Il mago M.

Il mago M.

Buongiorno lettori! Oggi vi parlo del romanzo “Il mago M.”, scritto da Renè Barjavel ed edito da L’orma Editore che ringrazio per la copia.

Un mito che non smette mai di affascinare, un uomo che è leggenda: tra le pagine del romanzo ripercorriamo le avventure di Merlino, Artù, e della mitica ricerca del Graal.

TRAMA

Ci sono storie che una civiltà non smette mai di raccontarsi. Saghe e miti che paiono nati assieme al desiderio stesso di narrare. A questo serbatoio dell’umana fantasia appartiene di certo la «materia di Bretagna», il ciclo di avventure che racchiude le imprese di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Prendendo avvio dalla figura del grande mago Merlino, René Barjavel raccoglie il testimone di questa tradizione secolare per trasportarci in un mondo di strabiliante inventiva. L’ingenuo Parsifal, il bel Lancillotto, il portentoso Galvano, il gigantesco Galeotto e altri prodi eroi errano alla ricerca del sacro Graal, mentre tra paesaggi incantati e castelli misteriosi si compie l’eterno sortilegio dell’amore, e ardono irresistibili le passioni della regina Ginevra, della magnifica Viviana, della potente Morgana e delle altre affascinanti dame di Camelot. Il piacere puro della lettura pervade le pagine di questo romanzo dove trame meravigliose si intrecciano con la grazia di un merletto per creare un universo immaginifico sospeso tra sogno e realtà.

Il ciclo bretone è uno tra i più famosi e raccontati: Camelot e la sua Tavola Rotonda, l’ideale cortese dell’amore fedele e del cavaliere senza macchia che serve il suo popolo e la sua dama, le corti, i menestrelli, le passioni ardenti. E su tutto, la magia: potente ed evocativa, capace di piegarsi al desiderio umano e di ergersi al tempo stesso alla chiamata del destino. In questo romanzo, l’autore ci riconduce in quelle atmosfere e richiama alla memoria una Bretagna rigogliosa, ricca e potente, regnata da principi giovani ma valorosi, segnata dalle lotte per l’indipendenza. E’ una terra bagnata dal sangue, dove i castelli sono fortezze dentro cui proteggere il popolo, dove le donne si sposano ben consapevoli di poter restare vedove perché c’è sempre una guerra da combattere; una Bretagna sacra, pregna di religione e religiosità. Ed in questa terra tutti conoscono quello che viene chiamato “Il Mago“, figura carismatica, che compare delle volte con le sembianze di un anziano saggio, talvolta con l’aspetta di un adolescente, e altre ancora con il volto di un uomo affascinante; seduto su un melo, ammantato di magia e misticismo, è Merlino, il protagonista di questa storia. Ed è protagonista non solo in quanto “burattinaio” che muove Artù ed i suoi Cavalieri verso un suo ideale di vita, ma soprattutto è protagonista della sua storia, fatta di sentimenti e sofferenze, come quella di tutti. I suoi poteri sono enormi: figlio unico del Diavolo, Merlino mostra da subito una serie di caratteristiche incredibili ma si vota al Bene, a Dio, beffando il padre malvagio che da quel momento tramerà nell’ombra per distruggere quel figlio che lo rinnega. E un modo per distruggere Merlino, il Diavolo lo trova: un bel giorno, in un bosco meraviglioso, gli fa incontrare Viviana, una tredicenne discendente di Diana, dalla bellezza pura e virginale; Merlino sa in modo vago che sarà una minaccia per lui ma anche per il suo Artù, ma sa anche nulla potrà di fronte all’amore.

Viviana e Merlino, però, possono amare in modo platonico: la verginità dei loro corpi preserva i loro poteri, maledicendoli. Intanto, il Mago aiuta Artù a liberare le terre dagli invasori e decide di indirizzarlo sulla via giusta, proponendo la partenza per ritrovare il Sacro Calice, la ricerca per antonomasia, e lo attornia di Cavalieri valorosi e dignitosi. Ma il Diavolo trova sempre un modo per tessere le sue tale e corrompe i cuori di coloro che sono puri: così la bella sorellastra di Artù, Morgana, castellana di Camelot e sinceramente affezionata al Re, inizia a detestare la Regina Ginevra. Un minimo cenno, e le diviene ostile, mentre il Diavolo se la ride. E nulla può Merlino, perché:

Esercitava poteri immensi sul mondo materiale, ma non poteva nulla sui sentimenti degli uomini e delle donne. Nemmeno sui propri.

Il limite del Mago, allora, è proprio come quello del divino: il libero arbitrio, soprattutto per ciò che concerne i sentimenti, le passioni. Ed è su questo terreno che il Maligno decide di giocare la partita. Merlino si fa tutore e maestro del giovane Parsifal ma si interroga sulla sua competenza in materia amorosa, giungendo alla conclusione di non aver nulla da insegnare a nessuno al riguardo, anch’egli vittima di sentimenti fortissimi.

Da quando ti ho vista so di essere soltanto la metà di me stesso. Tu sei l’altra parte di me, quella che mi reclama e di cui ho bisogno. Sono la terra assetata e la pioggia che si ostina a non cadere, la fame e la sete che non possono essere soddisfatte. Provo una doppia sofferenza: la tua, che conosco bene, e la mia.

L’amore, decantato e declamato in modo poetico e romantico, è croce e delizia nel mondo di Merlino: condanna dolce, a cui nessuno, per quanto potente, può sottrarsi. E’ un amore che non esula dal corpo, ma lo sublima e lo eleva, in pieno stile cavalleresco.

La narrazione segue diversi archi temporali, alternandosi tra il presente della storia, il passato di Merlino ed un passato precedente; anche la voce del narratore cambia, talvolta interviene nel presente anticipando avvenimenti futuri o correlando fatti temporalmente distaccati, talvolta racconta e spiega fatti e persone, o motivazioni che hanno provocato determinate azioni. Il narratore torna indietro per spiegarci la nascita di Merlino, per raccontare il mondo prima della sua nascita e soprattutto il clima religioso che si respirava. Il mondo presentato è pieno di spiritualità e di fede religiosa che si intrecciano: Merlino è un Mago ma votato al servizio del bene, agisce guidato da Dio, unendo quindi due aspetti che spesso vivono separati. Spiccano nel romanzo le figure femminili che incarnano modelli di donna diversi tra loro e in perfetto accordo con il contesto socioculturale a cui si ispira il ciclo bretone. Ognuna delle donne presentate ha sue precise caratteristiche, ma tutte sono accomunate da una grandissima forza di volontà, determinazione, e passione; sono carnali, desiderose, fisiche. L’autore riesce a rendere molto bene il carattere e l’aspetto delle sue protagoniste: la sua grande capacità descrittiva, dal dettaglio dell’acconciatura allo sguardo, permettono al lettore di immaginare in modo preciso i vari personaggi. Pur con aspetti di chiusura tipici dell’epoca a cui appartengono il romanzo ed il ciclo stesso, e con una rigida gerarchia famigliare e sociale a cui sottostare, traspare la potenza di queste donne, motore di ogni azione. Gli uomini sono altrettanto presenti e valorosi, leali e onesti, e provano con tutte le loro forze ad essere fedeli: il mondo in cui vivono è un luogo in cui vige il rispetto per la dama, madre-moglie-compagna ma ancor più forte è il vincolo di fratellanza ed amicizia. E in virtù di quel vincolo, si consuma l’amore intenso e secolare tra Ginevra, regina dalla bellezza ispiratrice, e Lancillotto, cresciuto col latte miracoloso di Viviana e col suo amore, dalla discendenza nobile e dallo spirito indomito. Il linguaggio che l’autore dedica agli sguardi tra i due, a ciò che accade nei loro cuori, è pura poesia.

Gli amanti inventano un vocabolario tutto loro, che nessun altro è in grado di comprendere.

In questa pagina bianca Ginevra e Lancillotto si amano

Quasi come se le parole fossero superflue, non necessarie, e, solo lo spazio bianco che il lettore può riempire con sussurri e baci, possa rendere giustizia all’Amore. E persino il Tempo si piega agli amanti, che non sanno più conteggiare notti e giorni: tutto si fonde in una dilatazione dell’essere all’interno della quale i due amanti ritrovano se stessi, per mezzo dell’incontro con l’altro. Ma l’amore è anche sofferenza: alto è il prezzo che pagheranno mentre il Diavolo sogghigna, e pregusta il sapore delle loro anime pure. Non è il sesso, la sessualità a togliere purezza per l’autore, quanto l’egoismo.

Lo stile dell’autore è elegante, coinvolgente e descrittivo: dai particolari suggestivi della natura, alle scene di battaglia (talvolta molto crude e violente), alla delicatezza dei sentimenti, la sua penna riesce a cogliere ogni aspetto della storia e catapulta, letteralmente, il lettore, in un mondo “altro“, magico per eccellenza. Tra boschi e luoghi incantati, castelli ed armature, si compie il viaggio dei personaggi coinvolti in una Ricerca che si fa metafora della vita stessa: un percorso pieno di ostacoli che ognuno tenta di affrontare come può, chi col valore del cavaliere, chi con la nobiltà d’animo. Per sua propria natura la Ricerca prevede morte e dolore, ma gloria eterna accompagnerà chi ne ha preso parte, e per la Gloria vivono e muoiono i Cavalieri. Proprio la fama che li precede e li forgia, ne determina il mito. L’autore propone una lettura molto interessante del mito in chiave più contemporanea, senza però snaturare l’essenza stessa del mondo arturiano. L’utilizzo del simbolo permea il testo ed è coerente sia con il genere di riferimento, sia con la tradizione e la leggenda: dalla scelta dell’albero a cui si associa la presenza di Merlino, alla Ricerca stessa, tutto ha un suo significato ben preciso; emblematico, è il valore e l’attenzione prestata all’attribuzione dei nomi con determinati significati. Nomen omen: nel significato del nome è insito il destino dell’uomo. L’epilogo è noto al lettore ma l’autore è bravo nell’instillare la tenue speranza che questa volta non sia così, che l’Amore trionfi sull’egoismo degli uomini. L’avventura si conclude, e porta con sé la fine di un’epoca che resterà leggenda.

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