The chain

The chain

Buongiorno lettori! Oggi vi parlo del thriller The chain, scritto da Adrian McKinty ed edito da Longanesi, che ringrazio per l’invio della copia digitale del romanzo.

TRAMA

“Mi chiamo Rachel Klein e fino a pochi minuti fa ero una madre qualunque, una donna qualunque. Ma adesso sono una vittima. Una criminale. Una rapitrice. È bastato un attimo: una telefonata, un numero occultato, poche parole. Abbiamo rapito tua figlia Kylie. Segui le istruzioni. E non spezzare la Catena, oppure tua figlia morirà. La voce di questa donna che non conosco mi dice che Kylie è sulla sua macchina, legata e imbavagliata, e per riaverla non sarà sufficiente pagare un riscatto. Non è così che funziona la Catena. Devo anche trovare un altro bambino da rapire. Come ha fatto lei, la donna con cui sto parlando: una madre disperata, come me. Ha rapito Kylie per salvare suo figlio. E se io non obbedisco agli ordini, suo figlio morirà. Ho solo ventiquattro ore di tempo per fare l’impensabile. Per fare a qualcun altro ciò che è stato fatto a me: togliermi il bene più prezioso, farmi precipitare in un abisso di angoscia, un labirinto di terrore da cui uscirò soltanto compiendo qualcosa di efferato. Io non sono così, non ho mai fatto niente di male nella mia vita. Ma non ho scelta. Se voglio salvare Kylie, devo perdere me stessa…”.

Chi costruisce un labirinto non si nasconde, aspetta.

La vita scorre tranquilla a Boston: la gente si alza, esce di casa, porta i figli a scuola e va al lavoro. Posta sui social network, si incontra con gli amici, impreca nel traffico. Quanto appare rassicurante e confortevole questa routine quando degli sconosciuti rapiscono tua figlia e ti inglobano in una Catena di eventi terrificanti?
Lo sguardo è quello di Rachel, madre divorziata, appena assunta, laureata in filosofia e malata di cancro. Mentre sta per recarsi ad un nuovo imprevisto controllo, le arriva la chiamata che cambierà del tutto la sua vita, e quella della sua famiglia: Kylie, la sua splendida figlia tredicenne, è stata rapita. Presa, chiusa in una cantina, presa, affinché il figlio di qualcun altro possa uscire da un’ altra cantina. Una catena, proprio così: se la spezzi, muori. E con te, anche gli anelli precedenti, vincolati tutti in una spirale di violenza e crimine.
La Catena ti costringe a fare cose terribili, a guardare in faccia il lato oscuro insito in ognuno di noi; porta alla domanda spaventosa: cosa saresti disposto a fare per coloro che ami? Non è un caso che la catena colpisca sempre rapendo i figli; nelle storie legate alla catena spesso sono le madri ad apparire come gli “orchi” delle favole: determinate, spietate, letali, farebbero qualunque cosa per i figli. E Rachel non è da meno: nonostante la notizia sia francamente sconvolgente, sembra adattarsi alla svelta e cede agli ordini della Catena, adoperandosi per portare a termine i compiti immorali ed illegali che le vengono richiesti. Lei, che ama e studia la filosofia, si trova a compiere azioni che ritiene abiette ma per sua figlia non guarda in faccia a nessuno. Il senso di colpa le corrode l’animo: come può averla lasciata da sola? Che razza di madre è? Come può pensare di infliggere lo stesso dolore ad altri? Eppure, lo fa. Lucida e fredda, va dritta al punto, senza obiezioni. Troppo tardi si accorgerà che le implicazioni della Catena si trascinano al di là dei soldi ottenuti illegalmente e del rapimento: non ci si libera mai dai nodi stretti di questa catena che soffoca e uccide, pur lasciando in vita. La spirale di angoscia in cui si troverà implicata e in cui avrà coinvolto anche la giovane figlia, la porteranno a decisioni estreme: la catena va spezzata.
Nella prima parte del romanzo, la voce narrante si avvale di una terza persona declinata al presente, le frasi sono brevi e dirette, senza fronzoli né abbellimenti stilistici. E’ come se il racconto seguisse l’affannoso obiettivo di Rachel: concentrarsi sul fare per liberare Kylie, senza soffermarsi sul sentire, che potrebbe devastarla per sempre. Il lettore è catturato in una morsa serrata che non lascia spazio alle ipotesi: vuole liberare la ragazza, vuole vedere la famiglia riunita. Eppure, resta il tarlo di quei capitoli narrati da una voce senza nome, qualcuno che comanda la Catena: che sia forse colui o colei che l’ha forgiata per primo? Nella seconda parte, l’autore stupisce approfondendo proprio questo elemento e mostrando le implicazioni devastanti che la Catena ha avuto su Rachel e Kylie. Madre e figlia fingono una normalità che ormai non appartiene più a nessuna delle due ma Rachel è determinata ad andare in fondo a questa storia, a capire perché e chi sta dietro a tutto ciò. Aiutata da un padre la cui vita è stata rovinata dalla catena, comincia quindi un viaggio nel passato per rimettere insieme i pezzi del puzzle e scoprire chi ha messo in piedi la Catena.
Scoprendo le storie dei personaggi “toccati” dalla Catena, ho iniziato a provare qualche emozione: di fronte alla desolazione, alla distruzione totale di alcune famiglie, ho sentito una grandissima tristezza e, ovviamente, una rabbia cieca. Da genitore, mi sono immedesimata in quelle situazioni: l’angoscia primordiale di veder violato il proprio nucleo più intimo, la famiglia, i figli; ritrovarsi senza scampo, in un’ apnea psichica che non si esaurisce con il rilascio del proprio figlio ma continua nel tempo, paralizzando totalmente tutti.
Sarà Rachel colei che spezzerà la catena? O verrà calpestata dai suoi ingranaggi?
Un romanzo che gioca sulle paure più profonde dell’animo umano e su quei legami che nessuno può mettere in dubbio, che viaggia sul confine sottile della paranoia, fino ad arrivare ai capitoli finali incalzanti, adrenalitici, in cui si teme per le sorti dei personaggi.
Le paure dei genitori, le debolezze degli adulti, le ansie dei figli: il ritratto che l’autore ci lascia è quello di un’America che fa i conti con il sospetto, provata dagli attacchi terroristici ma anche iperconnessa; una città in cui tutti postano qualunque cosa sui social network e la privacy diviene qualcosa di utopico.
La catena colpisce i più deboli? O è lei, che sembra quasi un’entità autonoma, a rendere più deboli?
Lo stile dell’autore è semplice e lineare, sebbene avrei voluto un maggior approfondimento psicologico dei personaggi, ben caratterizzati ma poco inclini a mostrare le loro vere emozioni se non nei momenti topici; ho portato con me degli interrogativi etici e morali sui quali ho riflettuto anche dopo l ’ultima pagina.
Ho apprezzato molto i riferimenti alla filosofia e la metafora del labirinto, al cui interno ci sente claustrofobicamente rinchiusi, ma con la speranza di riuscire, per prove ed errori, per tentativi, ad uscirne. Ognuno sa bene cosa o chi rappresenta per lui quel famoso filo di Arianna, salvifico.
L’autore ci lascia degli indizi, dei sospetti, che piano piano diventano certezze, verità inghiottite nelle pieghe del tempo, per una storia in cui i legami e l’amore sono il fulcro di tutto … anche di una catena perversa.
Chi ha ideato la Catena lo ha fatto mettendone in luce l’aspetto asfissiante, ma una catena è anche “metafora di cio’ che lega tutti noi alla famiglia e agli amici”.

Condividi:

Leave comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *.