il dolore derivante dalla perdita di Helene, che Marie decide di seguirne le orme, entrando nell’ FBI, addestrandosi a Quantico; eppure, la sua grandissima sensibilità, che spesso tenta malamente di mascherare, la portano a interrogarsi su quanto la sua scelta sia un tributo ad Helene, oppure un furto all’identità idealizzata della sorella. Marie si pone tanti interrogativi morali, ma non è una persona che tentenna: è la classica persona che preferisce tacere e riflettere piuttosto che dire qualcosa in cui non crede o esprimersi su un argomento che conosce poco. Può apparire agli altri eccessivamente misurata o cinica, in realtà dentro ha un mondo decisamente articolato e complesso, pieno di emozioni. Marie è una donna piena di sfaccettature: passa dall’essere una giovane donna che cerca di compiacere coloro che ama, ad essere una donna che non ha paura di perseguire le sue idee. Non ha paura di avere opinioni proprie in un periodo storico sicuramente difficile; sceglie un mestiere difficile, per motivazioni individuali che il lettore non fatica a comprendere e che rendono le sue scelte coerenti. E sceglie chi amare: è proprio in questa sua scelta che grida la sua ribellione, che rivela il fuoco del suo animo apparentemente tranquillo, pur essendo una persona tendenzialmente ligia al dovere, è nelle sfumature più intime che rivela la sua forza.

Per tutta la vita, il modo più coerente in cui ho rivelato chi sono davvero è attraverso le persone che ho scelto di amare.

E per proteggere chi ama, non si ferma davanti a nulla. Coinvolta in una situazione economica e politica decisamente più grande di lei, ha la capacità fine di coglierne le sfumature: brillante ed arguta, Marie sa leggere bene le situazioni in cui si troverà invischiata, ma sarà meno preparata alla variabile imprevedibile che entra in gioco… ovvero i sentimenti.

Tra Stati Uniti e Africa occidentale, attraverso la storia personale di Marie, l’autrice ci mostra una realtà complessa, ambientata subito dopo la fine della Guerra Fredda: il mondo è ancora provato dalle guerre e lo spettro del comunismo è un dato reale con cui confrontarsi. L’America appare nella sua declinazione di “salvatrice” della democrazia, ma l’autrice non ha paura di mostrare il marcio e la corruzione dei Servizi Segreti – oltre che l’arretratezza culturale e la discriminazione sessuale e razziale: infiltrare delle spie nel Burkina-Faso diviene il modo con cui l’America, dietro l’intento di combattere terrorismo e comunismo, vuol controllare e omologare il resto del mondo alla propria politica. Tanti quindi i temi su cui riflettere, attualissimi, e decisamente importanti. In Burkina-Faso, Marie si rende conto ogni giorno di quanto quell’esperienza la stia cambiando: tutto le ricorda quanto sia quasi estranea dal quel contesto, sebbene comunque sia vicino alle sue radici. Ma Marie è americana, nata e cresciuta a New York, con tutto ciò che comporta: il suo primo incarico sul campo, che sembra quasi fatalmente riportarla a una casa che non sapeva di avere, guidata dal bisogno fisico di scoprire cosa è successo davvero alla sorella, le farà mettere in dubbio alleanza e fedeltà. Tra manipolazione e manipolatori che cercheranno di usare la sua bontà e i suoi affetti contro di lei, Marie si riapproprierà di parti di sé inesplorate, e per la prima volta in vita sua si sentirà finalmente se stessa davvero.

Lo stile dell’autrice è diretto e preciso: senza sbavature, racconta una storia nella storia, toccando tematiche delicate con un linguaggio semplice ma mai banale; non inganni il lettore il suo rivolgersi – tramite il diario di Marie- a due bambini, perché questa storia contiene un sottofondo di angoscia e di rabbia che arrivano dritti nello stomaco dell’interlocutore. Colpisce il rapporto che Marie ha con il padre, importantissimo durante la sua infanzia, complicato in adolescenza: sicuramente, una delle cose che sia lui, sia la madre, hanno insegnato a Marie è ad accettarsi, anche quando si è costretti a nascondersi in bella vista, perché il mondo in cui si vive è tremendo.

Non devi nulla a questa gente. Dai loro solo ciò che vuoi dare. Ma è più facile se pensano che tu sia una di loro. E’ più facile lavorare dall’interno. E’ quello che ho sempre cercato di fare. Sono una spia in questo Paese da che io ricordi.

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